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Karoline Knabberchen

:: Karoline Knabberchen: Le due K. Quaderno del mite inverno XII
08 Settembre 2016

 CDS: "Karoline Knabberchen teologa da camera e da oceano"

Illustrazione per il "Quaderno del Mite Inverno"

Acquarello e matita su carta - 33 x 24 cm - 7 settembre 2016

 

 

Karoline Knabberchen

QUADERNO DEL MITE INVERNO

(20 agosto 1984 – 20 agosto 2016)

(a cura di Fabio Nardi)

 

 

XII 

LE DUE K

LA K DI KIERKEGAARD LA K DELLA KNABBERCHEN

Fabio, amore mio, il finale del romanzo “Le Grand Meaulnes” è intriso di trattenuta angoscia. Francesco Seurel, il narratore, la sopporta e malinconicamente l’accetta. La giovinezza è finita per lui come per Meaulnes. Svanisce anche l’incanto che avevano provato nel cercare il “parco perduto”. Ne hanno tutti i protagonisti vissuto le vibrazioni. Il dolore. Direi quasi che per il narratore s’apre la pianura della noia. Noia intesa come Kiekegaard la teorizzo nei suoi ultimi anni. Noia provata dal cristiano. E cristiano era anche l’autore del romanzo Alain-Fournier.

Kierkegaard scrive l’ultimo frammento del suo Diario il 25 settembre. C’è la vertigine del bisbigliato verso l’eterno nella sua parola. Combustione lacerata oltre ogni temporalità. In riva al mare possono convivere il prato e il ritorno andante delle onde. Quanto sono turbata, Fabio, a scriverti tenendoci dentro questo libro con la mia filosofia da saltellante ranocchia sulla serietà dell’abisso in rapporto a Dio. Kierkegaard sa che la lotta è finita. Anche Seurel lo intuisce. Anche io so che giungerò a questo punto. Il cristianesimo è “verità sofferente”. Il filosofo danese può morire in lietezza perché ha scoperto  e vissuto, soffrendo, lo scopo della sua vita nel segno cristiano. Voluto da Cristo. E lo sai qual è la scoperta necessaria da compiere Fabio anche se si sono vissute in un paese avventure sognanti stando dediti al volto e parola di una Yvonne de Galais?... te lo rivelo con una lunga citazione da Kierkegaard, leggila e meditala, anch’io arriverò a questo punto!

“Lo scopo di questa vita è di essere portati al più alto grado di noia della vita. Colui il quale, arrivato a questo punto, può resistere, cioè colui che Dio sorregge così da persuaderlo che per amore Dio stesso l’ha portato a questo punto, questi sostiene in modo cristiano “la prova” della vita, egli è maturo per l’eternità… Come un uomo che avesse intrapreso il giro del mondo, per trovare il cantore o la cantante dal timbro più perfetto: così Iddio nel cielo se ne sta in ascolto. E ogni volta che sente una lode da un uomo ch’Egli ha portato al punto estremo della noia della vita, Iddio dice fra sé e sé: qui c’è il tono giusto. Dice: ‘è qui’, come se fosse una scoperta che Egli fa. Ma Dio questo lo sapeva, perché Lui stesso era presente presso quell’uomo e l’aiutava, in quanto Dio può aiutare per quel che solo la Libertà tuttavia può fare. Soltanto la libertà può farlo: ma quale sorpresa per l’uomo di poter esprimersi col ringraziarne Dio, come se fosse stato Iddio a farlo. E nella sua gioia di poterlo ringraziare egli è allora così felice che non vuol sentire più nulla, non vuol sentire assolutamente se non Dio stesso. Pieno di riconoscenza, egli riferisce tutto a Dio e prega Iddio che le cose restino come sono: perché Dio fa tutto. Perché egli non crede a se stesso, ma soltanto a Dio”.

 

 

 


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