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:: Claudio Di Scalzo: Camera Mortuaria 7 di Medea T. Vir
10 Settembre 2014

  

CDS: "Settima Camera Mortuaria di Medea T. Vir " - 17 luglio 2011

(detta del "Serpente Cosità dell'Essere")

 

 

 Claudio Di Scalzo 

17  camere mortuarie

per il 17 VII 2011

 

7

 

Con più recisione

 

Ci vuole recisione

Con folle gelosia prodigio

Per scannare la passione

Renderla poltiglia nel bigio

 

Canticchia il Serpente Cosità nella camera mortuaria sette mentre  sinuoso si flette.

 

Nel terriccio scuro suolo

Quanto fu poesia tien sede

Cancellata ha mesto ruolo

D’ex Cosa che né si legge né si vede

 

Medea T. Vir gli ex versi belli

Li intinse nel color nero

Volle ridurli a ex  modelli

Dando all’amato Giasone dolor vero

 

Recita appassionato il Serpente Cosità la filastrocca dell’aspra minorità

 

Tutta leggiadria variopinta

Mista a infedeli fole

Riconobbe la Maga nell’amato.

Furibonda fu sospinta

In amaro luglio di sole

A scannare i figli-files del condannato.

 

Vi narro in tomba la ex bellezza

Protetta dalla Fantasia Dea

A chi la sua forma apprezza

Rispettando chi la crea.

 

La vicenda è matta e dura

Però quaggiù il dolore la depura

Ancor la poesia avrà modello

D’invenzione e firma d’artista

I figli di Giasone ancor nel bello

Torneranno ad altra vista.

Lassù in luce estiva meridiana

E la recisione sarà stata vana.

 

Questo afferma il Serpente Cosità

Che sull’Essere del Fingitore molte cose sa.

 

 

  

 

Vi è piaciuta la filastrocca poetica? Son canterino stamani serpentino su questo destino da mani sms che, se esistesse ancora, mi ci berrei un aperito Punt-Mes. Recito la mia parte di serpente, siam tutti attori in questa cupa vicenda sotterranea, noi personaggi e di più, penso-credo-rimugino-monologo… l’autore lo è. Un teatro-palco allestito in camere mortuarie è anche da ridere probabilmente, aperto a soluzioni varie, e follemente adatto al tenebroso in cerca dell’arioso. Vero? C’è del Piranesi in questa prigione mortuaria, nel trascorrere dei mesi, nei nasi ingabbiati verso il nulla si Giacometta la morte, e fa pure capolino il Fussli dell’incubo convinto suggeritore, a noi tutti e all’autore, che la troppa ragione-ragionevolezza genera il mostro in te, Topolino Virgolina diventa Medea T. Vir anche per questo. Si scespirizza la poesia che non s’atrofizza, nonostante l’empito della malnata recisione, e da questa recita nascono altri segni, scritti e disegnati, intrisi di passione, di conflitti tra quanto è spirituale e terreste nelle cose di noi attori, di noi simboli, di noi maschere spennellate di divino e demoniaco. Giasone Accio stesso, seppur malmesso nel dolore della perdita dei figli, è un personaggio che realizza il dramma nelle camere mortuarie  perché è eroe ed istrione e sa mescolare, è nato così che possiamo farci diceva sua madre sarta, la bellezza del gesto poetico con la scurrilità beffarda del commediante. Però  a questo punto delle tavole colorate con matite da supermercato e chine straccione, subiscono la loro metamorfosi, sorta di transmutazione -  del resto Accio Giasone è cristiano ladrone - scenica. L’emozione dilata il rappresentato, quanto partì mimetico diventa orfico, metafisico, simbolo: questo autore figlio d’un camionista anarchico riesce a mettere in comunicazione l’umano e l’azione del divino negli atti, ci sono anche illustrazioni ontologiche per certo debitrici d’un filosofo di Riga Nicolai che presiede ai luttuosi lai su spoglie recise di poesia. Hartmann letto da un man di Vecchiano a Marinella tellina bella. Ce n’è abbastanza per concedersi alla scoperta allegria che l’antico più o meno classico s’intreccia col moderno. Anche e soprattutto perché una maghetta ha gettato via delle Cose poetiche lacerandole e cancellandole. La Cosità che rappresento, nella tomba, è una teoria del righese Hartmann. Esiste infatti il Daseim l’esserci, l’esistenza, e il Sosein, l’essere-così, la cosità e la cosità non sta all’esistenza come la potenza all’atto, questo frega Medea T. Vir in attività recisoria!, ah ah, perché l’essere-così, dunque anche le cose poetiche, rispetto alla realtà non è possibile ad esse togliere o aggiungere nulla. Le recidi, le cancelli, ma esse sempre esistono. Avendo poi il Sosein sempre un tasso in sé d’ideale che concede esistenza, le cose di Giasone vivono. Come vedete e scoprite ascoltandomi sono un serpente dionisiaco atipico, che s’emoziona, ed emozionandomi, alla maniera incubata da Fussli predicata sto nel conflitto tra reale ed ideale, da folle e invasato con morale da ribelle, e se tutto è sogno nel mondo, io conduco al risveglio, a prendere coscienza che crimini son stati commessi, colpe, errori. Giasone questo ora sa e anche l’autore. Si sono emozionati fino alla mattia, e rimedieranno. Siamo sospesi tra il cielo e la terra, alcuni con i figli interrati e cancellati, ma se l’emozione poetica vien portata al punto più alto possibile, oltre il dolore, oltre ogni irrealtà per quanto seducente, molta fu così la vita di Giasone e dell’autore, dopo ogni recita dopo aver consumato ogni finzione genratrice di follia, l’uomo, il personaggio, l’autore diventa se stesso.

Questa mia recita si conclude dicendovi, lettori, al di là del palco, che mi guardate nella camera mortuaria numero sette con le tirate fossette sul mento, che soltanto il serpente che sta in Dioniso nel suo lato sinistro, sarò comunista?, poteva declamare che l’avventura estetica utile che possa aspirare alla bellezza sta nella trance, nell’estasi, nell’essere, fin dai miei tempi greci arcaichi, e che questa via l’ho insegnata a tanti, tra cui Fuseli-Fussli e Giacometti e Piranesi, e Shakespeare,  e Nietzsche, perché la natura profonda dell’uomo, e ancora più dell’artista, necessita che la Natura abbia la sua rivincita sulla Legge, sulla norma, ch’è prodotta sol dalla ragione. Soltanto così si ritorna all’armonia, all’equilibrio, però prima accade l’eccesso e la follia transitoria.

Giasone Accio, l’autore, i personaggi nelle camere mortuarie vincono la recisione di Medea T. Vir perché ciò hanno vissuto. Va a loro il mio tenace affetto di Serpente dionisiaco e saggiamente –  serpente che non mente dinanzi ad una pastasciutta al dente -  auspico, che il soccombente calco di Euripide, e la donna che ispirò il personaggio all’autore reciso, intenda questa lezione morale e filosofica e artistica in ritrovata umanità. 

 

 

 

 

ACCADDE IL 17 LUGLIO 2011

NOTA IN LAPIDE

Il 17 luglio 2011 con un sms, ricevetti da Medea T. Vir notizia che quanto le avevo affidato, centinaia di file, e un libro del Canzoniere di Karoline Knabberchen, il Terzo "Viaggiatori da Biblioteca", e disegni, erano stati cancellati come “cose”. Ne richiedevo l'uso perché il poeta e saggista Giorgio Luzzi aveva in progetto di scrivere sul mio percorso letterario-artistico per una pubblicazione. E contavo di spedirgli miei scritti e la seconda parte di una  "Autoantologia" la cui la prima parte era stata pubblicata sull'annuario Tellus 30 "Nomi per 4 stagioni" nel 2009.

Ho eliminato tutto / e / di nuovo / lo farei. / Tutti i files. / Ho cancellato / con più recisione / possibile / e ho fatto / la cosa giusta, / l'unica. / Non ho più nulla / di quello / che mi domandi. / Le cose / sono state / cancellate. / 

Anche quest’anno, per l’anniversario, torno a narrarla, questa “distruzione”, con i miei strumenti d’autore.

Divido il testo dell’infausto sms in 17 lacerti e ne ricavo 17 camere mortuarie dove deporli. A ricordo dei miei files distrutti. Le camere mortuarie come nella tradizione delle antiche civiltà in dialogo con i morti si raggiungono attraverso cunicoli e sedimenti neri, terrosi, violacei anche. Con improvvise vampe rossastre. Fuochi fatui? Sangue? Pixel telematici bizzarri? Le carte poi tele - ne ricaverò mostra in galleria – saran corredate da testi preghiera-elegia-lapide-evocazione funebre per resurrezioni da venire o già avvenute. Ed ogni testo avrà incipit da un osso dell’sms di Medea T. Vir. Questo ha deciso Giasone Accio.

 


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