GIOVANNI BOINE IL 2 MAGGIO 1917
con cravatta adatta a quanto doveva sentirsi dire
e/o
La cravatta di Boine senza moine
Giovanni Boine muore il 16 maggio 1917 a Porto Maurizio. In questo maggio è il centenario della sua morte.
Nel ritratto Boine indossa la cravatta con la quale chiederà di essere sepolto. E che davanti allo specchio gli si rivolge sul tema dell'amore e della religione. Scrivere il 2 maggio di "Giovanni Boine muore" mi è costato molto. Le mani tinte di rosso e inchiostro potrò lavarmele; il me stesso che mi ha dettato il racconto non potrò mai candeggiarlo in qualcosa che somiglia alla pulizia. (cds)
GIOVANNI BOINE MORENTE
(2 maggio 2017)
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Giovanni Boine il 2 maggio si veste di tutto punto. Giacca camicia cravatta. Sta a malapena in piedi. Vive scisso nei pensieri e nei muscoli che lo sorreggono. Il ceppo inutile del male conosce lo scalpello del legnaiolo che lo "schiappa"!, ancora penso come un contadino di Lucca!, ma perché!?, in due parti. Da una parte il vissuto reale dall’altro un’allucinazione più collosa del sangue che sputa del muco che gli cola dal naso più liquido del sudore giallastro stampato dalla sua testa sul guanciale. però ora davanti allo specchio può confessarsi. Su quanto tiene di più conoscere. Perché è un fallito in amore. Intanto con la letteratura a complicare ogni legame è stato inaffidabile. Poi non ha inteso che esistono tante forme d'amore, e non solo quella da lui proposta, e detta amore assoluto, uno scherzetto ereditato dai soliti romantici tedeschi maniaci di quanto non si consuma! piuttosto la morte! e inni alle nuvole come teschi in cielo e follia in torri ridotti come trucioli di falegname nei pensieri e nelle parole balbettate; che assurdità averne auspicato il calco su donne, almeno due, e ne pensa il nome e subito ne cancella l'eco nei volti, da me incontrate in fila, prima l'una poi l'altra, per mancata sintesi hegeliana a menoché non sia, sintesi dopo la tesi e l’antitesi, questo me stesso barcollante e scalzo; s’accorge di stare a piedi nudi sulle pietre del pavimento, mentre incravattato si guarda e scuote la testa sopra una musica mortale. Ascoltandone le stonature rumorose. Ma cos’è che sul petto ballonzola? Guarda meglio e la cravatta sembra lui. Come curioso omino a gambe divaricate. Che sbatte i piedi sulla stoffa della giacca. Sembra un impiccato. E difatti da giorni Boine gorgoglia frasi come un buco dell’acquaio intasato. Inintelligibili. Batte l'omino la musica del disperante baccano non più suono melodico che oggi vivo. Parla la cravatta omino Boine e dice che lui, si proprio te allo specchio, te morente e quel te stesso apparente, ti prego cravatta risparmiami le rime sceme!, sei solo senza nessuna donna accanto perché non hai mai riconosciuto se non il tuo dolore in amore e mai quello di chi amavi come superiore al tuo, sul rivelato amore infierivi con la tua cultura intellettuale nutrita di grandi arpeggi decadenti o romantici. Peccato colpa espiazione: inarca un po’ di protenstantesimo in una lettera non spedita e pareggiati con qualche sant’Anselmo d’Aosta in qualche altro telegramma non consegnato e poi sbandierara il tutto dal tuo reggimento di dedizione sempre non inteso!,… ma dico signor Boine morente ormai maculato e ardente dal fato, ti rendi conto che sei un grullo - com'è che uso il vernaholo pisano? - di letterato e che tra la vita reale e l’amore c’è sempre stato un dannato iato?
A quel punto Giovanni Boine si strappa dal colletto la cravatta ballerina metronomo a rovescio e la stiracchia. L’omino defenestrato dal collo tossente si lamenta debolmente. Boine allora lo tiene in palmo di mano come fosse un uccelletto. Lo macchia col sangue. Uno sbocco improvviso. E la stoffa debolmente, gli dice: scherzavo mio buon poeta, in amore hai compiuto tutto quanto potevi dare a chi amavi. Se sei stato inaffidabile se hai strozzato idee in chi amavi è stato il prezzo della malattia mortale che vivevi anche da sano, figurati oggi!, virata nella letteratura. Non bisognerebbe mai scrivere neppure un rigo dedicato all’amore mentre lo si vive. Se lo si fa. In qualche modo prima o poi lo si sminuisce, lo si tradisce, lo si uccide. Se tu l’hai fatto ora muoi con quanto scrivesti. E di più, credimi, non potevi fare. Di più non puoi fare per scontare la colpa. Ti chiedo una cortesia, mio poeta, voglio stare sulla tua camicia, come cravatta nella bara. Perché soltanto tu potevi farmi parlare. E dell’amore addirittura. Me lo concedi?
A quel punto Giovanni Boine si siede sul bordo del letto e comincia a piangere sommessamente con la cravatta sulle ginocchia. E il 2 maggio 1917 è trascorso.