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Dalle Alpi allo Ionio

:: Vincenzo Cardarelli: Inediti con Duce. Dalle Alpi allo Ionio
05 Novembre 2013

 

 Dalle Alpi allo Ionio – Geografia letteraria regionale

 

 

Vincenzo Caldarelli

POESIE DI VIA COLA DI RIENZO 28

INEDITI

 

1

Autunno, sei vecchio, rassegnati...

Autunno, sei vecchio, rassegnati.

Sii qual s’addice alla tua età senile.

Lascia alla primavera i suoi capricci,

all’estate i furori,

e accompagnaci a lenti e dolci passi

verso l’inverno. E’ questo che vogliamo.

Poi che la vendemmia è finita,

le rondini partirono,

spoglia è la terra e siamo stanchi, intendi?,

siamo spossati, Autunno.

 

2

Se una creatura è un libro da studiare...

Se una creatura è un libro da studiare

tu non sei che un brogliaccio,

un caos di appunti e di ricordi

un miscuglio di cifre e di parole.

Felice chi s’orienta

nel tuo presente,

chi riesce a scoprire il tuo passato.

Sol la tua sorte è indubbia,

la tua cattiva sorte,

poi che non parli che per ingannare,

essendo in te qualcosa che rifugge

da ogni vera espressione

 

3

Addio poesia, va pure...

Addio poesia, va pure

tutto fra noi è finito

 

4

Viene il giorno. Spossato...

Viene il giorno. Spossato

e morto di fatica.

 

5

Tuono d’aprile è voce puerile...

Tuono d’aprile è voce puerile

di cucciolo che non morde.

Batte il tamburo alla primavera.

 

6

Si racconta d’una donna...

Si racconta d’una donna

che voleva confondere il Diavolo.

Lo invita di notte a casa sua.

Tutta nuda si fa trovare

piantata in mezzo alla camera

come bestia quadrupede

e tinta di nero.

Della chioma s’è fatta una coda

che non pende sul culo ma sul capo

sconvolgendo le leggi di natura.

Fa sembrar che abbia il viso

dove invece ha il deretano.

Maliziosissimo animale!

Entra il diavolo e vede

tra lusco e brusco

quel mostro inaspettato.

Gli gira intorno, lo esamina

per ogni verso ben bene

lo guarda da vicino da lontano,

aguzza l’occhio lo apre

sbuffa e risbuffa, riempie

di fumo tutta la camera,

ma non riesce a capire

che razza d’animale sia.

La donna nel frattempo

non poteva star senza ridere,

ma rideva sotto la coda

e il diavolo ingannato

si spicciava a turarsi il naso.

Durò un pezzo la storia.

Nessuno de’ due mollava.

Ché, posti in un intrigo,

non si (sa) chi è più tenace

la femmina o il demonio.

Il Diavolo comunque si stancò.

Era pien di dispetto e brontolava

tra sé e sé come tuono.

“Non ti conosco, bestia, diceva

ma bestia sei e brutta a quanto pari.

Tienti questo ricordo”. E in così dire

ficca il dito di fuoco

là dove a lui pareva fosse l’occhio

del ciclopico viso.

“Non ti conosco, aggiunse, ma ti sguercio”.

La donna mandò un grido.

S’era sentita friggere e bruciare

in tutt’altro luogo.

Non la vista avea perso,

scherzando, in quella parte,

ma l’onor del pelo.

 

7

Batte il tamburo, suonan le campane...

Batte il tamburo, suonan le campane,

urlano le sirene. E’ l’adunata.

Siam tutti al nostro posto,

ai Tuoi ordini, Duce.

Mai ci sentimmo a te così vicini.

Mai fummo così ansiosi

d’ascoltar la Tua voce di Titano.

Voce ch’è come il vento nella selva

o il fragore d’un fiume inabissato.

 

8

La volontà del Duce...

La volontà del Duce

piegò le prime incertezze.

Ma poi come il grano

matura ad un tempo,

in ogni punto,

la guerra parve a tutti ineluttabile.

Miraggio infinito,

l’Africa, il Tropico,

le terre da conquistare,

le strade da aprire,

le foreste da abbattere.

E un richiamo tremendo, irresistibile,

quello dei morti d’Adua e di dogali,

che saliva pian piano, inconfessato.

 

9

Gli sgangherati tuoni...

Gli sgangherati tuoni

d’autunno son degni dell’ora che passa.

Anatemi d’un dio che non è il nostro,

tempeste risibili

d’un mondo che crolla.

E’ l’ultimo brontolio

del Dio capitale al tramonto.

Senza vergogna la nera alleanza

dei mercanti di schiavi e di diamanti,

va freddamente incontro

alla propria ruina,

sperando di umiliare

un popolo orgoglioso

del suo...

... …

 

10

Son gli italiani un popolo...

Son gli italiani un popolo

non di filosofi,

ma d’uomini d’azione.

Sbagliando imparano.

E questa è la loro storia.

Siccome vuol natura

che si ami chi ci odia

e in chi ci tradisce

si ponga fede,

così facciamo noi.

Non giudicammo gl’inglesi

eredi di Roma?

Non abbiam noi versato il nostro sangue

per il bel suolo francese?

Or d’Inghilterra e Francia conosciamo

la gratitudine.

 

 

 

L'AUTUNNALE  POETA  IN AUTUNNALI  CAMERE IN AFFITTO

Il poeta scrisse queste dieci poesie ospite della famiglia Paolini – ne girerà tante di famiglie facendosi ospitare in case amiche o in alberghetti trasandati – e sono state conservate perché la proprietaria della casa ha amorevolmente salvato dalla dispersione questi versi. Oggi si trovano presso il Fondo manoscritti di Autori Contemporanei dell’Università di Pavia, il meritorio Fondo fondato da Maria Corti. Caldarelli è un poeta obliato, poco letto, consegnato ormai agli specialisti. Anche questi inediti sono curati immagino da studiosi e studiose per illuminare poi dalla cattedra universitaria il laboratorio di un vecchio poeta disilluso e straniato da tutto. Le dieci poesie hanno alcune lo splendore del diamante e altre, la maggioranza, la mediocre consistenza del carbone, guarda caso di nera approssimazione, come per i versi dedicati al Duce, alla propaganda, e al demonio spinto ad interpretare la volgare misoginia del poeta. Poesie brutte, non tanto per la dedica, ma perché retoriche ed al livello di quel superomismo da burletta che circolava fra i devoti dell’inventore del fascismo. Versi brutti, intendiamoci, come tanti dedicati dai poeti sovietici a Stalin. Se poi pensiamo che nello stesso periodo, all’incirca, Montale scriveva “Il sogno del prigioniero” e la “Primavera hitleriana” possiamo operare anche qualche confronto e convincerci che la dedizione ad una poesia eccessivamente intimista o con la vocazione continua alla prosa d’arte sul proprio io, ancorché con il cappotto pure in estate, può condurre a qualche cantonata. Di stile, prima che politica.

L’autunno + rassegnazione è però una poesia molto bella, quasi una contrazione coloristica di tutto il caldarellismo! E così i frammenti. Le altre poesie possiamo prenderle come un sussidiario degli equivoci in cui cadde la cultura italiana fedele al regime. Se chi aveva scritto versi simili fu poi visto con sospetto dai nuovi intellettuali che si riconoscevano, dopo la Liberazione e nel 1946, nei Vittorini, era una conseguenza difficilmente sanabile.

Il titolo è, ovviamente, opera della Redazione e chi cercasse Caldarelli nel Fondo ricordato si dovrà affidare alla semplice voce: “Inediti”.

 Claudio Di Scalzo


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