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:: Malreaux - Fautrier: Gli Ostaggi, Otages. Cura CDS
23 Agosto 2013

 



Fautrier espone, ed è il 1945, alla Galleria Drouin di Parigi i suoi Otages. Sono quadri che dilatano l’esperienza segnica del volto versi esiti informali ed astratti. Drammatici e indimenticabili. Perché teste che evocano i massacri del nazifascismo. La mostra fu presentata da André Malraux suo amico.

In questo luglio 2013 ho pubblicato, ispirandomi a Fautrier le “Teste di files ostaggio” per ricordare una data di cancellazione: il 17 luglio 2011 che mi riguarda.

 



 

ANDRÉ MALRAUX

L’arte dei primi Otages è ancora “razionale”: forme votate alla morte che un tratto semplificato, ma di immediata drammaticità, cerca di portare alla loro più semplice espressione; colori plumbei che da sempre sono quelli della morte. Ma, a poco a poco, Fautrier elimina l’allusione diretta al sangue, la complicité del cadavere. Colori liberati da ogni consapevole allusione alla tortura si sostituiscono ai primi nello stesso tempo, un tratto che cerca di esprimere il dramma, senza rappresentarlo, si sostituisce ai profili tormentati. Non ci sono che labbra, che sono quasi nervatures; occhi che non vedono. Un geroglifico del dolore. Ma siamo sempre convinti? Non ci distrurbano certi rosa e certi verdi quasi delicati, che potrebbero derivare da un indulgere (frequente in tutti gli artisti) di Fautrier ad un’altra parte di se stesso? (…) Non ci sembra stavolta che il pittore, dopo aver toccato il limite estremo, abbia vacillato e sia caduto dall’altra parte? (…) Anche se ogni singolo Otage è unq uadro a sé, il significato degli Otages in tutta la loro forza è inseparabile da questo luogo, mostra, dove vedrli tutti riuniti, dove sono les damnés d’un enfer cohérent et des instants d’une évolution traquée.

 


 

JEAN FAUTRIER


Nell’arte conta solo la qualità della sensibilità dell’artista; e l’arte non è che il mezzo d’extériorisation: un mezzo indubbiamente folle, senza regole né calcoli.

Si può dire che il quadro gioca oggi la sua chance suprema: una liberazione così totale da far impallidire i cubisti? Tutto ce lo fa credere. Anche se in un secondo momento il disegno, in una certa misura, conterà in questa arte, esso sarà talmente libero, talmente basato non più sulla visione oculare ma su una sorta di liberazione del temperamento interiore, che dovrà essere reinventato da ciascun pittore unicamente per il proprio uso. Qualunque sia il valore delle odierne ricerche, esse non possono che essere salutari. Nonostante i difetti, le aberrazioni e gli errori, l’occhio oggi è cambiato. Nessuno può negare che le sue esigenze non sono più le stesse; esse si sono evolute al punto che si resta sorpresi nel pensare che, appena vent’anni fa, i migliori artisti fossero pienamente soddisfatti e passassero per innovatori, dipingendo i loro pesci neri e i loro alberi rossi. (…) La pittura è una cosa che può solo distruggersi: si deve distruggere per rinnovarsi continuamente. (1957)



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