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:: Fabio Nardi: La lettera bayroniana nelle mani di Medea T. Vir
08 Marzo 2014

 

 

 

Fabio Nardi

LA LETTERA BAYRONIANA NELLE MANI DI MEDEA T. VIR

(letta l’otto marzo)

Più o meno potrebbe andar così, cara Medea T. Vir, se la data dell’otto marzo diventa la busta che uso per raggiungerti, il foglio su cui scrivo è un’altra lettera, Lord Byron’s love letter, lettera d’amore di Lord Byron modulata nel teatro musicale, operazione pstmoderna del 1957, dal triestino Raffaello de Banfield (e ringrazio Chiara catapano per avermelo fatto conoscere) che a sua volta la riprese dal teatro di Tennessee Williams. Il libretto ebbe il viatico e la collaborazione del drammaturgo americano. La storia è quella di una zittella che conserva una lettera d’amore di Byron. La mostra per pochi spiccioli, ne discute con una nipote. E rispetto alla cornice della provincia americana, qui, nella riduzione a opera musicale, il dramma torna palpitante, attuale, perché gioca sugli archetipi emozionali di musica e parola distillando lirismo struggente e passi affannati nel pathos della memoria. E se una donna cancella lettere d’amore, metti tu Medea T. Vir, poi come torna il rimosso scritto? che forma di reliquia assume nel teatro del tuo vissuto odierno? Non conoscerò risposta. Però conosco Il francobollo della mia lettera di oggi perché s’accolla la dialettica con un altro giorno - son transmoderno - di quattro anni fa, un altro otto marzo: quando ricevetti una tua  telefonata che mi diceva come tu stessi “selezionando” quanto avevo scritto per te, per noi due. Non capii bene cosa stavi combinando, l’avrei saputo il 17 luglio seguente: un intero libro del Canzoniere di Karoline Knabberchen cancellato e tanti altri files inediti, di cui non ho copia, gettati via come “cose”; ma oggi, sì oggi, e non so se sei zittella o coniugata o come tu viva e dove - e mi auguro che la donna dietro il personaggio di Medea T. Vir sia serena e appagata - mi chiedo se Medea T. Vir avrà conservato una sola lettera del suo Byron fotografo pisano. Una, dico! una tra cento! o come la zittella, nel teatro musicale di Raffaello De Blumfel e di Tennessee Williams, non avrà salvato un bel nulla?, perché ogni lettera evocava la passione assieme al rimpianto di non averla vissuta intera come la lettera chiedeva? Nel melodramma la zittella straccia e straccia e straccia e singhiozza e come controcanto passa il carnevale e le stelle filanti e la gioia degli altri. Di chi sa vivere l’occasione, l’attimo, e poi sa custodire. 

 

T. Vir da giovane nel luglio fiorentino

prima di diventar Medea

 

Sì, una lettera una almeno l’hai conservata: la finzione romanzesca e melodrammatica questo impone. E allora l’antica dialettica emozionale tra parola e musica, mi dice che stai rileggendo parola per parola questa “salvata” dal fuoco del click cancella del tuo pc: c’è un ciangottare bambinello nella vocalità di quei trasporti che conservi a cui rispondi, è una conversazione-stick che rinnovi, nel discorso musicale espunto ma non del tutto, e tu sai qualcosa di musica: come l’ottone del clarinetto ancora vibri seppur posato nella cenere di qualche trina o come il bianco e il nero della tastiera del piano conservi l’impronta delle dita anche se è stato chiuso con rabbia il lucido del coperchio!... il corpo tuo, di zittella o coniugata non so, torna giovane in qualche passeggiata con Byron Nardi, metti a Firenze o Venezia; ed era veramente uno sbandato, questo fotografo vecchianese, sia detto con totale sincerità, ma capita a volte agli sbandati un po’ matti, di trovare un’intera possibile estetica da coniugare al vitalistico della vita.

 

T. Vir diventata Medea che cancella lettere e files

 

Sembra che un filosofo tedesco su questo abbia scritto libri incredibili! Chissà perché chissà perché gli indirizzi giusti la carne verosimile dei baci anche se persi nei vicoli d’una Venezia estiva e poi marzolina, i corpi i suoni che si dispongono attorno alla lettera cenere propongono una stravagante illusoria reificazione, chissà perché chissà perché un’alienazione di desideri, un’anamorfosi da duetto del dramma musicale; a questo punto i rancori si smagliano, appaiono delle lacrime, l’io soggetto e oggetto si polverizza e macchia il sipario che sulla lettera cala. E come sia assurdo questo otto marzo per te, con lettera d’amore che somigliò a una di Byron, lo sai solo tu che mi leggi, e che porti il nome di Medea T. Vir

 


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