Karoline Knabberchen
ALCESTI IN PARIGI
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Poi come rivoltar stoviglie, un gran da fare.
La pioggia incessante di febbraio
ha scaraventato la terra nel più nero disagio
ed ora tutto questo rumore che riempie l'aria.
Nel bambino non esiste saturazione, penso
ogni attimo è sboccio:
anch'io cristallizavo e subito mutavo
pestando i piedi nel gocciolìo nero di pozzanghera.
Mia dolce sera e cielo teso
mia ovunque ma qui ora più che mai m'appartieni.
A nessuno piace morire, non faccio eccezione.
Sorrido ma nulla v'è di più angusto che deliberare
la propria fine, esserci oracolo e camminare
con palpebre ben disserrate.
Tutto questo darsi da fare che vi apparecchiate
sta tra la scusa e la rassegnazione,
ed è feroce come sempre lo è chi è vile.
Dunque traghettatemi. Ho il polso fermo.
Sarò nel nero tra un attimo ma questo cielo
mi sia dolce ancora per il tempo ch'è mio,
non mi sia tolto al vivere un solo secondo
né uno in più io desidero per me solamente.
Alcesti nel mito greco s'è sacrificata per il suo sposo, morendo al suo posto mentre tutti anche i di lui genitori si tiravano indietro. Verrà poi tratta fuori dall'Ade da Eracle. Karoline Knabberchen a Parigi con Fabio Nardi nell'aprile 1982 ne scrive una variante. (Claudio Di Scalzo)