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Dalle Alpi allo Ionio

:: Nicola Lisi: La Crocifissione. A cura CDS
29 Marzo 2013

 
 
 
 
 
 
Nicola Lisi (Scarperia nel Mugello, 1893 – Firenze, 1975)
 

La Via della Croce, parte seconda.

 

 
 
 
"Patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso"
 
 
 
È forse tardi?
Perché tardi?
L’avete già veduto passare?
Chi?
Che cosa?
Il corteo. Lo domandate?
No.
Ma è partito?
Ve lo assicuro.
Vengo ora di là, dal Pretorio.
Non c’è più nessuno?
Nessuno.
O da che parte si sono cacciati?
Eppure era questa la via per andare diretti al Calvario.
Chissà mai perché l’hanno lasciata.
Vedi un po’ la gente che arriva.
Sapete dirci dov’è il corteo?
Di questo, appunto, discorrevamo.
E allora?
Forse i gran sacerdoti avranno voluto attraversare Gerusalemme da le vie più popolate.
Perché?
Il popolo non eccitato è pietoso.
Sei seguace del Nazareno?
Uno fra quelli che, sempre chiacchierando, dalla mattina alla sera gli andavano dietro?
Mi scambiate per qualcuno di voi.
Ehi, ehi, ti conosciamo.
Non sono io che chiedevo miracoli.
Macché miracoli: non ne parliamo.
Oggi tutti siamo concordi: perché mettervi a questionare?
Oh questo sì; però non c’era bisogno di condannarlo a finir sulla croce.
Già! Forse bastava isolarlo nel fondo di una prigione.
Impedirgli di far proseliti, con le sue solite parole strane.
Siete gente che vede corto.
Incapace di pensare al domani.
Bene! E’ da togliersi via di mezzo; dopo aver mostrato con la sua fine il suo errore.
Necessità dunque di esporlo al ludibrio.
Per strade strette, fitte di popolo.
Quali, fra tante, tu credi?
Se fossi indovino, già ci sarei.
Ecco. Vedi? Vedete? Dall’alto della città curiosi calano a frotte.
Ci fanno cenno di proseguire.
(Da lontano uno squillo di tromba)
Sentite? Per la discesa, appunto, dobbiamo pigliare.
Per la discesa si va all’acquidoccio.
Ancora un poco e saremo un sol gruppo.
Si va all’acquidoccio?
Sì: all’acquidoccio.
Non c’è da sbagliare.
Dove l’acqua, in inverno, arriva alla noce del piede.
Dove vanno i ragazzi a sguazzare.
Corriamo il rischio di non vedere.
Perché? Non capisco.
In quella viuzza due persone dalla finestre di fronte per poco non si danno la mano.
Che cosa vuol dire?
Vuol dire che non ci sarà possibile stenderci a fila lungo le case.
E allora?
Non c’è da starci a pensare: ci metteremo a un imbocco di strada.
Perciò ci conviene di essere in pochi!
Sei una persona pratica.
Hai chiare le idee.
Scusate, e quelli che ci stanno di casa?
Affacciati alle finestre.
Veri grappoli di persone.
Andiamo andiamo senza aspettare.
(Passi in dissolvenza e poi silenzio)
(Il dialogo ripiglia e in un crescendo di intensità diviene ansioso. Dalle finestre confuso vociferio)
Siamo arrivati.
E questa sarebbe la via cosiddetta dell’acquidoccio?
A me pare che tal nome si addica.
Persino in mezzo alla strada una buca ripiena di un rigurgito d’acqua.
Chi non voglia o non possa tirarsi da parte è dunque costretto a passar su quel sasso.
Oh, certo!
Che pensi?
Nulla.
Neanch’io.
Il corteo però non appare.
Guarda com’è vicina la svolta.
Quando lo vedi è subito giunto.
La gente affacciata, ecco, già si sporge dal davanzale.
Cessa il brusio.
Il trombettiere! Il trombettiere che avanza.
Ti piacerebbe, vero, prenderne il posto?
Egli è presente a tutte le feste.
Intendevo dire per l’occasione.
Meglio, meglio colui che lo segue.
Il banditore?
È il banditore? Mi piace come si veste.
O non lo vedi? Ha in mano la pergamena.
Per farne?
La legge ad ogni imbocco di strada.
C’è scritto di Gesù?
La sua condanna.
Ecco la doppia fila dei lancieri che affianca il corteo.
Ve lo dicevo io che non ci sarebbe stato posto in istrada?
Si fa presto. Il trombettiere e il banditore già son qui davanti.
(Squillo di tromba)
                
BANDITORE – Gesù di Nazareth, reo di aver turbato la pubblica pace, bestemmiato, violato le leggi, oggi stesso, assieme ai ladroni Disma e Gesma, sarà crocifisso sulla cima del monte Calvario.
Bella voce se ne compiace,
Si muove indifferente come se non avesse neanche fiatato.
(Scalpitio di cavalli caracollanti perché trattenuti a passo d’uomo)
E Gesù?
Forse per ultimo, fra i ladroni, gli arcieri e i soldati.
Quegli che passa ora è Pilato?
Sì.
Disinvolto, slanciato!
Su che bellissimo cavallo bianco!
Non più quell’aria stanca e dinoccolata di quando, davanti ai sacerdoti, ostentatamente, si lavava le mani!
La sua presenza in corteo farebbe persino supporre che possa essersi ricreduto.
O che tema una improvvisa rivolta del popolo.
Ecco anche lo stuolo de’ cavalieri.
Ad insorgere per il Nazareno stai pur sicuro che ormai non ci pensa nessuno.
E’ una volpe quell’uomo.
Ti sente. Più piano.
È bell’e passato.
(In dissolvenza il rumor dei cavalli)
Attenti!
Che cosa curiosa!
Chi viene?
Chi sono?
Come noi: gente del popolo.
Forse credete che non ci convenga la morte del Nazareno?
Che sia d’interesse soltanto per i sacerdoti?
Sovvertiva la terra col cielo.
Ci avrebbe sacrificato la vita nell’attesa di un regno celeste.
Invece a noi piace in terra: reale.
Barabba, barabba: per concludere, davvero qualcosa.
Eppure a parlarci mutavi parere.
Per questo, appunto, pericoloso.
Non so che effetto farà, tra poco, a vederlo, qui vicino, passare.
Semplicemente, da svergognato.
Ecco, guarda, un ragazzo con un mazzo di corde.
E quest’altro di appena sett’anni?
Che ha in mano, mi pare, un pacchetto di chiodi.
Certo.
Non sbagli.
E quello con la cesta in capo? Non so proprio come faccia a vedere.
Persino i ragazzi sono andati a pigliare!
Sta’ sicuro che essi medesimi si sono offerti.
Che spregio, allora, pel Nazareno!
Li voleva tutti per sé: uscito di casa, subito ne andava a cercare.
I ragazzi, è cosa vecchia, passano, in un momento, dal bene al male.
In questo caso dal male al bene.
Come tu vuoi.
Siamo qui assieme, ma non tutti, in fondo all’animo di uguale parere.
Gli adulti portan le scale!
Passano con gli occhi bassi.
Sembrano, a vederli, di una indifferenza glaciale.
Duro sempre più fatica a conservare la calma.
Io no; sto tranquillo.
Io di più: sono persino contento.
Questi in gruppo, che si tengono per la mano, sono i farisei, se non sbaglio.
Perché vuoi sbagliare? Ciascuno di noi ne conosce qualcuno.
Certo, siamo abituati ad incontrarli quasi sempre da soli ed immersi nella lettura del Libro.
E il giovanetto subito dopo?
Ha una tabella a lettere d’oro e, in un equilibrio di braccia e dis palla, sulla canna una corona di spine.
Leggi, leggi; io non sono istruito.
Ecco: “Gesù Nazareno - Re dei Giudei”
So come è andata. Pilato, caparbio, vuole la tabella in cima alla croce.
Allora una beffa per noi.
Che per ora ci convien sopportare.
E la corona di spine?
Anche di quella tu sai?
Pilato non c’entra. Ci hanno pensato i soldati.
In capo al Nazareno è già stata provata?
Credo di sì; ma tra poco dalla sua fronte vedremo.
Codesto giovanetto ha però gli occhi di buono.
Nipote di un gran sacerdote.
Toh! Sembrerebbe che con lui finisse il corteo.
Dalla svolta non viene più avanti nessuno.
Forse sotto il giogo procede a rilento.
Alludi a Gesù?
O a chi altro? A lui certamente.
Ecco che spunta una specie di trave.
Gesù, Gesù sotto la croce!
Ancora due legni dello stesso spessore.
I ladroni!
O che clamore dalle finestre succede!
Non ci resta che vedere ed ascoltare.
(Dalle finestre, grida indistinte e poi chiare in un susseguirsi rapido di invettive)
Ti sta bene.
La croce, eh sì!, ti pesa.
Falla, se puoi, diventare leggera.
Dalla vergogna il viso è rosso persino di sangue.
Macché vergogna e che sangue! Son macchie di vino.
Vero. È ubriaco, barcolla.
E voleva distruggere il Tempio!
La casa dei nostri padri!
Somiglia a un cane randagio.
A un barbone, sotto una grandine di bastonate.
Gesù, se ti riesce ad alzare una mano io, di rimando, ti porgo un cordiale.
Si meriterebbe, piuttosto, una manata sul capo.
Non voglio sporcarmi.
Fai bene; la sua testa è tutta un fermento di sangue.
I mazzieri!
I mazzieri che alzan le insegne!
Essi non vogliono sentirci parlare.
Silenzio! Silenzio!
(Ripigliano le voci di prima)
Quelle grida, troppe di un medesimo tono!
Ordinate dai gran sacerdoti.
È possibile che in tutte le case ci abbiano mandato qualcuno?
Possibile? È certo: in tutte le case almeno dove abitano famiglie già seguaci del Nazareno.
Allora questa strada n’è piena.
Nessuno mai, credetemi, potrà accusare d’imprevidenza il collegio dei sacerdoti.
Capisco che tu dici bene, però avrei bisogno di spiegazione.
In certi momenti basta un grido in un modo o in un altro perché prendano diversa piega le cose.
Tu pensi dunque che i sacerdoti si siano rassicurati?
Essi ora credono di poter mostrare la faccia a Pilato; perciò la filastrocca, immediatamente, a un comando è cessata.
Il nazareno fa ora uno sforzo da non durare.
Se in qualche cosa, come ne convengo, ha mancato, non bisognava davvero punirlo a quel modo.
Docile è docile, per cominciare.
Nel trascinare la croce il suo volto piagato, di tanto in tanto, rigeme.
State diventando pietosi.
Eccolo.
Pare che cammini un po’ più sicuro.
Ancora qualche passo e ci siamo.
Il ristagno dell’acqua.
Se resta nel mezzo, sarà costretto a salire sul sasso.
Si sofferma.
Abbassa la testa.
Ha visto l’ostacolo che gli si para davanti.
Anche i ladroni se ne sono accorti.
Tu dici?
O non vedi come lo seguono con la coda dell’occhio?
Uno ride.
Gesma!
L’altro che sembra parli a se stesso parla invece col Nazareno.
Disma!
Tu intendi quello che dice?
Dice: “Tu che sei innocente, fatti coraggio!”
Si meriterebbe che gli tirassimo una sassata.
Perché?
Perché non spetta a lui giudicare.
Ecco il Nazareno alza il piede.
Lo riabbassa.
Gli si piega il ginocchio.
Vorrei aiutarlo.
Provati e vedrai che cosa ti faranno gli arcieri.
Vengono. Sono qui dietro in un branco.
Schiavi e pagani!
Sta fermo.
Io dico che se si sviene è la morte.
Meglio per lui.
Si risparmierebbe la crocifissione.
Cielo! Cielo! Che cosa succede!
Che cosa?
Ma siete ciechi?
Gli arcieri stanno per lanciarglisi addosso.
Gesù l’ha sentito; non si sa come.
Ecco che si riprova col piede.
Non basta.
Su, su, un altro poco.
Lo punta, contro la pietra.
Il peso squilibrato della croce lo spinge in avanti.
Ahimé!
Ahimé non riesce, come dianzi, a rimettere il piede in piano.
Inciampica!
Inciampica!
Non si riprende.
Ora cade.
È caduto.
È caduto di schianto!
La croce addosso!
Tutto disteso!
Sembra annullato dentro la veste.
E il viso?
Mah! Appena la guancia.
Come si sarà ridotto!
Era già soltanto una piaga.
Non si muove.
È morto!
Anche gli arcieri trattengono il passo.
È vivo.
La croce, col suo peso, lo costringe sopra il selciato.
Tu dici che è vivo. Da cosa lo vedi?
Da una mano.
Dalla mano destra.
La muove.
Su quella, forse, per alzarsi vorrebbe far leva.
Si prova.
Non ci riesce.
Inutile sforzo.
Qualcosa ha fatto. Ne vedo il viso.
Aveva quand’era libero, dolcissimo viso.
Sembra quasi che voglia parlare.
Non dice niente.
Non ha più fiato.
Tre arcieri si muovon di corsa.
Ma cosa fanno?
Mentre che uno l’alza, l’altro gli sferra un calcio di dietro!
E il terzo?
Va dal ragazzo che porta la tabella e la canna.
Ne sfila la corona di spine.
La tiene sulle mani leggera.
Per farne?
Lo vedi?
Sul capo del Nazareno.
Gli sembrava patisse poco!
Per portare la croce dovrà inclinare la testa da un lato.
Si muove.
Sale sulla pietra.
Ne scende.
Il sangue dalla testa, a rivoli, sulle spalle.
Fantasia crudele!
Dolore amaro!
Gli arcieri tornano a posto.
Ridono.
Ridono tutti.
Più dentro che fuori.
Che cosa vuoi dire?
Non fanno come prima schiamazzo.
Son bell’e passati.
A guardarli assieme unico volto.
Ed ora noi dove andiamo?
Si domanda? In un altro posto a vedere ripassare il corteo.
Bisognerebbe scegliere un luogo più vasto.
Il corteo uscito da questa viuzza necessariamente anderà fuor di porta.
Davanti al palazzo di Caifa il viale è largo come una piazza.
Costretti come siamo a prendere un’altra parte, allungheremo molto la strada.
(In distanza lo squillo di tromba e poi la voce del banditore)
                       
BANDITORE – Gesù di Nazareth, reo di aver turbato la pubblica pace, bestemmiato, violato le leggi, oggi stesso, assieme ai ladroni Disma e Gesma, sarà crocifisso sulla cima del monte Calvario.
I popolani che assistono al passaggio del Nazareno sotto il peso della Croce sembrano ritagliati in un affresco del trecento. Hanno della calca l’incomposto guazzabuglio delle voci. Commentano la Via Crucis con acre sarcasmo e con sguardi cangianti nel dubbio. Il Cristo, il figlio di Dio, cade, versa sangue, agonizza martirizzato, si sacrifica in un vortice d’amore per quegli uomini che lo irridono o che, muti, permettono lo scempio. La morte accettata è la sommità dell’amore. E se il Cristo spira per amore degli uomini, l’uomo è chiamato a morire per amore verso Dio. Fra chi assiste al passaggio di Cristo, per gli ottusi commenti ascoltati, ci sarà qualcuno, lì senza voce, che comprenderà come la sofferenza sia la via per la purificazione. L’opera di Lisi è emblematica per capire, attraverso lo specchio deformante delle voci dialoganti, crude nel toscanismo medievaleggiante, che Gesù ha ricevuto la morte dai poteri civili e religiosi. Il Cristo è dichiarato, davanti alla sua chiesa, come falso profeta. Gesù viene condannato anche davanti all’autorità politica. Il Cristo è messo a morte dai poteri. A questa violenza Gesù risponde con l’umiltà e la sua sofferenza - nostra sofferenza di uomini - non rivela l’assenza di Dio verso di lui e verso noi uomini, ma la sua presenza d’amore.
 
 
Nicola Lisi scrisse La via della Croce negli anni 1943-1944. Tempi in cui anche le ombre temevano a rasentare le mura dei caseggiati. Eventi che necessitavano della coralità per essere raccontati. E magari anche di un illustratore d’eccezione, accadrà nel 1953, con Giacomo Manzù.
 
 
 

Claudio Di Scalzo

 

 

 
 

Da TELLUS 28: "CATTOLICESIMO" - 2007

 

 

 
 
 
 


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