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Imbecillità con Morte

:: Claudio Di Scalzo: Salate lacrime - Sei una schifosa. Imbecillità con Morte XII
29 Maggio 2014

 

 

 

 

PREFAZIONE A SCHEGGIA

 

"Imbecillità con morte" è una scommessa narrativa e disegnata - aperta al corredo sonoro - che si è impennata e nutrita dal 2009 al 2011: nel senso che di anno in anno ne ho aggiunto e curato un tassello. Senza mai darle forma definita. Ora L'Imbecillità, escludendo per il momento la Morte, sia del protagonista, che non sono io, bensì Covato Poco, sia dell'autore che son io, conto di concluderla. La voce femminile appartiene a Salata Maretta. E rimanda a Sara.

 

 

 

 

 

 

Claudio Di Scalzo 

Imbecillità con Morte - XII 

SALATA SCRIVE, COVATO POCO FILOSOFEGGIA CON GODARD

 

 

 2

LETTERA CON TESTA SOTTO SALATE LACRIME 

Ne tengo conto delle lacrime, le numero una dopo l’altra, sono tante, nel cavo delle mani s’estendono come ansa di canale veneziano, ci ficco il capo lo dondolo, anfibio che si salva dal flagello della troppa aria, come mammifero che la troppa acqua del dolor d’amore annega. Salata Maretta, io son fatto così. E finirà male tra me e te! io lo so! Prima o poi mi denuncerai alla tua autorità morale di brava signorina e l’imbecillità eromperà portando chissà quale mortale condanna, per me, e chissà se ci sarà possibile resurrezione a seguire. Tutto sta in quanto ci divide anche se tu vorresti fortemente ignorarlo. Oggi per te, Covato poco si cova la sua filosofia. E tu, Salata guarda se ne rompi il guscio o lo lecchi, vuoi leccarmi?, o lo tiri nel muro perché sodo. Per veder se rimbalza nelle tue giornate ammaccato. Sono imbecille ma filosofico. Ti dico del canale tra di noi, e del ponticello di stecchini da denti del peccata mundi, che ci unisce. Tu vivi, vivevi, ri-vivrai, l’autocontrollo come gesso negli atti, la tua urbanità che impone comportamenti adatti nei fatti negli atti evita misfatti. Quanto ti pulsa nei ventricoli e dalle parti dell’ombelico e danza sulle puppine nella trina di camera fine - fatti dipingere fatti intingere fatti da me fingere! col disegno con la fotografia con il collage un colpo di colla e via! - le pulsioni finora le hai soddisfatte indirettamente in maniera poco evidente, con me sei approdata al pulsionale che diretto fa bene e non male, ma ti sta stretto perché non sei conformata per questo, tornerai all’urbanità alla politesse d’un tempo, con imbecillità ovviamente e morte, perché vedrai in me sol villania, ladroneria, finzione d’eros, uno insomma, covato poco, che s’abbandona alla disordinata affermazione di sé con la complicità di un’arte senza capo né coda né misura. In te, Salata Maretta, sia che tu stia nudetta accanto a me sia a passeggio nel Sestiere di Cannaregio, pensi che il naturale spontaneistico che covatamente molto espando su di te e nella nostra avventura sia non buono. Non sia Bene. Una radice malata da estirpare dal tuo petto. E l’estirperai anche se ti piace inginocchiarti tra le mie cosce, e poi giocar con me cavaliere che sente il dolce asprigno, da inginocchiato, salatigno della tua fica. La mia naturalità ch’hai scovato tanto poco covata, cioè non regimentata, rappresenta, essendo, in ogni atto unica, irripetibile, irreversibile nientemeno che il Tragico. Io sono il tragico greco.

 

 

Tu, Salata Maretta, sei adatta non all’originale delle pulsioni, anche se oggi mi scrivi disperata, e ti sforzi di diventarlo, sei covata per il simulacro: per l’originale no!, ti si adatta il simulacro del bene della ragione dell’ordine etico da dove è espunto il Kaos. Una sorta di falsità in buona coscienza che ti farà vivere tranquilla ma le stelle tragicamente evocate che poi diventavano fiabe frammenti versi non li avrai più. E se ne avrai nostalgia nessun attillato vestito in bontà abbottonato senza età ti proteggerà dal rimpianto, dalla riconosciuta viltà.

 

 

3

UN ANNO DOPO

SEI UNA SCHIFOSA  

 

                                          

 

 

Ti ricordi Salata Maretta quando ti scrissi la “lettera con testa sotto salate lacrime”? in risposta alla tua “Lettera con salatissima punizione imploro”? Ecco, ricordale, rileggile. Evocavo nella mia il simulacro. Oggi che in questo agosto veneziano ci ritroviamo, immaginami sdraiato sul selciato: fuori della stazione veneziana tra turisti curiosi e che io abbia appena ricevuto una pistolettata nella schiena dalla polizia perché tu mi hai denunciato. Tradito. E ti guardo dal basso, faccio imbecilli boccacce e muoio. Sono un simulacro. Sono la scena finale di “Fino all’ultimo respiro” di Godard. La covo poco, la rendo ripetizione. E morendo ti definisco per quello che sei: una schifosa. La tua urbanità, il tuo autocontrollo, il tuo rifiuto del tragico han ridotto a simulacro il nostro legame.

 

 

Allora tanto vale lo sia calcando un film celebre e lasciandone segno visuale sulla mia camicia che esporrò. Appena questa scheggia di film, per te, sarà concluso. E io rialzandomi andrò vivo da un’altra parte. E tu? Forse in cerca di un simulacro ulteriore. Il simulacro poi sta diventando telematico. Siamo nel 2000 oh bambinella. L’immagine prevale sul reale, sia tragico imbecille come nel mio caso, o comico e intelligente come nel tuo. La copia stravince sull’originale, le proiezioni impazzano, ma questa tesserina cinefila non te la scorderai; ti sei vendicata, m’han sparato perché m’hai denunciato, per la vergogna provata dopo aver scritto “lettera con salatissima punizione imploro”, hai tradito il patto, e sei morta. Salata Maretta, morta zuccherosa e schifosa. Hai ucciso la tua libertà non la mia. Che di fatto, mentre ti scrivo, e scrivo il finale di quest’opera chiamata “Imbecillità con morte”, sto andando nella de-realizzazione del sociale e del multimediale a scoprire se potrò in modo ancor covato poco e imbecille, tentare l'Imbecillità con Vita. Scavalcare insomma la Morte. Restare me stesso nell’originale - giocando in modo transmoderno nella ripetizione nel flusso del tempo - affidandogli questi ricci che diventan sempre più lunghi nel tempo corto di questa fine estate.  

 

 

 

Michel Belmondo doveva dire: sei una smorfiosa! Ma siccome viveva una storia d’amore drammatica lui tanto scherzoso gli era caduta addosso una relazione drammatica…e allora dice: sei una schifosa. Godard vedendo le sue smorfie di morente: disse…buona questa e grazie!  

 

 

 

(CDS - 2000. La parte precedente di "Salata scrive, Covato Poco filosofeggia con Godard", è stata pubblicata sull'OV in Imbecillità e Morte XI - Nel 2015 il romanzo illustrato verrà esposto in mostra - Ed a Chiara Catapano, che da anni è legata a me, a questo autore che s'inventa personaggi imbecilli rasentanti la Morte, dico che se non son finito male e nel male, se son uscito come Covato Poco dal simulacro per l'originale, ciò è dovuto al nostro incontro, al nostro amore che tiene accosto ai suoi giorni l'assoluto come certi fiori di pesco, a maggio, il vento che viene dal mare. E questo mare essendo molto narrativo e simbolico è insieme triestino e pisano)

 

 


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