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Imbecillità con Morte

:: Lettera con salatissima punizione imploro. Imbecillità con Morte XI
24 Maggio 2014

 

 

 

PREFAZIONE A SCHEGGIA

"Imbecillità con morte" è una scommessa narrativa e disegnata - aperta al corredo sonoro - che si è impennata e nutrita dal 2009 al 2011: nel senso che di anno in anno ne ho aggiunto e curato un tassello. Senza mai darle forma definita. Ora L'Imbecillità, escludendo per il momento la Morte, sia del protagonista, che non sono io, bensì Covato Poco, sia dell'autore che son io, conto di concluderla. La voce femminile appartiene a Salata Maretta. E rimanda a Sara.

 

 

Claudio Di Scalzo 

Imbecillità con Morte - XI 

SALATA SCRIVE, COVATO POCO FILOSOFEGGIA CON GODARD

 

 

 1

LETTERA CON SALATISSIMA PUNIZIONE IMPLORO

Covato Poco,… ti scrivo da questa notte dove sembra che ti sia portato via la chiave per darmi requie. E’ stata una lezione di “astuzia” la tua. Anche di crudeltà. Sei partito scherzosamente a parlare di cavalli e cavalle, la storia di come alcuni cavalli servono per “scaldare” la puledra… il cavallo normale e il cavallo di razza… che poi viene  a montare la vezzosa cavallina… miravi a sapere com’è la mia vita a Venezia… se ho o non ho il fidanzato… poi ti ho rivelato che quest’ultimo abita a San Francisco, che lavora come manager per un’orchestra, che lo raggiungerò ad agosto. Che forse lo sposerò presto…

Ho sentito la tua voce diventare tagliente e sprezzante:

Ahi ahi Salata Maretta… che ci fai qui al telefono con me, allora, … raggiungi il tuo manager teatrale!

E hai interrotto la comunicazione! Ho balbettato un semplice… Noo…non farlo. Nella cornetta.

Poi silenzio.

Se fossi stato vicino mi avresti scudisciato sulla schiena rapidamente denudata. Con un frustino per cavalline riottose. Si sarebbe scatenata la tua furia che immagino tremenda. Forse avrei dovuto subire qualche ulteriore umiliazione, di quelle che gli allevatori di puledri, a cui  a volte ti paragoni, fanno alle loro donne… aprono loro la bocca sempre come una cavallina e fanno suggere il loro sesso… per abituarle che l’ira si può trasformare in una forma di possesso… avrei succhiato? Perché tornasse il Covato Poco che mi tiene in cottura sulle braci della sua ingarbugliata e folle mappa? Perché non posso più fare a meno della tua presenza? Di questa avventura? Anche della tua cattiveria?

Avrai pensato che dopo la nostra conversazione io chiamo altrove, un altro uomo. Uno agli antipodi del tuo modo di vivere.  Un altro cavallo. Che scrivo dopo che a te ad un altro uomo, un altro cavallo. Con parole simili e dunque false in un caso o nell’altro.

Covato Poco cavallo di razza non può tollerare di star lì a scaldare i fianchi per un altro animale.

So bene che la tua arroganza nasce da una vita sgregolata ostile alle regole. So che magari hai altre compagne… altre donne … altre puledre anche più belle di me… ne ho trovato segno sul volto che ho carezzato… ma arrivo a pensare, illusa?, che era da decenni, dai tempi in cui forse portavi altri nomi, prima di nasconderti dietro questa ironica e astuta sigla di Covato Poco, che non stavi in legame con qualcuna come me: Salata Maretta!

Se non lo pensassi non potrei sperare che tu torni. Non è spavalderia inutile.

Anche nel modo minimale di un biglietto ogni tanto. Torna da me.

La tua voce, al telefono, non la sentirò più a notte lo so. Chissà per quanto.

Ero così coinvolta dalla nostra avventura Covato Poco! Che ti amo, te l’ ho scritto. Ma ora penserai che lo scrivo anche ad un altro. Che fingo.

Ma ti prego considera che tu un mese fa sei apparso nella mia vita, che seguiva i binari tranquilli di studio, letture consigliate nutrienti, fidanzamento, per scompaginare tutto! Le tue parole, il tuo modo di comportarti, i tuoi disegni astratti su carta e nei riguardi di queste spalle bianche,… mi hanno come strappato da quello che era consueto… non puoi chiedermi di cancellare tutto in un attimo.

Puoi chiedermi se ti amo più di ogni altro uomo al mondo anche se stiamo insieme molto, dopo un fugace incontro che mi ha travolta, al telefono, e non ancora in una casa, che s’affacci in una corte di Venezia… chiedimelo! io ti risponderò sincera.

Come lo ero giorni addietro. Vorrei tanto fossi qui, nella mia città, che questa tua astuzia notturna non mi avesse portato  a dirti di un altro uomo!  Accadrà ancora di vederti? di essere stretta ancora?

So che non accadrà! Sono punita e non ti fidi più. Per un selvatico come te a covatura ritardata come fosse un marchio, è un peccato imperdonabile essere saggiamente covata dal buonsenso. Imperdonabile? Che io abbia un legame, normalissimo, prima di te è così imperdonabile?

In questi giorni, nella tua voce, come in quanto mi hai scritto, la pianura che mi facevi "vedere" era la letteratura vissuta libera, corpo e pensieri, niente a che vedere con i letterati i critici i poeti soliti. I significanti pescati assieme in un vocabolario a me sconosciuto e mangiati crudi! erano parole che ci rafforzavano,… metafore e similitudine per i nostri corpi agili. Che bellezza! Contare le stelle nel bivacco dei sensi liberi e sapere che il mattino dopo sarebbero diventate frammento poetico, fiaba, fotografia, apologo,…e via e via e via ancora in avanti… tra l’erba alta dell’insensatezza scoprire che il romanzo dell’amore era possibile viverlo gioendo per una risata, una battuta, uno scherzo. Con che appetito mi gettavo sulla carne tagliata rudemente a fette nella locanda dove mi portasti…, ristoro a me veneziana sconosciuto per gli afrori che vi regnavano, per i cibi popolari da dividere con i pochi operai rimasti in città,… e la tua occhiata obliqua complice nel condurmi nella stanza affittata dalle parti dell’Arsenale… quando mi dicevi sssss, Salata!, sssss Maretta!, c’è la belva della Ragione là fuori… acquattati, giù, acquattati…e scampavamo il pericolo, ma il  tuo coltello era pronto… e il tuo premermi protettivo mi dava più piacere di qualsiasi altro contatto avuto in passato…

Ora ho perso tutto questo. Né so come potrò riaverlo. Sono punita.

Da questa lontananza forse irrimediabile ti scrivo,… mio caro e spietato Covato Poco. Torna a prendermi. Dammi indicazione come tornare indietro, almeno, se proprio non vuoi tenermi più con te. Dove mi hai condotta oltre gli steccati. Qui soffro troppo. Dimmi come tornare alla mia università alle mia scuola di danza per ballare decentemente una tango… al mio fidanzato senza sentirmi così cavallina normale da essere tentata di spezzarmi i garretti nelle pietre che vedo incombere.

                 Mi firmo bagnando il mio nome. E non è l’acqua del Canal Grande dove sono stata anche Sirenetta Salatina, sono lacrime. Tienine conto.

                                               Tua, nel tempo di un’illusione d’amore,… Salata Maretta

 

…CONTINUA

 


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