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:: Giuseppe Giusti: Regole varie - Dalle Alpi allo Ionio
16 Novembre 2013

 

 

 

 

Giuseppe Giusti

dai PROVERBI TOSCANI

 

REGOLE VARIE PER LA CONDOTTA PRATICA DELLA VITA

A barba folle, rasoio molle.

Barba folle.. è la barba debole, poco resistente, leggera e come fossero peli vani. Vale che con le persone mansuete non occorre far uso di grandi sforzi. All’incontro:

A barba di pazzo, rasoio ardito  — e

A ciccia di lupo, zanne di cane.

Significano che a’ temerari si dee mostrare i denti. E poco diversamente:

A un pazzo, un pazzo e mezzo — e

A popolo pazzo, prete spiritato  — e

A caval che corre non abbisognano sproni  — ovvero

A buon cavallo non occorre dirgli trotta — ma

A cavallo mangiatore, capestro corto.

A cavallo, dinanzi; ad archibuso, di dietro; a tavola, a mezzo; a quistione, lontano — e

Dal bue, dinanzi; dal mulo, di dietro, e dalla donnada tutte le parti.

Al fabbro non toccare, al manescalco non t’accostare, allo speziale non assaggiare.

A chi ti può tôr tutto, dagli quel che chiede.

E poi ringrazialo d’aver chiesto, e ringrazialo di quello che ti ha lasciato.

A fare i poveri non si spende nulla.

Basta prender moglie senza tanti beni di fortuna da campare anco i figliuoli ovvero, chi non ha da spendere non corre pericoli.

A gran sole, grand’occhio — e

A gran notte, gran lanterna.

Doversi accomodar gli strumenti alle qualità delle cose.

A incudine di ferro, martello di piombo — e

Chi mangia il ferro, deve avere le budella di piombo.

Con gli ostinati andare adagio; e alle difficoltà che non puoi smaltire cedere tanto che passino.

Alla pace si può sacrificar tutto.

Perché il quieto ed agiato vivere sono la maggiore e la finale passione dell’uomo.

Al mal coperto rasoio aperto.

Al male è bene stare in proda, e al bene nel mezzo.

Al ricco non promettere, al povero non gli mancare.

A nemico che fugge, ponti d’oro — e

Non correr dietro a chi fugge.

Attacca l’asino a una buona caviglia — e

Chi a buon albero s’appoggia, buon ombra lo ricuopre.

Chi si pone sotto l’ombra, cioè sotto la protezione d’un qualche potente, vive sicuro e riposato, e (tranne l’uggia) stabene. Ma sappia scegliere il protettore.

Quando il sole ti splende, non ti dèi curar della luna.

E più sguaiatamente:

Chi ha buono un Dio, ha in tasca i Santi.

Ma ad ogni modo:

Abbi piuttosto il piccolo, per amico, che il grande per nemico.

Perché:

Piuttosto un asino che porti, che un cavallo che butti in terra — e

E’ meglio il puntello della trave — e

A muraglia cadente non s’appoggi chi è prudente — e

A donne e a preti non gliene dare un tantino, ché e’ se ne pigliano un tantone.

Armi e danari vogliono buone mani.

A volte convien bere per non affogare.

E comunemente:

O bere, o affogare.

Accettare il minor male per evitarne uno più g:osso.

Bisogna darsi ai tempi.

Cioè, accomodarsi.

Bisogna rispettare il cane del padrone.

Cioè, non offendere le affezioni di chi merita da te riguardo.

Chi cerca i fatti altrui, poco si cura de’ sui — o

Chi   cerca sapere quel che bolle nella pentola d’altri, ha lec­cate le sue — e

Pazzo è colui che bada a’ fatti altrui — e

Chi sta troppo in sulle chiacchiere, torna a casa pien di zacchere — e

Chi s’impaccia de’ fatti altrui, di tre malanni gliene tocca dui.

E’ proverbio còrso.

Gli discioglie la vela a più d’un vento,

Arriva spesso a porto di tormento.

E poco diversamente:

Chi due lepri caccia, l’una non piglia e l’altra lascia — e

Chi vuoi esser in più luoghi, non è in nessuno.

 E’ detto contro quegli affannoni, e quei cecchisuda che voglion metter le mani in ogni cosa. (Capponi)

Chi esce di commissione, paga del suo.

Cioè, chi oltrepassa il mandato.

Chi ha bisogno del fuoco, paletta porti.

Chi ha le corna in seno, non se le metta in capo — o

L’ingiuria non pubblicare, che non vuoi vendicare.

Chi non vuol l’osteria, levi la frasca — o

Chi non vuole la festa, levi l’alloro.

Chi per piacere a uno, dispiace a un altro, perde cento per cento.

Chi s’impaccia col vento, si trova con le mani pien d’ aria.

Che si dice:

Pigliare il vento con le reti.

Chi si   ripara sotto la frasca, ha quella che piove e quella che casca.

 

Chi sta in agio, non cerchi disagio.

Chi ti schifa sgrida, chi ti abbraccia dislaccia.

Sgrifare, fare il grifo, fare brutta faccia.

Chi troppo s’impaccia, non è senza taccia — e

Chi cerca briga, l’accatta — e

Chi ha da perdere, fugge le brighe — e

Chi cerca regna, regna trova   — e

A chi va cercando regna, non mancò mai da fare.

E in modo più assoluto:

Dove non t’ appartiene, né male né bene.

Chi uccella a mosche, morde l’aria.

Chi un ne gastiga, cento ne minaccia.

Chi vince la persona, guadagna la roba.

Chi vuole aver bene un dì, faccia un buon pasto; chi una set­timana, ammazzi il porco; chi un mese, pigli moglie; chi tutta la vita, si faccia prete.

Chi vuole aver sempre che fare, compri un oriuoio, pigli moglie, o bastoni un frate.

L’oriuolo facilmente si guasta e chi irrita un frate si tira addosso unacomunità. (Strozzi)

 

Chi vuole della carne vada in beccheria.

Chi vuole una cosa la cerchi dov’è

Chi vuol vita convien che cangi vita.

Cinque dita in una mano alle volte fanno bene alle volte male.

Col latino, con un ronzino e con un forino si gira il mondo.

Il latino si fa intendere da per tutto.

Con i fiori non si va al mulino.

Ben l’intende chi lo nota. Questo è certo uno dei più bei proverbi che il senno de’ nostri padri ci ha tramandato. Quell’uomo che per correr dietro alle vanità e alle frottole, rifiuta l’ornamento di sode virtù e i virili propositi, e che all’utile antepone il piacere e le fuggevoli alle du­revoli cose; quel popolo che si perde in inezie, in chiacchiere, in feste quand’è tempo di operare con senno per conquistarsi una sorte migliore, non andranno al mulino mai.

Di promesse non godere, di minaccie non temere.

Di’ pur sempre mai di no, se non vuoi passar da bò.

Dio ti guardi da furia di vento, da frate fuor di convento, da donna che parla latino, e da nobile poverino (ovvero e dagli uomini a capo chino) — e

Di amico menzognero e di frate senza monastero non ti curare.

Dio ti guardi da un ricco impoverito e da un povero quand’è arricchito.

Domandando si va per tutto — e

Domandando si va a Roma.

Due gatti e un topo, due mogli in una casa, e due cani e un osso non vanno mai d’accordo.

E’ buon donare la cosa che non si può vendere.

E’ male giudicar l’unghie a’ gatti

perché ti graffiano se tu ci provi.

E’ meglio ciga ciga che miga miga

è meglio sì che no – oppure: E’ meglio poco che nulla

E’ meglio perdere il dito che la mano — e

E’ meglio perdere la pelle che il vitello, (o la sella che il cavallo).

Fa più un cappellaccio, un pastranaccio, una scarpettaccia, che un cappellino, un pastranino, una scarpina.

Guardati da medico ammalato, da matto attizzato, da uomo deliberato, da femmina disperata, da cane che non abbaia, da uomo che non parla, da chi sente due messe la mattina, da giocar danari, da praticar con ladri, da osteria nuova, da potta vecchia, da far quistione di notte, da opinione di giudici, da dubitazione di medici, da recipe di speziali, da eccetere di notaj, da spacci d’usurai, da lagrime di moglie, da bugie di mercanti, da ladri di casa, da mimico vecchio, da serva ritornata, da furore di popolo, da caval che scappucci (o inciampi), da odio di signori, da compagnia di traditori, da uomo giocatore, da lite con tuo maggiore.

E i Serdonati ha pure questo:

Da donna di bordello, da frate di mantello, da barcaiolo di traghetto, da prete da grossetto, da barbiere salariato, da vescovo senza entrata, da Ostro e da Garbino, da donna vestita di berrettino, da bastonate d’orbo, da beccature di corbo, e da gioco di tre dadi, Dio ci tenga liberati.

Guardati da un nemico solo.

Il carro non va con cinque ruote.

L’adoperare troppi mezzi o strumenti, guasta le faccende.

In tempo di poponi non prestare il coltello.

Non dare occasioni o mezzi a chi si prenda la roba tua.

La botta che non chiese, non ebbe coda — e

Non c’è intoppo per avere, più che chiedere e temere — e

Chi vuole assai, non domandi poco — e

Chi vuole impetrare, la vergogna ha da levare — e

Fra Modesto non fu mai priore.

L’anima a Dio, il corpo alla terra e la roba a chi s’appartiene.

La sferza al cavallo, la cavezza all’asino.

Diceva Isocrate di due suoi discepoli, che l’uno avea bisogno di freno e l’altro di sproni.

La state innanzi e il verno di dietro

Detto per chi viaggi in carrozza; l’estate dinanzi per schivare la polvere; il verno di dietro per vedere il fango, e scuoprire le fitte e i pericoli.

Le disgrazie quando dormono non bisogna svegliarle.

Lega l’asino dove vuole il padrone; e se si rompe il collo, suo danno.

Le generalità confondono i negozi.

Ch’è il vizio del tempo, e se n’è visto qualcosa e ogni giorno si vede.

Le siepi non hanno occhi, ma hanno orecchi.

Quando alcuno è presso le siepi, deve guardare come parla, perché può trovarsi dietro ad esse taluno che oda e non sia veduto (Serdonati) — e

Lo scorpione dorme sotto ogni lastra.

Loda e conforta, e non t’obbligare — e

Loda, commenda, saluta, conforta, offera, proffera, ma non t’obbligare.

Mal si contrasta con chi non ha da perdere.

Meglio è scampa scampa, che tienlo tienlo.

Meglio esser moro che noce.

Piuttosto brucato che bacchiato.

Misura il tempo, farai buon guadagno.

Né cavallo, né moglie, né vino, non li lodare a nessuno.

Né moglie, né acqua, né sale, a chi non te ne chiede non gliene dare.

Né per ogni male al medico, né per ogni lite all’avvocato, né per ogni sete al boccale.

Qui medice vivit, miserrime vivit.

Nessuno vuole appiccare il sonaglio alla gatta.

Non bisogna metter tanta carne al fuoco.

Non imprendere più cose ad un tratto.

Non bisogna metter calcina senza quadrello.

Non consumare i mezzi o le forze senza presente utilità.

Non bisogna metter mai l’esca (o la paglia) accanto al fuoco — e

Stoppa e fuoco non stan bene in un loco — e

Le ortiche non fan buona salsa.

Non stan bene due piè in una scarpa,

Né due amanti stan bene in un loco,

Né la stoppa sta bene accanto al fuoco.

Non bisogna mostrare i cenci al popolo.

Procurare che non si sappiano i fatti tuoi, che non si veggano le tue magagne: lavare la biancheria sudicia in famiglia volle anche Napoleone, e non gli riuscì, quando n’ebbe troppa della sudicia.

Non entri tra fuso e rocca, chi non vuol esser filato.

Di contese fra donne non t’impicciare.

Non dir quanto sai, non giudicar quanto vedi, e in pace viverai.

Non far ber l’asino quando non ha sete.

Non far ciò che tu puoi, non spender ciò che hai;

Non creder ciò che odi, non dir ciò che tu sai.

Non mostrar mai né il fondo della tua borsa né del tuo animo.

Non si fa fascio d’ogni erba, ma sì ghirlanda d’ogni fiore.

Non raccattare ogni cosa, ma pigliare il fiore d’ogni cosa.

Non si può attendere alla casa e a’ campi — e

Non si può bere e zufolare — e

Non si può tenere la farina in bocca e soffiare — e

Non si può portar la croce e cantare, (o suonar le campane) e

Non si può strigliare e tener la mula.

Non si può dar soddisfazione o piacere a tutti — o

Non si può fare a modo di tutti.

Non si può entrare in Paradiso a dispetto de’ Santi.

Non si può raddrizzare l’anche a’ cani.

Non si può servire a due padroni.

Ogni campo è strada.

Ogni dato vuole il mandato.

Ogni scusa è buona purché vaglia.

Ognuno ha da pensare a casa sua — e

Di quel che tu non dei mangiare lascialo pur cuocere.

Quello che non ti riguarda lascia correre.

Ovo d’un’ora, pane d’un giorno, vino d’un anno, pesce di dieci, donna di quindici, e amico di trenta.

Parla come il comuno, ma tieni e odi com’uno.

Saziarsi del segreto suo è da malvagi; nutrirsene, maturarlo, prima di metterlo in piazza è cosa da forti.

Pelle che non puoi vendere, non la scorticare — e

Chi non mi pettina, non voglio che mi graffi — e

Donde non mi vien caldo, non voglio che mi venga neanche freddo — e

Il fuoco che non mi scalda, non voglio che mi scotti.

Per una pecora non si guasta la forma.

Propriamente vale che la forma del cacio rimane la stessa per una pecora di più o di meno; ma nel figurato, che bisogna tirate innanzi benché uno manchi alla compagnia, o all’opera qualche mezzo.

Piuttosto cappello in mano, che mano alla borsa.

Prega Dio di tre cose, di nascere in buona parte, di non cominciar trist’arte, di non prender ria moglie.

Protestare e dare il capo (o del capo) nel muro, lo può fare ognuno.

Protestare senza riparare, a nulla conduce.

Qual ballata, tal suonata.

Vale dare secondo che si riceve.

Qual buco, tal cavicchio.

Qual cervello, tal cappello — e

Qual gamba, tale calza — e

Qual piè, tale scarpa.

Quando il gallo si mette le brache, tutte se le sporca.

Forse è per coloro i quali escono o vogliono uscire dal loro mestiere, dallo loro professione.

Quando il lupo di vuol mangiare, aitiamci co’ cani.

Quando la ti dice buono al palèo, non giocar alla trottola.

Quando ti va bene un affare, non ne tentare un altro.

Quando non danno i campi, non l’hanno i Santi.

Lo dice il contadino nella scarsità di grasce per non pagare la decima o dare alla Chiesa.

Quattro cose sono a buon mercato, terra, parole, acqua e profferte.

Quattro madri buone fanno figliuoli cattivi: la Verità l’Odio, la Prosperità il Fasto, la Sicurtà il Pericolo, la Familiarità il Dispregio.

Quel che ci va, ci vuole.

Di quel tanto che ci vuole a fare una cosa, non bisogna esser troppo avari.

Riguardati dai matti, dai briachi, dagl’ipocriti e dai minchioni.

Senza l’occhiello non s’affibbia il bottone (oppure non si ferma il bottone).

E mi par meglio, perché affibbiare è una cosa, abbottonare un’altra: non ti mettere ad operare se prima tu non abbia acconci i modi.

Se tu hai meno il naso, ponviti una mano.

Cioè, se tu hai un difetto, cerca di ricoprirlo.

Se ti vergogni a dir di sì, crolla la testa e fa’ così.

Tant’è ficcare che mettere.

Tante volte si tira al cane per fare insulto al padrone.

Temi i vivi e rispetta i morti.

Terren che voglia tempo, e uom che voglia modo, non te n’impacciare.

Uom che voglia modo, uomo scabroso e col quale sia necessario stare all’erta.

Tra l’incudine e il martello, man non metta che ha cervello.

Tre cose lascia da per sé, l’occhio, la donna e la fè.

Tre molti rovinan l’uomo: molto parlare e poco sapere, molto spendere e poco avere, molto presumere e poco valere.

Tristo a quel barbiere che ha un sol pettine.

Come le necessità variano, così debbono i consigli.

Tristo a quel topo che ha un buco solo.

Che ha un luogo solo dove ripararsi, un solo modo a provvedere.

Tutte le grandi faccende si fanno di poca cosa.

Quando è venuto il tempo loro, le cose grandi si trovano fatte come da sé; la mossa è un atto semplicissimo, ed alle volte colui stesso che l’ha data poco se ne accorge.

Tutte le strade conducono a Roma — ovvero

Per più strade si va a Roma.

Iddio ci mostra per diverse strade

Donde si vadi nella sua cittade.

..........

Tutti siam peregrin per molti regni.

A Roma tutti andar vogliamo, Orlando,

Ma per molti sentier n’andiam cercando. (Pulci, Morgante)

Una noce in un sacco non fa rumore — e

Voce di uno, voce di gnuno.

Un diavolo scaccia l’altro.

Si dice quando si cerca di riparare a un disordine con un altro — e

Il veleno si spegne col veleno.

E meglio:

Chiodo leva chiodo

Come d’asse si trae chiodo con chiodo. (Guittone d’Arezzo)

Un sì intriga, un no distriga.

E’ veneto: e lo dicono le ragazze d’un partito poco buono; ma si può dire anche noi d’altri partiti dubbi, dei quali giova ci sieno tolte le occasioni.

Vivi e lascia vivere — ovvero

Bisogna vivere, e lasciar vivere.

 


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