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Archeologia Editoriale

:: Archeologia Editoriale: Jules Renard
17 Dicembre 2013

 

 

 

Archeologia Editoriale: Jules Renard

DIARIO

 

Si prova a volte il disgusto di scrivere al pensiero che si rischia di essere letti da tanti asini.

Se avessi talento, verrei imitato. Se mi si imitasse, diventerei di moda. Se diventassi di moda, passerei rapidamente di moda. È meglio dunque che io non abbia alcun talento.

Non leggo nulla per paura di trovare qualcosa di buono.

Balzac è forse il solo scrittore che abbia diritto di scrivere male.

Al contrario di Cesare io non sono il primo nel mio villaggio e non sono niente a Roma.

E scrivere è un modo di parlare senza essere interrotti.

Gli editori sono gentilissimi quando non si pubblica nulla da loro.

Illustre critico, comprendo molto bene la vostra critica. sappiate, ve lo dico tra noi, che nemmeno io piaccio sempre a me stesso.

Goncourt si lamenta dei tempi in cui viviamo. “Ormai occorre fare un capolavoro all’anno per non essere dimenticati”, dice.

“Cosa preparate di bello adesso, caro maestro?”. “Il mio testamento” risponde Goncourt.

Uno dice: “I miei libri si vendono: è segno che ho del talento”. L’altro dice: “I miei libri non si vendono: è segno che ho del talento”.

Un poeta nuovo. Tenete bene a mente questo nome, perché non se ne parlerà più.

Uno scrittore conosciutissimo, l’anno passato.

Lo so: tutti i grandi uomini, in principio, furono incompresi; ma io non sono un grande uomo e vorrei essere compreso subito.

Elogio funebre di uno scrittore. La metà di queste lodi gli sarebbero bastate quando era vivo.

Un nobiluccio di provincia mostra un vecchio ritratto di antenato che fu alle crociate. “A quale?” domando. “A tutte, credo”, risponde.

Voglio cercare di mettere in un libro tutto il mio villaggio, di farlo entrare tutto intero, dal sindaco al maiale.

Mia madre tossisce sempre, non perché abbia bisogno di tossire, ma per far sapere che c’è.

Gli uomini come mio padre stimano solo quelli che si arricchiscono e ammirano soltanto quelli che muoiono poveri.

Sarah Bernard ha l’aria intelligente ogni qual volta che ascolta qualche cosa che non capisce.

Quando beve con una coppia paga sempre lui, per avere l’aria di essere l’amante.

Sono un passionale per qualche minuto al giorno, ma nessuna donna ne approfitta.

È la più fedele di tutte le mogli: non ha infatti mai ingannato nessuno dei suoi amanti.

Se da una discussione potesse venir fuori anche una minima verità, si discuterebbe meno. Nulla c’è più deprimente che capirsi: quando ci si è capiti non c’è più nulla da dirsi.

La paura della noia è la sola scusa del lavoro.

L’uomo di governo, quando gli fu annunciato che la moglie era morta, chiese: “È una notizia ufficiale?”

È commosso e quando gli si stringe la mano la si sente molle e sballottante, come se fosse piena dell’acqua calda della sua commozione.

La vita non è né lunga né corta. Ha delle lungaggini.

So nuotare giusto quanto basta per trattenermi dal salvare gli altri.

Certi uomini hanno l’aria di essersi sposati solamente per impedire alle loro mogli di sposarsi con altri.

Alphonse Daudet è morto. Quando si andava via da casa sua, vi tagliava subito i panni addosso con quelli che non se n’erano ancora andati. Quando si era giunti in fondo alla scala, si aveva la sensazione di essere ormai completamente nudi.

Finalmente eccomi calvo. A cosa servivano o miei capelli? Essi non erano certamente un abbellimento e io ero per loro la preda di un essere ignobile, il barbiere, che mi alitava in faccia il suo disprezzo, e mi carezzava come un’amante, e mi dava degli schiaffetti sulla guancia come un prete.

 

 

 

 

NOTA

Uno scavo d’archeologia editoriale su Jules Renard. In edizione italiana. Edizioni Serra e Riva. 

“Jules Renard, un Maupassant da taschino”. Così amava definirsi questo straordinario autore, borghese e provinciale, che ha sempre imbarazzato la critica sottraendosi ad ogni classificazione. Renard, nato nel 1864 e scomparso nel 1910, elencato tra gli scrittori naturalisti minori (quando in Francia imperavano Flaubert e Rostand), ricordato dai più come autore di quel libro per bambini ma valido per gli adulti che è Pel di Carota: fu invece molto altro. Le sue esperienze di scrittura spaziano dalla concisione epigrammatica delle Storie Naturali, alla feroce e nevrastenica prosa, già irrequieta e protonovecentesca, de Lo Scroccone. La sua biografia si dipana dai salotti borghesi di una Parigi fin de siècle, dove per un certo tempo fu un letterato alla moda (amico di Toulouse-Lautrec, di Daudet, di Goncourt), alla campagna della Champagne-Ardenne dove nacque e dove fu cacciatore, ciclista, sindaco, podista, pescatore. Ma forse il Renard che piacerà di più ai lettori dell’Olandese Volante, è lo scrittore introverso, ironico, salace e ambiguo che emerge dal suo Diario e dal quale antologizziamo questi aforismi o brevi massime. (cds)

 

 


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