CDS: Lalo Libertario Nardi verso il Campo della Barra - Olio su tela, 1970
Karoline Knabberchen
LALO AL CAMPO DELLA BARRA
Al mio Fabio Nardi tornando dal piccolo Cimitero di Vecchiano dove abbiamo sepolto suo padre, oggi 12 giugno 1979, dopo la sua morte, a sera tardi, nel campo alla Barra della piana vecchianese.
Hai dipinto, a diciotto anni, tuo padre che va verso un’altra vita dopo che la sua vita terrena è finita al Campo della Barra. La data del dipinto è quella del 1970. Nove anni prima che Libertario Nardi morisse in questo giugno sotto ad un ulivo e tra le lucciole addormentandosi sul suo basco a sera. Così l’hai trovato.
Fabio mio, t’abbraccio nel dolore, piango mentre ti scrivo scoprendo e rivelandoti il segreto del quadro perché un giorno del marzo scorso - stavamo assieme da pochi mesi - tuo padre, a Vecchiano, da dietro le mie spalle mentre guardavo il dipinto, nel corridoio di casa, mi disse: quando morirò voglio una stagione campagnola così per andare dove sono atteso.
E mi posò la mano sulla spalla che m’intenerì. Non ti preoccupare Karoline, aggiunse, noi Nardi da generazioni abbiamo un mandala tutto nostro. Chi lo pensa, chi lo scrive, chi come mio figlio, anche a sua insaputa, lo disegna.
Nel mandala il vivo accompagna, segue, cura, il viaggio del morto. Nella sua impresa oltre la soglia. Che Lalo Nardi sia morto, lo dice la sua ombra. La gamba che avanza la rilascia sul terreno, quella che resta indietro no. La sua biografia virtuosa l’accompagna e sarai tu a scriverla negli anni che verranno con la tua dedizione filiale con il tuo mestiere d’artista religioso. So che lo farai. Lalo e io dopo di lui ti diamo questo compito. Sei l’unico a poterne sopportare peso e bellezza dell’enigma.
Non ti sorprendere se ti definisco artista religioso. Lo sei. Un giorno capirai quanto, e la forza del dono che hai ricevuto. Dono che ti mette al riparo da ogni mercantilismo. Da ogni scemenza che a volte combini. Sei un custode. E io ti amo, e tanto, perché chi custodisce intriso di Bene, anche a sua insaputa, tu quando dipingesti la Barra, lo fa per sempre.
Il camionista che se ne va a piedi verso l’eterno, nel giugno più colorato che tu potessi immaginare per lui, ci protegge e noi lui proteggiamo. L’arte in questa intesa non è estetica bensì Religione. Senza distinzioni tra libri che le codificano diverse. Senza differenze tra chi parte e chi resta proteggendone il viaggio. Ciò volevo confidarti di ritorno dal cimitero e l’ho fatto con una lettera che ti spedisco leggendotela da guanciale a guanciale mentre, nella notte che viene, piangiamo io l’uomo che con un canarino, lo ricordi Fabio il canarino in gabbia?, ci fece incontrare; e tu un padre che somigliava a un eroe da epica. (Karoline)