:: Karoline Knabberchen: E cosė via... picciola filosofia - Singolarmente viva singolarmente morta - Morte frutto mai del tutto maturo - Tre poesie in terra di Belgio |
Quando il cielo si pente di esistere le foglie degli alberi nella luce lunare si piegano contrite. Come peccatrici sull’altare muto dell’amore sfiancato da illusioni vare. In queste ore dove tutto mi manca fuorché il sogno della mia filosofia. Una frode bellebuona, ammetto. La mia pensosità emana corpo lustro dita ferme sulla penna. I personaggi della letteratura funzionano nella filosofia come funzionari erotici. O teologi senza Dio. Qualcosa di simile a un refrain che dice “tutta per me questa illegalità del pensare”. M’insegnarono a sospettare del prossimo, a detestare il materialismo, la geometria che non distingue i lati, a immaginare la Morte che sta sui comignoli delle baite esile come fumo; ho imparato da sola a giocare a mosca cieca con la prassi mentre mi sfiora l’insetto del suicidio; a ricamare il festino del sapere che prende sonno quando il cielo si pente di esistere e così via. Ninna nanna ignobile e volubile. Preghiera nell’atto di risucchiare capelli; spandere saliva sul fiore racchiuso nel buio; spalancante nudità sul confine taciuto che arde catene. Quando il cielo si pente di esistere e così via. I personaggi letterari celebrano l’amore filosofico con me. Mi esortano a donare monili della contraddizione del furto. Ogni interprete che mi leggerà l’ho deposto nella stoltezza in anticipo. A chi oggi mi ama, in questa notte che m'obbedisce e in quelle che verranno senza di me, se dovessi andarmene, capire quanto fossi penetrabile con la maschera filosofica su prosceni di letteratura. Quando il cielo si pente di esistere e così via. SINGOLARMENTE VIVA, SINGOLARMENTE MORTA Scoperta fondamentale che Karoline Knabberchen, io sola devo morire, non c’è qui altro Io. Tra me (Io) e l’altro c’è una differenza assoluta: io muoio, lui mi manca, la sua morte è il mio stesso morire, ma, alla fine, solo io mancherò a me stessa. Il primo piano incerto del mio mento gelido; la luce innaturale sulle mani di cera; il nome staccato dalle iridi spente dalle labbra sigillate dalla gola disertata dalla voce. Deposta. Offerta per la memoria di altri. La tua, anche, Fabio, che galleggerai nella mia andatura cancellata. Da qui in avanti sempre sbaglierai il tiro della nostalgia, pure delle mie spalle nude, son certa. MORTE FRUTTO MAI DEL TUTTO MATURO Siccome sei il coro della notte con la tua presenza, sul terrazzino, dove fumi sigarette francesi, ancora vedrò con te il giorno. Nostro ritratto nello specchio della lingua comune. La morte è un frutto mai del tutto maturo. Stasera con le unghie incido ogni corolla chiusa sotto la luna. Ho Bevuto. Perdonami. Non dare importanza a questo Diario… Fabio. Al massimo lego le scarpe a Lawrence d'Arabia a Ernst Jünger che idearono la riflessione filosofica in questa forma. Ma siccome forma in italiano rima con orma… sappi che seguo preda cucciola i miei cacciatori. Mi salverai con una foto? Mentre suggo nella tana quanto mi metti sotto al naso come latte sarcastico? “Lascia perdere Karoline un esteta della guerra attratto dalla statuarietà degli arabi ed uno scrittore filosofeggiante con l’elmetto?" (K.K. Belgio, febbraio 1984)
TRE POESIE IN TERRA DI BELGIO ° Tanto inutilmente arroventata cosa devo togliere alla vita perché mi nutra? Piccola viltà sul fondo del giardino – chiasmo interiore – ineffabile astratta filosofia sulla traccia della lumaca: striscio lecco bava: non credo alle cose che amo per stare eretta.
°° Fiele in armonia col miele : amarezza scoprire che il Bene si maschera d’illusione se per calcolo o prudenza sbagli a chi donarlo.
°°° Tiene in pugno il mio destino essendo briciola la regina del formicaio. Appronto qualche sofisma; pago ogni debito, anche nel sesso, scelgo il falso garante del tuo sorriso soddisfatto. Nella radice che ami ti accampi. La disegni ne scrivi la fotografi. Riuscisse a me in filosofia supererei Kierkegaard e Schelling insieme.
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