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:: Claudio Di Scalzo: Totem di Medea T. Vir - 10
11 Luglio 2015

 

CDS: "Il Totem 'LA COSA GIUSTAdi Medea T. Vir" - 2015

 

 

 

Claudio Di Scalzo

TOTEM DI MEDEA T. VIR

per il 17 VII 2011

10

"la cosa giusta"

Nel mio ritratto totemico “La cosa giusta”, e immagino ce ne saranno altri di seguito, Giasone Accio mi dipinge con il mio segno volto-visual in evidenza: il naso. Non capisco come esso possa legarsi alla fenomenologia, ma so che in ciò non c’è dileggio. Il mio naso veneziano piaceva tanto all’eroe dello Scritto d’Oro. Ha una vera passione per i nasi atipici: anche la smorfiosa verde Rina Glauce ha un naso in evidenza. Pure con pallino rosso sul suo culmine. Anche qui sembra mi abbia battuto nella seduzione. E immagino che non si sia mai vergognata del suo naso da esporre in pubblico o nelle fotografie. Io invece sì! Fin da adolescente; fino dai tempi dell’università; degli studi di latinistica; negli incontri accademici; nei concerti vivaldiani; nei riti sul web-confetti con Facebook volti perfetti! Quando incontrai la prima volta Giasone, passeggiando alle Fondamenta delle Zattere, me lo baciava nella sua ravvisata originalità: romantico come in un dipinto di Goya! espressionista come in una tela di Kirkner. Ne gioivo. Mi faceva vincere un complesso tremendo d’inferiorità. Che fin da studentessa mi spingeva a evitare foto, a darmi creme per limitarne l’ingombro, a pormi davanti al naso mani, libri, fiori, e mai di profilo. Mai!

Invece, lo ricordo con tenerezza, quando mi proposero un servizio fotografico in una villa sulla Riviera del Brenta, che intendevo rifiutare, lui mi spinse: accetta, ma guida il fotografo. Forse la sua competenza derivava dalle conversazioni con Fabio Nardi. Fatti fotografare di profilo. A braccia conserte. Indossa una semplice maglietta bianca. Con capelli neri e occhi scuri è l’ideale. Indossa una gonna fiorita celestina lunga. Il fotografo era un appassionato del ritratto fotografico in luoghi palladiani. Ma non diedi a Giasone troppe spiegazioni. Non l’avrebbe presa bene. S’irritava con i dilettanti che vivono in associazioni di fotografia, di poesia, di teatro, di studi storici su inezie erudite. Consorterie con belle idealità di cui la città del Santo rigurgita. Malizioso avrà anche pensato che il fotografo tentasse un piccolo intrigo di devozione al mio seno ermafrodito, ma non gliene importava nulla. Ci sorrideva. E come ricorda Freud sorridere è mostrare i denti. Rito ancestrale che nasconde crudeltà. La sua logica era feroce.Violenta. A suo modo adatta al personaggio. Io sono meglio. Sembrava dicessero incivi e canini smaltati. E se ti garbasse uno di questi apprendisti in sfusa estetica diffusa (“da banco” la chiamava, “da mercato rionale-web”) al tempo del duemila (l’elenco irridente comprendeva frequentanti la fotografia con costosissime reflex per banalissime inquadrature, la poesia con dedica per la zia del primario, teatro per scolaresche distratte da redimere con Shakespeare bignami, musicisti da piano-bar che improvvisano per ungere tarde sensualità in trasferta) vorrebbe dire che non sei adatta all’avventura rischiosa dell’amore a prua. Cosa me ne farei d’una sposa amante così? Non perderei nulla se tu tornassi all’ovile dove t’han cresciuta con la vergogna del naso grosso. 

Come inquadrare una logica simile in fenomenologia? Logica che mi teneva in una catena amorosa forsennata condita di gelosia. Gelosia malattia incurabile mia. Perché magari aveva, lui sì, soggetti che con la scusa dell’arte lo avvicinavano a chiedere consigli sulla parola l’immagine la pittura. E se riconoscenti se lo fossero portato a letto per farsi montare? Questa catena mi strozzava. Ci ho messo tempo per affrancarmene. Per poi scoprire che le gelosie successive, lui perso, erano poca cosa in confronto a quella che m’instillava e instillò. La cancellazione dei Figli-files è stata anche rompere la dipendenza dalla sua strafottenza. Rima non casuale. Però, in certe giornate, d’inizio estate, a volte, mi vien da pensare che il suo sorriso era quello non del guerriero crudele fedifrago, ma del bimbo dionisiaco, dispettoso, che mi prendeva in giro, perché non avevo motivo di essere gelosa, lui mi era fedele! Rina Glauce è venuta dopo il mio atto scellerato di sgozzamento. Allora provo una nostalgia della sua bocca, dei suoi baci, che mi fa disperare. Che mi piega in due dal rimpianto. E dalla rabbia d’aver favorito l’amore tanto grande. Di coppia. Di Rina Glauce e Giasone Accio.

Il fotografo dell’associazione, dove a volte venivano lette raccolte di poesia, pessime ahimè, che accompagnavo con il mio strumento musicale, era un bravuomo. Speravo soltanto che m’inquadrasse onestamente. E mi ricordai di suggerirgli la posa di profilo a braccia conserte. Con la luce del mezzogiorno che mi sbaffava il naso e lo rendeva plastico in tutto il suo volume. Giasone della foto fu entusiasta. Qui il tuo riscatto. La tua riconosciuta forza interiore di donna. Sei libera. Sei bella. Vissi giorni di gioia totale. Il marinaio portava questo slancio. Mi faceva sentire donna completa. Era un liberatore. Dopo si sarebbe mossa in me la logica del debitore. Perso Giasone il mio naso è tornato quello che era prima. Lo camuffo, lo sfumo. Nelle foto, anche su Facebook, scelgo quelle che non sono troppo realistiche. Uso pettinatura, accorgimenti, trucchi imparati da una vita. Fin da ragazzina.. E mai più di profilo. Invece la “sua” Rina Glauce il naso lo porta in giro baldanzosa, le sue foto sono realistiche, non ritoccate: nessuna concessione al glamour. E capisco che anche qui, e non solo nelle arti, mi vince!, e Giasone ci scrive sopra e glielo disegna innamorato. E poi glielo sbaciucchia.

“La cosa giusta” fa parte del trafiletto sms con cui informai Giasone dell’avvenuta cancellazione dei suoi Figli files. Questo frammento ora me lo ritrovo sotto al mio ritratto. Che rovescio! Che ironia! Forse l’ha calcolata forse no! La cosa giusta, per me, è tenere caro il mio naso di Maga Medea T. Vir, che ho ficcato in una storia tenebrosa e folle e dove ho annusato la mia liberta, la mia gelosia, la menzogna nell’uomo eroico in arte e in amore, e la mia nuova schiavitù. Tutte cose, atti psichici, coscienza che l’illustre quartetto fenomenologico forse avrà tempo di interpretare. In trasferta nella Venezia dove fui felice e disperatamentre m’accostavo e poi perdevo e poi ritrovavo e ancora smarrivo in una sola giornata l’uomo del mio destino di vezzosa maga topolina in virgole vestita ignudata. Naso compreso. Come acqua alta e poi bassa e di nuovo alta il ricordo che un ritratto mi dà in questo luglio 2015.

La riflessione di Medea T. Vir, caro Giasone Accio, cari colleggi predecessori della mia fenomenologia, conferma quanto espressi nel libro “Idee”, terzo volume, e precisamente al paragrafo 49. La coscienza non può essere limitata a quella cartesiana e kantiana. La coscienza è talmente collegata al corpo, anzi letteralmente incarnata in esso, pertanto anche nel naso, da poter costituire da un lato l’apparato conoscitivo e di vita che chiamo coscienza empirica, e dall’altro quell’oggetto della coscienza empirica che è prima di tutto il corpo e poi la realtà esterna.

Tu Giasone, con il tuo empito guerriero e marinaio folle, avevi offerto a Medea T. Vir un’occasione fondamentale perché si accostasse, anche col naso, alla realtà esterna al suo corpo, vivendoci come mondo della vita. Rifiutando questo percorso non mi sorprende la parte del suo testo dove accenna al suo naso tornato quello di prima della fotografia di profilo in villa sul Brenta. E non mi stupisco, neppure, che il naso di Rina Glauce che stava e sta nel mondo col suo naso percettivo la conduca, con te Giasone, a sempre nuove scoperte spirituali. Fa bene a baciarlo il naso della sua sposa Giasone, idealmente lo bacio anch’io, anche se un tempo la seccante e acida moglie di Dilthey, dubitò che esistessi come corpo e non fossi soltanto libri.  

 

 

 

 

 

ACCADDE IL 17 LUGLIO 2011

PRIMA NOTA IN LAPIDE 

Il 17 luglio 2011 con un sms, ricevetti da Medea T. Vir notizia che quanto le avevo affidato, centinaia di file, e un libro del Canzoniere di Karoline Knabberchen, il Terzo "Viaggiatori da Biblioteca", e disegni, erano stati cancellati come “cose”. 

Ho eliminato tutto / e / di nuovo / lo farei. / Tutti i files. / Ho cancellato / con più recisione / possibile / e ho fatto / la cosa giusta, / l'unica. / Non ho più nulla / di quello / che mi domandi. / Le cose / sono state / cancellate. / 

Medea T. Vir Topino Virgolina è il personaggio nero della mia letteratura transmoderna. Giasone Accio è l'uomo a cui per gelosia, follemente amando odiando, uccise i figli-files.

 

Sull'OLANDESE VOLANTE Barra Rossa/CDS: (clikka) "Medea T. Vir Padova"; "T. Vir - 17 VII luglio" sono pubblicate alcune avventure nere del personaggio che avrà pure presentazione in mostre di pittura come altri personaggi a mia firma. 

Ogni anno, dal 17 luglio 2011, per questa ricorrenza e data scrivo e disegno in ricordo dei miei figli-files sgozzati.

 

SECONDA NOTE IN LAPIDE NEL MAGGIO

 

 

A volte nel sogno ho ancora con me i tanti scritti che affidai a Medea T. Vir. E ne leggo le trame e i versi e le prose e ne vedo le illustrazioni. E poi nel risveglio ancora cercando di riprendere il sogno mi convinco che appena in piedi potrò riscrivere tutto. Ma proprio tutto! E la mutilazione sarà vinta. Ma non è mai così.

 


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