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:: Kurt Wolff: Franz Kafka
09 Giugno 2013

 

Stefano Parolari: "Kafka ricordato da Kurt Wolff" - Giugno 2013

 

 

 

Kurt Wolf

Ricordando Kafka

Non ricordo quante volte ho visto Franz Kafka, però mi è rimasta ben viva negli occhi l'immagine del nostro primo incontro. Era il 29 giugno 1912, Kafka stava compiendo un viaggio di piacere con Max Brod, i due avevano lasciato Praga il giorno precedente diretti a Weimar e avevano fatto tappa a Lipsia. 

Il pomeriggio, Max Brod, che era già in contatto con la nostra Casa editrice, accompagnò Kafka nel piccolo e misero ufficio che avevamo affittato da un'antica e rinomata tipografia. Ernst Rowohlt - le nostre strade si separarono un paio di mesi più tardi - ed io li ricevemmo. Brod mi perdoni, sono davvero l'ultimo a voler sminuire i suoi immensi meriti verso l'amico, ma fin dal primo momento mi venne fatto di pensare: ecco l'impresario che presenta il divo da lui scoperto. In realtà era proprio così, e se quest'impressione era così imbarazzante ciò era dovuto alla natura di Kafka, incapace di superare tale presentazione con disinvoltura o con una battuta scherzosa.

Ahimè, come soffriva! Silenzioso, goffo, delicato, vulnerabile, intimidito come un ginnasiale davanti agli esaminatori, convinto dell'impossibilità di soddisfare le aspettative destate dalel lodi dell'impresario. E soprattutto, quale vergogna aver consentito a farsi offrire come una merce ad un compratore! Voleva forse che si stampassero le cosucce senz'importanza ceh andava scrivendo? No, mai e poi mai.

Mi sentii sollevato quando la visita ebbe termine e salutai gli occhi bellissimi, la commovente, intensa espressione di quell'uomo senza età, che era allora sulla trentina e la cui figura esile ed emaciata, a mio giudizio, non invecchiò mai. Potrei definirlo un adolescente che non è mai diventato adulto.

Al momento di accomiatarsi in quel giorno del giugno 1912, Kafka pronunciò delle parole che non ho mai sentito né prima né dopo da nessun altro autore e che perciò sono strettamente connesse a lui: "Le sarò sempre riconoscente se mi ritornerà i miei manoscritti che se me li pubblicherà". Un mese dopo mi inviò i primi scritti minori, che apparvero nell'inverno 1912-'13 sotto il titolo di Betrgchtung. Già pochi giorni dopo la spedizione, Kafka se ne era pentito e, nel diario, esprimeva la speranza che l'editore glieli restituisse "per tornare ad essere infelice come lo ero prima".

Non mi ha mai sfiorato il dubbio che quest'ambivalenza fra il timore e il desiderio di una pubblicazione fosse dettata dall'insincerità delal natura di Kafka; mi sembrò piuttosto che agisse così per autodifesa e sentii che questo suo atteggiamento non gli era tanto suggerito dal desiderio di mettersi al riparo da una pubblicità letteraria quanto, soprattutto, dal bisogno di difendersi dal mondo esteriore.

 

 

 


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