Karoline Knabberchen
(Guarda Engadina Svizzera 10 aprile 1959
1984 20 agosto Austvågøy Lofoten Norvegia)
Foto Fabio Nardi - "Consumo della partenza".
Karoline Knabberchen
CONSUMO
QUARANTESIMO DELLA MORTE
FILOSOFIA DA BAITA
La solitudine con cui si muore è tutto. In effetti nascere è un atto banale, l’esistenza si annida nel morire. Nonostante gli sforzi eleganti e spesso convincenti della stupenda Hannah Arendt, molto probabilmente aveva ragione l’antipatico e per certi versi ripugnante Martin Heidegger: la vita è il morire puro e semplice, il morire come tale. E tuttavia mi pare che sia possibile aggiungere dell’altro. Se la vita, come pure voleva Proust, è una corsa verso la tomba, allora essa è in qualche modo anche il più alto dispendio, il più grosso spreco che si possa immaginare. Nietzsche si esprime pressappoco in questi termini: verrà un giorno - ed è domani - in cui dell’uomo della donna non resterà nessuna traccia, puro evento senza testimoni. Il senso di questo momentaneo rilucere non può quindi essere “morale”, un tale senso deve risiedere nel lucore stesso, nello scintillio, nello spegnersi, nell’improduttività di quella fiammata che noi già sempre siamo. Tolta quindi l’ipotesi della produttività, perché ogni opera è destinata al fumo, non resta che la sovrana solitudine del consumo.
KK traduce Angelus Silesius - Foto Fabio Nardi
La mia morte s’allontana nel silenzio di un oceano
tanta superficie sarà specchio contro il vero
della perfetta inutilità
d’esser vissuta.