WILHELM TRÜBNER
Testa di Medusa, 1891
Se poi dalle profondità, dal reale sepolto che giace sul fondale dei sogni, sgorgasse anche un rivolo di quella luminescenza stravolta, dapprima a comparire sarebbe la Pietrificatrice: perché avanti d’esporsi, la compagine romantica spingerebbe fuori il proprio trofeo sotterraneo, l’inguardabile infinitezza terribilmente fuoriuscita dal buco nero della coscienza umana.
La menano innanzi come una fiaccola di civiltà, e tutto s’avvampa improvviso in albore di pietra. È fiamma pallida, cimiteriale eppure vagula spande il suo verbo in tremore di foglia. L’orrido della lingua in guizzo ripara l’errore, la lontananza aperta dal primo virgulto romantico: è l’anguilla elettrica adagiata sul tagliere, umida ancora e sana, nonostante s’appresti la morte.
da
Karoline Knabberchen
AFORIE PITTORICHE 6
(a cura di Claudio Di Scalzo)