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:: GIUSEPPE GIUSTI
27 Gennaio 2012

 
 
 
 GIUSEPPE GIUSTI
 SENTENZE GENERALI
 
Chi ha fatto il mondo, lo può mutare — e
Chi fa il carro, lo deve disfare.
Si suol dire di taluno che sia padrone di fare e disfare una cosa.
Chi fa quel che vuole, non fa quel che deve.
Col nulla si fa nulla.
Di cosa nasce cosa, e il tempo la governa.
Dove sono uomini, è modo — ovvero
Dove ci sono degli uomini, ci son de’ compensi.
Gli estremi si toccano.
Gli uomini sono sempre gli stessi.
Il buono è buono, ma il migliore è meglio — e
Né bello né buono fu mai troppo.
Il fatto non si può disfare.
Il fine fa tutto.
Il mondo è bello perché è vario.
Il mondo è ben compartito.
E altri dicono:
Questo mondo è mal compartito.
E la diversità del giudizio nasce da questo che la fiera pare bella a chi vi fa bene i fatti suoi; o a chi se ne contenta.
Il mondo, di Noè gli è proprio l’arca; di bestie assai, di pochi uomini carca.
Il mondo è sempre botti e olio — e
Dappertutto è botti e olio.
Il Serdonati spiega: per tutto c’è da fare.
Il mondo è sempre mezzo da vedere e mezzo da impegnare.
Il mondo fu sempre mondo.
Il mondo sta con tre cose: fare, disfare, e dare a intendere.
Il mondo va da sé.
Il sì e il no governano il mondo.
Il tempo consuma ogni cosa.
Il tempo divora le pietre.
Il tempo doma ogni cosa.
Il tempo è galantuomo.
Il tempo è una lima sorda.
Si dice pei vecchi, e si dice per le cose che invecchiano anch’esse.
Il tempo passa, e porta via ogni cosa.
Il tempo vien per tutti.
Il tempo vince tutto.
Il tutto è maggiore della parte.
I mezzi fanno la proporzione.
In cent’anni e cento mesi, torna l’acqua a’ suoi paesi.
In questo mondo non v’è nulla di netto.
Sentenza disperata più che Proverbio; e chi usa spesso di queste sentenze, non sono i migliori.
La natura giocola da se stessa.
Le maraviglie nascono senza seminarle.
Le ore non han comare.
Non si fermano come fanno le donnicciuole quando incontrano le comari per via. Il cicalleccio di più donne lo diciamo comarego. (Pasqualigo, Racc. Ven.)
Molte cose il tempo cura che la ragion non sana.
Nel mondo c’è da vivere per tutti.
Nel più c’è il meno.
Nessuno è necessario a questo mondo.
Niun bene senza male — e
Il male va dietro al bene, e il bene al male — e
Il male non dura, e il bene non regna.
Non è mai mal per uno, che non sia ben per un altro — e
Non pianse mai uno che non ridesse un altro.
Non fu mai sì gran banchetto, che qualcuno non desinasse male.
Non lice che dappertutto il giglio abbia radice.
Non tutte le fusa vengon diritte.
Non vien dì che non venga sera.
Ogni anno vien col suo affare.
Cioè, con un impaccio, con una difficoltà nuova.
Ogni cosa è d’ogni anno.
Vale a dire: in ogni tempo accadono le stesse cose; una tal cosa può accadere ogni giorno.
Ogni cosa ha il suo colore.
Ogni cosa va per il suo verso.
Onde si muovon a diversi porti
Per lo gran mare dell’essere, a ciascuna
Con istinto a lei dato cha la porti. (Dante)
Proverbi toscani.
Ogni diritto ha il suo rovescio.
Oppure:
Ogni cosa ha il suo diritto e il suo rovescio — e
Ogni medaglia ha il suo rovescio.
Ogni frutto vuol la sua stagione.
Ogni mosca ha la sua ombra.
Ogni pianta ha la sua radice.
Onde viene il peso del sale, colà ritorna.
Le cos risolvendosi ritornano a’ suoi principj.
Più vale un sol remo che sia indietro, che dieci che vanno avanti.
Più può un solo ad impedire un negozio che molti a condurlo; perché l’escludere è sempre più facile che il condurre.
Proverbio non falla, misura non cala, superbia non dura, pensier non riesce.
Quando Iddio non vuole, i Santi non possono.
Cioè (e non sarebbe bestemmia), quando non vuole il principale, gl’intercessori non valgono.
Quando la pera è matura, casca da sé (ovvero bisogna che caschi).
Quel che non è stato, non può essere.
Quel che fu, non è:
Questo mondo è fatto a scale, chi le scende e chi le sale — e
Questo mondo è fatto a scarpette; chi se le leva e chi se le mette — e
Questa ruota sempre gira; chi sta lieto e chi sospira.
Questo mondo è una gabbia di matti.
Rispetti, dispetti e sospetti, guastano il mondo.
Tre cose non cessano mai, il sole, il fuoco e il pensiero dell’uomo.
Tutti i fiumi vanno al mare.
Tutti siamo di carne.
Tutti siamo d’un pelo e d’una lana.
Ed a Venezia:
I omen xe filai tuti in una rocca.
Tutto passa fuorché le cappelle de’ chiodi.
Uno non fa numero — e
Un fiore non fa ghirlanda (o non fa primavera) — e
Una rondine non fa primavera — e
Una spiga non fa manna — e
Un canestro d’uva non fa vendemmia — e
Un demonio non fa inferno.
Un disordine ne fa cento.
Voce di popolo, voce di Dio.
 
 
 
Perché la sezione Dalle Alpi allo Ionio
Un giornale come L'Olandese Volante necessità anche di una stiva dove siano accolti i generi in lingua italiana, come proverbi, massime, aforismi, epigrammi, apologhi, elegie,  favole, fiabe,...  insomma tutti quei generi che la forma romanzo e poesia, spesso lirica e seria, han finito per occultare nella manualistica su carta... ma anche on line. E se ne esiste pubblicazione è raffazzonata, caotica, senza un minimo di criterio filologico e documentario.  A tutto ciò immagino si possa porre rimedio contando sull'attenzione dei  navigatori-lettori. Il primo autore proposto è Giuseppe Giusti.
 
 
GIUSEPPE GIUSTI
 
Nasce a Monsummano nel 1809. La famiglia è agiata. Padre gretto e madre dolce. Sotto bacchetta pedantesca del precettore Don Antonio Sacchi da piccolo, poi in Seminario a Pistoia dopo i dodici anni e poi ancora nel collegio dei nobili a Lucca e infine nel 1826 a studiar legge a Pisa. Altra aria. Ma non combina nulla e torna a Pescia dove s’era stabilita la famiglia. Torna agli studi nel ’32 e diventa sospetto all’autorità perché contrasta gli studi con l’amor di patria. Raggiunge Firenze. Bighellona in studi d’avvocati. Comincia scrivere poesie satiriche sul bel mondo che frequenta. I suoi versi hanno grande successo. Vive l’amore tormentato per Isabella Rossi che poi si marita con un altro uomo. Incontra anche la letteratura – di rimbalzo – intrecciando una relazione sentimentale con la vedova di Enrico Blondel cognata del Manzoni e moglie in seconde nozze di Massimo D’Azeglio. Manzoni stimerà sempre quel battutista toscano che teneva un viso dove malizia e candore recitavano d’intesa per deformarne i lineamenti. Partecipa alla vita politica nel ’47 e nel ’48, ma ne rimane deluso. Diventò anche deputato di Borgo a Buggiano. Si sentì legato al partito moderato. Avversò Domenico Guerrazzi, il livornese che faceva l’alfieriano e il repubblicano con vocazioni tiranniche. Non era roba per lui. Tornato il Granduca dietro le baionette austriache si ritirò in casa dell’amico Gino Capponi e qui morì amareggiato e sputando sangue. Era il 31 Marzo 1850. A Firenze la primavera non voleva saperne di arrivare. Lasciò poesie ed epistolari, e una raccolta di proverbi toscani che verranno pubblicati postumi.
Questo elenco di proverbi di marca toscana, seguendoli, renderebbero ad ognuno la vita un poco più malleabile e meno angosciante. Le sue poesie sono satiriche e giocose. Il buon senso spesso è troppo lapidario. Negli italiani Giusti vedeva un alto tasso di viltà. E sperare di guarirli beccandoli con motti di spirito, a un certo punto forse, gli sembrò del tutto inutile. Poneva sullo stesso piano Mazzini e Carlo Alberto, repubblicani e monarchici, tiranni e liberali. Questi accostamenti non sono mai stati accettati dalla critica. Ma visti i risultati dell’unità d’Italia forse il buon Giusti non aveva tutti i torti. Giusti ridicolizza la bassezza morale del popolo e di chi lo comanda, l’ignoranza, la cupidigia, intuisce i vizi italiani frutto di servitù secolare, e non ha simpatia né per il clero, né per gli sbirri, né per i funzionari. Per operare la sua “critica” a questa tipologia umana inventa personaggi paradossali, e qui sta la sua forza maggiore di poeta e scrittore, tipi come il “Girella” “Il voltagabbana”, “Gingillino”, “l’arrivista”, “Becero”, “L’arricchito”, “Re travicello”, “Prete pero”, “L’umanitario”, “Il giovane romantico”. Tutte figure che saranno reinventate da un Cicognani e ancor meglio da un Palazzeschi. Dunque il poeta di Pescia che la saggistica ha fatto passare per un qualunquista – erano tempi di rigide ideologie neo-realistiche e di vulgate neosperimentali da anni settanta – come Collodi del resto, aspetta di essere riletto e studiato. L'Olandese Volante offre il suo contributo perché questo avvenga. Si comincia dai proverbi, ma in futuro ci soffermeremo anche sulle poesie. Claudio Di Scalzo
 
 


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