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:: Giorgio De Chirico: Tempio in rovina - I
09 Maggio 2013

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Giorgio De Chirico
 
TEMPIO IN ROVINA - I
 
 
In un tempio in rovina la statua spezzata di un Dio parlava un linguaggio misterioso. Questa visione si associa sempre in me ad un senso di freddo come se fossi stato sferzato da un vento invernale proveniente da un paese lontano, sconosciuto. L’ora? E’ la fredda ora dell’alba di un giorno limpido, verso la fine della primavera. In quell’ora la profondità calma e azzurrognola della volta celeste stordisce chiunque la guardi fissamente, egli rabbrividisce e si sente trascinato nell’abisso come se il cielo fosse sotto i suoi piedi; così il barcaiolo quando si piega sulla prora dorata del naviglio freme e guarda fissamente l’azzurro abisso del mare solcato. Allora come colui che passa dalla luce del giorno alla oscurità di un tempio e all’inizio non riesce a distinguere la statua che va sbiancandosi, ma lentamente distingue la sua forma in modo sempre più definito, lentamente si rigenera in me il sentimento dell’artista primordiale. Colui che per primo ha scolpito un dio, colui che per primo ha provato il desiderio di creare un dio. E allora mi chiedo se l’idea di immaginare un dio con sembianze umane, secondo il modo in cui i greci concepirono l’arte, non sia un eterno pretesto per scoprire nuove fonti di sensazioni.
Gli artisti del medioevo non riuscirono mai ad esprimere questa sensazione. La sensazione, il fremito sacro dell’artista quando tocca una pietra o un frammento di legno, quando lo leviga, lo palpa, lo accarezza, con la sacra percezione che dentro di esso è racchiuso lo spirito di un dio. Raro è il pittore e lo scultore moderno che crea rapito da una tale gioia. Eppure non riesco a concepire altrimenti un’opera d’arte. Il pensiero deve liberarsi di tutti i vincoli umani così che tutte le cose si mostrino ad esso in modo nuovo - come rischiarate per la prima volta da una stella lucente.
Se nella prima luce dell’alba si può percepire il brivido della morte mescolato al brivido dell’eternità, allontanarsi verso la fine di tutto fino al principio del tempo, allora di fronte a questa sensazione tutte le apparenze e tutti i veli cadono. Scompare l’orrore medievale della morte, e con esso la paura dell’attimo presente. Una notte, nell’opprimemte silenzio della città addormentata, udii i colpi di un martello che risuonavano sulle assi. Mi sembrò che in un qualche luogo un uomo desto stesse costruendo una bara. Poi un cane ululò nella notte. Senza riflettervi provai la strana sensazione che in quello stesso istante una stella portatrice di sventura si muovesse in un cielo sconosciuto.
Un’altra notte, una campana distante aveva appena battuto le dodici quando un suono d’acqua che gocciolava in un secchio mi fece rabbrividire mentre giacevo nel mio letto. Questo rumore nel silenzio immenso mi sembrò eterno - come i colpi del martello che avevo appena udito. Tuttavia questa volta la sensazione era più bella, ed improvvisamente un volto mi apparve davanti, un volto che aveva l’espressione di ciò che sempre è. Ancora una volta la mia mente si volse al passato.
 
Tum Fauni similis circum pollercere coelum et languee simul tenebras et sidera pastor cernit…
 
 
…continua
 
 
 

 

 

 

NOTA

(Questo testo pubblicato per la prima volta su pagine telematiche e comparso una sola volta in catalogo a cura di Maurizio Fagiolo: “Giorgio De Chirico: Il tempo di Apollinaire, Paris 1911/1915", nel 1981, fa parte di un gruppo di 4 carte appartenenti a Jean Paulhan e Paul Eluard e da loro tenuti vicini ai quadri del pittore. Il loro valore per comprendere il De Chirico narratore di se stesso e della sua mitobiobiografia è molto alto. Documento di “narrazioni ad arte” di rara bellezza. L’Olandese Volante intende, in questa sezione della rivista, proporre voci pitturate contemporanee - artisti della Galleria Peccolo di Livorno ad esempio o di maestri come Antonio Barrese ma anche di firme in pittura/scrittura ad inizio carriera – che rendano evidente come nell’epoca dei social network e social media dove tutti fan diario e quotidiana immagine di sé e proprio per non essere inghiottiti dal caos dell’insignificanza, c’è necessità di stare in luoghi telematici (come L’Olandese Volante) dove la “tradizione” viene esposta e conservata e innervata per i lettori/navigatori interessati a capire che L’Arte per praticarla necessita di un sostrato di riflessione che viene da lontano e che conoscerne gli esiti è l’unica possibilità per vincere il “vetrinismo” contemporaneo che va dai fasti del web nei social network - dove immagini d’arte, d’ogni tendenza ed artista, son usate orgiasticamente per corredare i propri impotenti narcisismi - ai fasti delle gallerie mercantili al top… per produrre il niente del sol feticismo. Il Mito greco, testi da Valori Plastici, il dettato di Apollinaire - oltre che esempi di ottima filologia estetica - il riproporli è soprattutto storia, storia dell’Arte degna di ricevere cura e ancora offrire magistero - CDS
 


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