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:: Claudio Di Scalzo: Totem di Medea T. Vir - 8
10 Luglio 2015

 CDS: "Il Totem 'POSSIBILEdi Medea T. Vir" - 2015

 

 

 

 

Claudio Di Scalzo

TOTEM DI MEDEA T. VIR

per il 17 VII 2011

8

"possibile"

(ovvero Medea T. Vir e le sardine del possibile)

 

Cari filosofi, e saluto Husserl appena arrivato col vaporetto qui agli Ormesini, siamo adesso tutti assieme. Vi parlo perciò in sincerità. sulle “cose” cancellate da Medea T. Vir, sui miei Figli-files sgozzati. E di me Giasone Accio. Inganniamo così in trattoria l’attesa della cosa pietanza. Fra poco ci serviranno il piatto che ho ordinato anche per voi e del prosecco di Conegliano,  nelle varianti drink  celebrate all’Harry’s bar. Il Mimosa con succo d’arancia, il Tiziano con succo d’uva rossa. Il primo lo vedo adatto alla coppia Bolzano e Brentano. E l’altro per la coppia Meinong Husserl.

Gusteremo Sardine in saor. Con salsa agrodolce. Questa pietanza tipica la consumai con Medea T. Vir quando ci incontrammo l’ultima volta a Venezia.

Sardine in saor

Core d’or

Fine amor

 

Canticchiai. E il Topino Virgolina sgranò gli occhi scuri. Perché la poesiola era ambigua nel suo doppio senso. Fine come delicata vicenda imperniata sovra il core d’oro. Condita con la salsa agrodolce della tenerezza infinita. In oro come il Vello e lo Scritto d’oro conquistato, oppure, ahinoi, sempre il core è d’oro nella giornata, sempre è condito con l’agrodolce dell’umorismo: ma quest’ultimo si vira nel nero: l’oro a breve sarà bronzo: perché si ratifica la “fine” dell’amore.

Camminando alle Fondamenta della Misericordia dopo che Medea T. Vir, d’impeto mi prese la testa e mi bacio con la lingua in bocca a lungo, in un trasporto sensuale e disperato, un ultimo atto d’amore totale, in cui forse voleva scacciare l’idea di uccidere il figli-files!, sapete cosa le confidai dopo? … che nel bagno m’ero sciacquato l’uccello sotto al rubinetto perché fosse pulito, a prova di succhio, ma che la ruggine uscita dal tubo l’aveva reso un po’ ferroso. Però il ferro fa bene alla tua anemia Medea! Rise la maga, nuovamente spensierata, e mi strinse ancora a sé. Corpi vivi mezzi di qualsiasi percezione, lei scrive caro Husserl nelle “Idee II”. Anche binomio tragico con il sorriso matto. Bambinesco. Qui sta la mia unicità d’artista che ama. Che inventa segni. Qui si regge anche il rapporto con la filosofia detta fenomenologia di Husserl. I corpi nel bacio alla Misericordia, tra me e la Maga Virgola, furono condizione di possibilità della manifestazione dei fenomeni sensibili, svolsero una funzione trascendentale.

Questa mia dimensione personale oltre quella naturale d’abbraccio lingua in bocca mani riccioli dita sulla schiena sotto maglietta topina, la posseggo in sommo grado. Per essa, immagino in questa relazione con accosto il Totem “possibile”, si può scatenare, perdendola, o rinunciandovi, l’odio. A Medea T. Vir questo è successo. Poeti e scrittori e pittori ce ne sono tanti e anche più bravi ed eccellenti di me: ma solo io sono così combinato fenomenologicamente in amore. Anche perché ne scrivo. Vedo che sorride bonario dietro la barba signor Husserl, dunque mi concede generosamente questo uso. E se mi chiede: “E con Rina Glauce Rètis?”. Lei sa già la risposta. Con la mia nuova sposa, da quattro anni e più, il mio corpo ha trovato un corpo a pari altrettanto vivo. Corpi “per mezzo” dei quali si danno i “contenuti” in manifestazione, e quest’ultimi intrecciano relazioni spaziali nel vicino nel lontano, nel sopra nel sotto, facendoci orientare in arte-vita. Apprendiamo e conosciamo e amiamo da tutti i possibili lati. Siamo corpi in totale “condizione di possibilità” di manifestare i fenomeni sensibili, svolgiamo una funzione trascendentale costante. Era quanto cercavo, quanto Rina cercava. “Condizione” costante! e non episodica per poi subito venire invasa dal banale ritorno al corpo-ottuso che si nega al ruolo di “organo percettivo del soggetto esperiente”.

Medea T. Vir quel giorno tornò, dopo il bacio tornò subito, alle leggi solite dei rapporti di casualità che governano le cose materiali, non era adatta alla dimensione “personale” bensì soltanto alla dimensione semplicemente naturale. Le “cose” che ebbi a dedicarle che le affidai non poteva che “cancellarle”. Il suo non era un corpo vivo e qui sta pure la ragione del suo fallimento nelle arti. Non sapeva capacitarsi come questa dote fenomenologica di corpo trascendentale in amore potesse riguardare me, “radice malata mentitore inaffidabile”, così mi definì, Giasone Accio; e non magari uno dei suoi colti e corretti amici patavini o con buon nido in università. Che peccato vero cara comunità fenomenologica che l’artista non sia costruito sul Galateo di Della Casa?

Un filosofo che per certo poco frequentato da voi, che lasciò le cervella abbracciate ad un cavallo torinese, ha rivelato con parole emblematiche il tragico nella “nascista” della pulsione artistica. E per questo Rina Glauce Rètis ha riconosciuto sulle mie braccia il morso del tafano dionisiaco.

In quest’oggi veneziano, anniversario del 17 luglio 2011, amabile compagnia filosofica, seppur ricordi i Figli-files sgozzati, in sincerità vi confido che provo anche tristezza per il destino di Medea T. Vir. La medesima tristezza, si rinnova, di quella che provai tornando a Pisa dopo l’incontro veneziano. Quanto mi andava scrivendo e dicendo al telefono m’allontanavano dal legame verso lei sposa che mi era stata accanto in avventure perigliose. Non era adatta, Medea T. Vir, al proseguo nell’intersoggettività trascendentale ove l’ego, degli amanti e sposi, deve svilupparsi costitutivamente aperto verso un altro io, con vissuti dove si manifestano le cose scritte e prodotte dall’amore, dai corpi vivi.

A questo punto è giunta Rina Glauce Rètis. La triestina dagli occhi verdi e dal  grande seno. Che mi salva. Che mi spinge a riportare la nave Argo in alto mare.

Oilà che fatica, signori miei, raccontarvi questi nessi del passato e del presente.  Brindiamo col prosecco, in attesa delle sardine in saor, e intanto continuo la mia biografia filosofica estiva recitata su questo canale e tra i tavolini della trattoria. Nel frattempo la totemica Medea T. Vir conosciuta irridente tagliatrice con “Possibile” diventerà l’enigmatica donna dalle carnose labbra che profferiscono “e ho fatto”

 

 

 

 

ACCADDE IL 17 LUGLIO 2011

 

 

PRIMA NOTA IN LAPIDE 

Il 17 luglio 2011 con un sms, ricevetti da Medea T. Vir notizia che quanto le avevo affidato, centinaia di file, e un libro del Canzoniere di Karoline Knabberchen, il Terzo "Viaggiatori da Biblioteca", e disegni, erano stati cancellati come “cose”. 

Ho eliminato tutto / e / di nuovo / lo farei. / Tutti i files. / Ho cancellato / con più recisione / possibile / e ho fatto / la cosa giusta, / l'unica. / Non ho più nulla / di quello / che mi domandi. / Le cose / sono state / cancellate. / 

Medea T. Vir Topino Virgolina è il personaggio nero della mia letteratura transmoderna. Giasone Accio è l'uomo a cui per gelosia, follemente amando odiando, uccise i figli-files.

 

 

 

Sull'OLANDESE VOLANTE Barra Rossa/CDS: (clikka) "Medea T. Vir Padova"; "T. Vir - 17 VII luglio" sono pubblicate alcune avventure nere del personaggio che avrà pure presentazione in mostre di pittura come altri personaggi a mia firma. 

Ogni anno, dal 17 luglio 2011, per questa ricorrenza e data scrivo e disegno in ricordo dei miei figli-files sgozzati.

 

 

 

SECONDA NOTA IN LAPIDE NEL MAGGIO

 

A volte nel sogno ho ancora con me i tanti scritti che affidai a Medea T. Vir. E ne leggo le trame e i versi e le prose e ne vedo le illustrazioni. E poi nel risveglio ancora cercando di riprendere il sogno mi convinco che appena in piedi potrò riscrivere tutto. Ma proprio tutto! E la mutilazione sarà vinta. Ma non è mai così.

 

 

 

 


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