Accio: "Sara fogliante incantante me" - Ottobre 2020, Venezia.
Accio
FOGLIE AUTUNNALI CON RIDENTI DOGLIE STAGIONALI.
APPARIZIONE
DI SCHUBERT BOINE JAMES LEOPARDI.
A SARA CARDELLINO.
Leggendo queste undici storie idiote, foglianti elettroniche - e ti prego Accio fermati qui! - mi convinco che amo un folle. Tua Sara che ti sta cucendo la camicia di forza! Ma siccome ci rido scaricando ogni tensione sparsa dalla pandemia dalla sua gestione politica e uso nei media, ne cucio una anche per me: riconoscente.
1
Mi chiesi se somigliavo alla palla ferma oppure mentre si mòve in cerca della sempiterna dialettica. La buca spense in me ogni interrogativo. Era nera.
2
Lo specchio lo trovai talmente colmo di immagini del passato che galleggiavo sui bordi sospinto da cadaveri d’immagini morte. Fui felice non sapendo nuotare.
3
“Sono Dio che dico e non dico”. Mi disse l’apparizione fulgida nell’autunno di Vecchiano. La presi sul serio e chiesi ancora: chi sei davvero? Ancora ripeté: “Sono Dio che dico e non dico”. Siccome stavo sopra un fico la rima mi fece ridere e aggiunsi: “Spero tu mi sia amico”. E la cosa finì lì. Salvo chiedermi cosa ci facevo sopra un fico in ottobre che fichi non ci sono. Forse era la ricerca del Sacro che mi offriva lavacro con foglie di fico cadute per terra all’altezza del baco.
4
Saltar fuori dalla finestra per uccidersi stando al quinto piano sembra facile, però immancabilmente valicavo una seconda finestra che mi faceva tornare bambino mettendomi in salvo: davanti a me avevo decine di mosche catturate alle quali avevo tolto le ali per gettarle di sotto sull’aia come colazione dei passeri. Quando le avrò terminate mi spiaccicherò finalmente di sotto senza sapere per chi sarò cibo. La solita oscurità poco alata che dà la Morte. Per la prima volta, ormai anziano, mangiai qualche mosca e le trovai ottime. Rammaricato per le leccornie perse pensai che non avrei più tentato d’ammazzarmi. L’esperienza è la base di tutto, anche nelle infernali allucinazioni comiche.
5
La poesia mi imbullettò con chiodi le labbra. M’innamorai della testa del martello. Era in ottone manco d’acciaio. Come la mia poesia notoriamente debole, sogghignai con la dolente mascella.
6
Sotto il pavimento della mia camera c’è uno stagno fatato ampio. Nello specchio d’acqua vive l’Ondina innamorata di me e io di lei. Se potesse emergere, ma non può, faremmo l’amore, vergine io vergine lei; se potessi calare il letto senza annegare sul fondale sempre potrei provare l’eros al quale siamo destinati. Ma non abbiamo ancora trovato un’idea fiabesca che sia una, valida, per immersione od emersione dal reale che viviamo. Ci manca la poesia probabilmente che valichi il crudo realismo esistenziale discretamente angusto, di vivere ci toglie il gusto, che nominandoci simboli eviti due solitudini senza accoppiamento.
7
Non ebbi più notizie della poltroncina rococò di sala, della quale ero innamorato. Io povero tavolo da cucina neppure per il pranzo ma per posarci verdure. Un giorno che ero avvilito e sull’orlo d’una irredimibile angoscia la cuoca posò una cipolla sulla mia superficie e crollai a terra. Diedero la colpa alle tarme. Casomai era stato il mio cuore tarmito a uccidermi. Ma sapevo che la cipolla facendomi piangere tagliata m’aveva tolto la voglia di reggermi in piedi. I grandi amori giungono alla fine per eventi molto banali, ma sempre per cause naturali dove c’è il pianto che non si sa se vero o finto, se indotto oppure addirittura dal legno prodotto.
8
Rosamunda distesa nel bagno giocava con le bollicine sul suo pube rosa. In una d’esse apparve la faccina rosa di Schubert. Rosamunda la sospinse sul suo clitoride rosa e Schubert divento rosso come peperone. L’orgasmo fu un miracolo del sapone più che del romanticismo d’un vergine pianista. La fanciulla si mise l’accappatoio che le passò la Morte e sibilò: “Ho fatto tutto pianissimo ed è stato bellissimo come un fortissimo”. La Morte non capì la battuta in rima e decise di lasciarla nuda, troppo cretina!, nella stanza viva. A Schubert che aveva preso in consegna minuti prima aveva concesso la conoscenza del sesso in conformazione e liquida consolazione seppur con una civetta.
9
Si senti idiota senza rimedio, Giovanni Boine, quando trovandosi sulla spiaggia di Porto Maurizio, in estate, caldo da sfinimento ed erotico tormento, uscendo dal bosco, canticchiando con relativo Fauno note di Debussy si chiese in rima: “Che ci faccio qui?”. Si rispose sempre in rima: qui m’impruno”. Sognava e si svegliò. Per dare al sogno parvenza di scaramantica salute, lui da giorni preoccupato per i suoi polmoni che avevano iniziato a sussultare, si diresse verso la casa della Gorliero con in testa l’idea di fauneggiare con la popolana Ninfa. Da sveglio si pensò furbo e scaltro come appunto l’essere mitologico ben fornito d’eros che aveva sognato d’essere. La musica del simbolista non m’apre la vista bensì la patta dei calzoni. Pensò.
10
Sono inferiore al compito che mi diedi, pensa l’uomo bruciando nel camino i suoi manoscritti. Questa fiamma faciliterà ogni oblio verso la mia persona. Solleverà da ogni custodia verso poesia mediocre la mia vedova. Non attirerà qualche curioso americano vocato a studi inutili in questa Venezia regina dell’umidità più che della beltà, parola di Aspern che spira bruciando.
11
Sono uno sciatore alpinista non un letterato o diomenescampi un poeta. Sono in cerca d’avventure mai compiute prima. E siccome m’è spuntata la gobbetta di Leopardi sullo sterno non ne ho fatto un dramma. Anzi mi ha reso lieto. Ho annusato Guinnes da primato. L’ho scalata facilmente e stando fuori alle prime nevi s’è creata una bella discesa per i miei sci. Scendendo a massima velocità sul mio cazzo eretto tenterò lo slalom che mi farà valicare il solito sabato nel villaggio dove abito. E l’impresa nella domenica porterà, visto l’ardito membro ritto base dell’impresa molto più della collina leopardiana, mi porterà certamente la fascinosa influencer che in coppia con me farà sfracelli a letto e su Instagram. C’è un caso di Doppio, me che fumo haschish me che scio, più originale di me? Son da primato e l’ho dimostrato. Leopardi finalmente s’è reso utile a qualcosa.