:: Claudio Di Scalzo: Il Pazzo morente scrive a Neera. Con notizie su Bambinaccio e la poetessa d'Engadina. Partecipazione di Wild Bill Hickok - Tu sei pił importante. Post scriptum finale (1361 visite) |
Lapide di Paolo detto Il Pazzo SONO GIUNTO CON VOLO SOLITARIO A UN BATTITO D’ALI DAL NIDO DEL TUTTO. E DA TUTTO CON BATTITO D’ALI SOLITARIO SENZA ABITARE NIDO SONO VOLATO VIA. VERSO LA MIA MORTE VERSO ALTRA VITA. E VITE.
Hai presente il sangue al naso? che mi sgocciolava un anno fa, dopo che partisti senza dirmi né beh né bao stattene nell’ahio! senza spiegarmi, Neera, da vicino o al telefono l’atto tuo discretamente psicotico verso la “nostra barberia”! …. ricordi il sangue al naso che doveva essere il solito a goccia calcolino… non è affatto così… è un tumorino che in testa da tempo mi sboccia!!… e ho un mese si e no! di vita tra dolori fortissimi e medicinali in vena per un minimo attenuarli e insieme rimbecillirmi tra tende nere, come il tuo nome, della camera dove l’umidità saccheggia i libri che mai lessi neppure da sano,… e allora con le forze residue ti scrivo una lettera su carta con inchiostro nerissimo e con l’Aurora 88 col bocciolo d’oro della Prima Comunione. Quando, allora, nessun Dio m’assolse dai peccati fatti e nemmeno da quelli futuri visto come ho vissuto e come l’amore s'è spettinato in me. La Prima Comunione del piccolo apprendista barbiere. Del piccolo cattivo grande monello con la fionda che non ha mai ucciso né uccelletti né persone che amava come tu, dandoti il ruolo d’uccellina di donna innamorata di mia vittima, t’intesti per giustificarti, poeticamente ai tuoi occhi. Sei tu la fronboliera scheggiante mio naso e cuore e poesia da barbiere mai scritta. Altroché. Scrivendoti questa lettera, io che non ho internet né alcun tipo di i.Phone (un amico mi fa vedere alcune "pagine" sul suo, e così ho scoperto le tue imprese di poetessa in eletta schiera di ben pettinati aspiranti alla fama internazionale! ed è stata aspra medicina!) o di pc portatile o fisso, capirai che ho letto il tuo libro volatile, dal titolo “Vicende alate”, con sottotitolo “Ornitologia da nido ontologico”, appena stampato presso minuscolo editore, non più grande d'un capello di calvo; intenderai, Neera, che ti ho letto anche sorprendendomi per l’attenzione che dedichi al barbiere pennuto, e siccome sto tìrando le còia prendo delle contromisure sul nostro possibile reincontro. Da te vaticinato nel racconto filosoficamente alato. Non mi garba affatto il seme di miglio che spargi coltissimo, tanto che ne ho capito soltanto il senso all’incirca. Ma bastante. A consigliarmi di starne alla larga. Partiamo dalle fondamenta dell’acconciatura sulle nostre teste. Quando mi trovasti, raggiungendomi nella barberia del paese di Nodica, ad un km da quello di Vecchiano, sulla scorta di studi che tu, giovane poetessa, compivi su certi fantasmi d'autori ribelli, cercavi un vecchianese matto, come me, “Bambinaccio”, si chiamava, si chiama!, mio fratello d’elezione. Che si era suicidato nel 2004, a Marina di Vecchiano, affogandosi, anche se han scritto per pietà verso la sua famiglia ch’era annegato: figurati lui marinaio scaltro con barca e nuotatore provetto se poteva annegare per un po’ di libeccio sull’onde: volle raggiungere il suo grande amore, la sua donna, suicidatasi, venti anni prima - dalla quale parimenti eri coinvolta per la sua misteriosa esistenza in poesia e sentimentale e manciata di frammenti letti - in un posto lontano del Nord Europa. Ci sono amanti e amori che “non scadono come il latte”, mi disse il compagno Lalo padre di Bambinaccio. Com’è accaduto al nostro, Neera, e che tu, col tuo racconto o poemetto ci aggiungi una confezione, una scatola di ricami, una bara?, dorata per incartarlo, ma incarti, vuoi rendere poetico, quanto è diventato rancido, veleno, al massimo yogurt!, ti piace lo yogurt? Mi trovasti e ti diedi qualche notizia sull’artista Bambinaccio che non gliene fregava niente della carriera letteraria (e probabilmente ricordi come gli editori a lui interessati fossero stati Feltrinelli Sellerio Einaudi. Editori che i tuoi amici e amiche venderebbero la propria madre, affamati di fama come sono, per pubblicarci!), salvo qualche apparizione sul webbe allora ai primi elettronici movimenti... per ricordare il suo amore perduto. Tu, Neera, mi dicesti, conoscendo il pistolero sopravvissuto, me, sorta di Wild Bill Hickok selvatio dai lunghi capelli, che fuggivi le consorterie letterarie, ne ho schifo, di sapienti che tosano le pecore poetiche per ricavarci i propri cuscini su cui adagiarsi sultani, mi dicesti così!, e materassi sui quali "farsi le poetesse incaute" in cerca di sapienza poetica da imparare. Mi descrivesti un inferno che non conoscevo. Non son poeta né scrittore, ma barbiere di talento e narratore orale. Ma che Bambinaccio a volte mi aveva evocato coi suoi meandri ridicoli e malvagi con varie perversioni intellettuali di contorno. Che lui disprezzava e prendeva in giro: ne fuggiva e così la sua poetessa d’Engadina. T'innamorasti, certificando in poemi - rivelatisi finzione poetica esercizio letterario bugia sopraffina - che ho buttato, dopo il 10 febbraio 2017, ai cinghiali in pineta perché ci facciano tana per i piccoli, il tuo grande amore per il barbiere Paolo detto Il Pazzo. Giungeva la Natura, mi dicevi, nella tua vita, il cacciatore di frodo, il giocatore d’azzardo, il cattivo rissoso che conosceva vizi banditeschi, che ti chiavava dannatamente per ore, in qualsiasi posto che fossero le dune di Marina di Vecchiano o le piazzole d’autostrada o gli antri dei palazzi lucchesi o sulle poltrone scassate d'un cascinale. Che non aveva, tue parole, necessità di citazione colta per dare l’abbrivio al cazzo sconsideratamente colto e a volte moscio. Godevi e ridevi col barbiere detto Il Pazzo. Spensierata. Ti raccontavo storie misto vernacolo. Ascoltavo le tue sopra un'infanzia e adolescenza "segnata" anche nello sgomento nel dolore come la mia. Come quella di Bambinaccio. E scrivevi gioiosamente, e io intendevo la tua poesia, perché c’ero con te dentro. Sarà questa scrittura soltanto per noi due, mi dicevi, come lo è il pesce che peschi, la folaga che cacci di frodo, le ciocche di capelli che mi tagli, cortissimi, per avere la mia testolina sul petto, mischiata ai tuoi capelli lunghi da eroe greco. Scriverò come faceva Bambinaccio, che li rese personaggi da tragedia e commedia popolare, sopra mio padre marinaio in Adriatico mia madre casalinga con parenti emigrati in America. Mi sussurravi incantandomi. A niente servono le mitologie artefatte copiate dalle antiche civiltà compresa la Grecia!, affermavi decisa. Poi a quest'ultime sei tornata. E i tuoi genitori e parenti son rimasti senza poesia. E sono arrivati versi dalla città sulle nuvole da un bimbo che s’addormentava come me tra litigi adulti: Scavi baratro di luce così – preciso con l’urlo di pupilla nel mio cielo infantile (Neera per Paolo detto Il Pazzo) Ero felice. Tanto! Capivo anche perché la poetessa svizzera aveva così tanto amato il suo Bambinaccio. Perché lui dopo averla perduta suicida voleva morire perché non è sostituibile un amore simile. Dove sei amato per la tua naturalità e spontaneità e non per le parole che al massimo sono il profumo di una bella pettinatura di un bacio lungo come dalla riva all’orizzonte. Intendevo con te la Poesia come non pensavo mai d’intenderla. Avrei dato la vita per te. Tutto quanto possedevo era tuo. Neera. Tu mi dicevi che eri la regina di ogni acconciatura dell’essere. E anche se capivo a metà, seppi che lo spirito l’anima il nocciolo profondo mio, tanto matto e cattivo un tempo, era stato da te reso bello, dolce, un gocciolino poetico. Avrei dato la vita per te se me l’avessi chiesto. E guarda invece cosa mi hai fatto!
Che cosa potevo opporre io barbiere detto Il Pazzo a questo tuo “ritorno all’ordine” gerarchico? Che non volevo comando su di me. Sempre a pari. Anche con Bambinaccio mio fratello e la sua svizzera fidanzata. Il sangue al naso poi tumore, potevo opporre! Nient’altro! Ricordai vagamente che un giorno, a Parigi, con Bambinaccio e la sua dolce poetessa d’Engadina, lei disse che Noi, appunto il “noi adatto” a me singolo e con due amici della mia stessa pasta, davanti a un quadro di Picasso ambientato in Grecia con il re dell’ebbrezza e nella festa d’amore, disse la poetessa svizzera che eravamo come dei Dionisi. Il suo Bambinaccio lo chiamò Tafano matto di Dioniso. Eravamo poeti in questa maniera. C’era l’amore e l’amicizia in totale darsi. Sarei stato per sempre amico di Bambinaccio e loro in coppia si sarebbero amati anche se separati dalla morte. Senza bisogno di essere nominati intellettuali di pubblicare libri di venir riconosciuti poeti in antologia. Io, Paolo detto il Pazzo, sono comunista. E morirò comunista. Come ha fatto Bambinaccio annegandosi per amore. Sono contento di morire perché in un mondo dove anche le artiste come te, Neera, cambiano casacca per un libretto da pubblicare dopo essersi professate rivoluzionarie… è un mondo dove non voglio più vivere! Ne ho nausea. Ora hai inteso perché è giusto non ritrovarci più in altre vite!? L’amore assoluto per me necessita, Neera, non di abiure verso il comunismo e l’anarchia, bensì della sua coerente cura e accrescimento. La intendi, Neera, la legge della poesia matta che riguarda me Il Pazzo e Bambinaccio? Essa non necessita di teoria. E per questo unica. Che rifiuta la gabbietta dove cantare rinchiusa da qualche esaltato "ingabbiatore" frustrato per cantare sola e in comitiva. Ti sei fregata da te stessa. Lo ricordo Neera, perché non ho tempo da perdere con i colti sapienti poeti capaci di riassumere tomi di filosofia proponendosi loro come sintesi superlativa di tutti!, senza farla tanta lunga, come barbiere detto Il Pazzo, ricordo che appartengo a quel quadro picassiano con i miei due perduti amici nel mare annegati in date diverse ma nel tempo stesso accosto in un legame invincibile. E proprio perché tu un legame così non sai neppure dove stia di casa (seppure mi scrivessi, per esaltazione letteraria, che "La nostra chiesa posa su roccia inscalfibile", essendo invece, tanto per restare nell'ornitologia da banco: guamo e merda alata destinata a fertilizzare la tua carriera ontologica) nell’umano, tutta la tua poesia è falsa come i dipinti pompier che illustravano una Grecia mai esistita. E che Picasso scardinava dionisicamente. Per capire quanto ti scrivo, per scoprire, io ignorante, cosa sia tu con la poesia dopo di me ripudiato barbiere,… bisogna morire. Oggi col sangue tumore al naso questa è una morte meno dolorosa. Di quella da me vissuta un anno fa. Accettabile, accettata. Proprio così, sono morto il 10 febbraio, a leggerti. Perché il barbiere Paolo detto Il Pazzo, da illuso, come sai, Neera, ha firmato e creduto, aveva firmato aveva creduto, a tutto quanto avevi portato, nella mia vita strampalata cioè,... che ci eravamo già incontrati e amati in altre vite, che somigliavo Modigliani per i suoi stravizi e follie estetiche e tu a Jeanne Hébuterne; a un certo Boine ligure per i suoi furori e struggimenti e per come si rapportava alle donne. E secondo te, Neera, Jeanne avrebbe lasciato solo nella malattia il suo Modì?, per buttarsi tra le braccia di una teoria estetica dove chi la divulga usa un mazzo truccato di carte per sbaragliare avversari poeti e farsi osannare da adepti e adepte? Jeanne si buttò dal quarto piano sul selciato! E il loro amore entrò nella leggenda. Più importante di qualsiasi dipinto e parola! E il poeta Giovanni Boine, ne ho letto la biografia, cosa avrà provato a morire in un maggio di salsedine, solo e senza un atto di misericordia da parte di chi diceva di amarlo, con la sua tisi e il sague sui lenzuoli? Nello scritto ornitologico mi incolli le piume di uccelletti feroci e sgraziati nel canto. Non ci ho capito nulla nei richiami filosofici. (Salvo che del filosofo danese scrisse Bambinaccio e la sua compagna d'Engadina in materia di scelta della Croce; l'han vissuta ambedue, per vivere l'amore, unico, che conta. Di più non so!). Ma in quello della Taccola storpiante il bello, nella coppia, scrivi che “segnò l’impossibilità nel concreto (ma non la fine) d’un amore assoluto”; e allora ho dedotto che tu pensi di rincontrarmi in un'altra vita. Ebbene, io Paolo detto il Pazzo, questo vorrei evitarlo. Per me. Per te. Lo ripeto. Il nostro amore assoluto non lo era ed è finito. Ed era possibile si realizzasse se tu non cercavi una poesia che negava il tuo amato barbiere! Il Pazzo e Neera a Marina di Pisa.
Quando lei gli giura che lo prenderà intero. Compreso il male e la follia che l'agitò! Come mi tradiresti in altra vita? Come mi tradisti nel passato prima di questa? … e sarò sempre un barbiere? Nel passato magari mi avrai tradito per uno o un gruppo che vendevano lozioni e profumi e articoli di bellezza, estetica insomma, decantati come unici!, che li produceva producevano dandoti responsabilità nel prodotto e sua diffusione? Nel futuro io barbiere mi tradirai per raggiungere una rivista di matematici con me che conto con le dita?
Neera, veramente, voglio morire senza lo spavento di rivivere quanto mi hai “donato” l’anno scorso. Il 10 febbraio. Con me barbiere rimasto solo come cane da fiuto a cui avevano buttato pepe nelle narici… appunto dove mi sarebbe scoppiato il male mortale… ma perlomeno venirmi a trovare, che fra l’altro in quei mesi sei pure guarita dai tuoi malanni - bastava una sosta di poche ore sulla direttrice tua per Roma verso i "laboratori poetici" - e dirmi a voce, guardandomi, Paolo detto Il Pazzo, me ne vado a vivere un‘altra esistenza. Sono stati intensi gli anni assieme ma ora devo vivere altra esperienza con coloro che sanno di lingue varie che viaggiano non soltanto sul Serchio o a Marina di Pisa o a Vecchiano o sulle Mura di Lucca… confrontarmi, intridermi, mischiare versi con intellettuali e amiche che scrivono come me. Con linguaggi sopra la medietà in giro. Pubblicare. Ricevere recensioni. Farmi conoscere autrice. Nel tuo libro indori, imbelletti il tutto della nostra vicenda, appunto, con questo linguaggio che cresce dove sei capitata. Veramente non voglio rincontrati in un’altra vita! Il tuo amore era piccolo o se vuoi non abbastanza grande; se ne ricavi, ammesso sia possibile, un’ornitologia vasta come poema bellissimo da Premio Viareggio… sarò contento per te, se questo cercavi. Ma non puoi a me, l’unico a questo punto che sa la verità, dare a intendere il contrario. Che son io ad averti ucciso con la fionda del monello-grande. No no!… avrei dato la vita per te… lo riperto... intontito dalla morfina... altro che ucciderti… eri mi avevi detto la ragazza che saltava i fossati selvatica e che, anarchica e libertaria, disprezzava gli intellettuali che mirano a dominare l’essere e il sesso di riferimento con la cultura… lascia perdere il proposito di amarmi ancora!, non so che farmene di un amore siffatto,… se l’avessi inteso prima, che bastava una “lettera molto calorosa” una “musata” in versi ritenuti sublimi, sarei campato anche più a lungo. E poi appunto sono un Falco e per spezzare il mio volo ci vuole il colpo di fucile impietoso del destino non un'allodola che ha cercato un nido dopo l’altro per avere, illudersi di avere, la poesia sulle piume e nel canto e disposta, per questo miraggio inutile, persino a liquidare un amore detto assoluto con telegramma brevissimo colmo di stop. Al Barbiere di Nodica detto Il Pazzo! Dammi retta. Fattene una ragione che magari sei brava e competente a scrivere ma che in amore, certamente quello per me, sei stata, toh, non t’offendere, una quaglia. Pennuta. Con salto all'indietro. Non certo un’alata e tragica e poetica uccellina. L’umoristico, non offenderti vale, come il tragico se una, te per certo, non sei portata a viverlo capirlo scriverlo; probabile per te sia adatta la commedia, l'operetta … così riunirai il tuo essere al tuo corpo alla tua vera personalità. Sono gli atti che contano. Neera. Non li puoi mica cancellare con poemetto voluto d'alto linguaggio e lignaggio o grazie a prosette con attorno spropositate prefazioni e postfazioni (da restituire alla coltissima studiosa così come lingua si passan le scimmie in gabbia sugli organi sessuali esposti) e stampa a inchiostro ed elettronica. Dentro di te lo sai! L’atto verso me è stato miserando!, squallido, un addio da tre lire, da un euro, un euro tutto un euro! gridano i venditori ambulanti a Marina di Vecchiano dove andavo a pescare, ecco il tuo amore è da un euro… tutto a poco! compreso contorno d'estetica! C’è anche la mancia per me barbiere detto Il Pazzo. Che muore e che in altre vite gradirebbe non incontrarti perché son sicuro, fesso come son fatto, ancora mi fregheresti con qualche bella parola, atto simbolico teatrale, tipo la tua mano sul mio petto spellata che scalda e salva il mio petto dal male che mi fecero e da quello rivolto a te adolescente e giovanissima donna, detto il "patto baluardo San Colombano di Lucca", o altri gesti che poi scordi simbolici e che per me valevano più del respiro… meglio che ognuno viva la sua eternità: la mia per certo scema e la tua intelligente ritenuta alta, direi ontologica. Che ganzo scoprire questa Verità con un tumore addosso e il sangue al naso,… se accettavi di essere scema come me il nostro amore sarebbe stato eterno, e, probabilmente bello salvando, esso amore, due scemi amanti.
Lo sai perché Wild Bill Hickok fu ucciso? Non lo sai di certo! Sai tutto di teoria e poesia e filosofia e citazioni e non sai della morte di Wild Bill! Wild Bill giocando a poker non dava mai le spalle all’ingresso del saloon Giocava con le spalle alla parete. Così vedeva se qualcuno entrando avesse avuto intenzioni di sparargli. Quando quel giorno, il 10 febbraio, desideravo giocare tu mi indicasti il saloon. Mi hai detto stai tranquillo, Paolo detto il Pazzo, siediti. Inizia a giocare. Smettila con l’assurda cautela di sederti con le spalle alla parete. Dalle all’ingresso. Che poi io entro e ti abbraccio mentre giochi le spalle e ti bacio la fronte e carezzo i lunghi capelli che da barbiere dovresti almeno tagliare le doppie punte. Ti ho creduto. Sei entrata e come il vigliacco Johnn McCall mi hai sparato alla testa. il trafiletto telegramma del 10 febbraio! Nessun libro a posteriori, Neera, può cancellare questa tua scelta! Ecco, Neera, fai conto che il pistolero tradito e ucciso abbia non le carte, dette “le carte del morto” due assi due otto, ma questa lettera che leggerai. La mano del morto di Wild Paolo Pazzo. Questa lettera che ti avrei detto a voce guardandoti negli occhi se tu non ti fossi nascosta da me senza poterti raggiungere, ti farà lo stesso vedere le mie pupille scure la mia fronte il sangue del naso con la morte la stessa mia voce udrai seppure ne negasti il tono in ogni telefono con le segreterie innestate muro; questa lettera ti rivelerà che sta morendo l’uomo, da te ucciso, che più hai amato e ami nella tua vita. Che cercherai in altre vite! Il nido disertato il suo cuore Pazzo! Tanto da vaticinare nel tuo libro pubblicato di rincontrarlo. Non sarà possibile! gli amori vivono nel cerchio eterno se c’è la fedeltà a quanto è per sempre. Le uova che deponi sono malate hanno troppe parole nel tuorlo. Nessun uccelletto poeta poetessa può nascere con troppe parole. Ne rimangono soffocati. Se ti tocchi la gola anche tu hai un groppo di pianto. Ecco piangi. Piangi Neera! e se il pianto diventa rosso hai toccato il male che mi uccide. E un po’ di poesia ancora la potrai vivere. Ma lontano da me! Il tuo libro pubblicato, Neera, si sforza poeticamente in prosa di rivelare il tuo passato e il tuo presente. Nelle arti nell’amore. Dalle mie parti, Neera, visse un grande scrittore che scrisse libri fondamentali, altro che i tuoi amici coltissimi, sugli equivoci piccoli, il nostro è stato un piccolo equivoco, con una passerotta che ambiva a diventare usignolo e con un rapace matto come me, un falco in cerca della carabina poetica che lo uccidesse scopertosi fratturato. Ucciso invece da un trafiletto postale. Del tutto impoetico. Brutto. E poi, pur non essendo smaliziato in cose letterarie come te e i tuoi amici, ti scrivo, ti rivelo, col sangue al naso, che sei entrata, Neera, in un perfetto gioco del rovescio col tuo libro scritto e pubblicato. Tu hai scritto il tuo passato con me in amore e follia, ed hai rivelato il tuo presente. Ma è il tuo passato che ancora desideri. Mentre il tuo presente, composto della sostanza nei rapporti poetici e sentimentali che ti fece ammalare un tempo, è il tuo passato: fatto di gerarchica sottomissione, dove sei ed eri imbeccata con parole a te inadatte e alla lunga superficiali e inutili. Intanto i becchi liberi che mangiano cosa vogliono, volando dal nido, frutti insetti erbe granaglie, non puoi più conoscerli. Vivi a comando d’alimentazione e di volo. E questo sia il mio ultimo gioco di animale pazzo vivo che nella morte trova volo senza freni. Come il Falco, oh mi è tornato a mente il poeta, si chiamava Robinson Jeffers! Addio Neera!
... non restava che imposta miseria POST SCRIPTUM: PAROLA LUCENTE NEL SUO VOLO SEMPLICEMENTE INFINITO Te sei più importante, mi disse Bambinaccio. Te sei più importante, disse alla poetessa svizzera. Te sei più importante diceva lei al suo Bambinaccio. “Te sei più importante”, poche parole, ma salvarono l’amore assoluto il bene infinito. Questo il linguaggio degli ultimi, che ha riflesso nel Vangelo. Poche parole ma che non scadono nel tempo terrestre e in quello dell’eternità che ci è dato vivere. Ti rivelo come nacque questa espressione, Neera, rendendo necessario il post scriptum del Pazzo morente. Quando Bambinaccio, scrittore Feltrinelli e corteggiato da Sellerio, a Vecchiano doveva incontrare a cena, nel giorno, autori magari con decine di libri e giurati al Premio Viareggio, in casa dell'autore del Sostiene Pereira, quando un brindisi un’amicizia un’intesa pure una scopata può significare un libro pubblicato, una presenza in TV, recensioni amiche sui magazine… se lo chiamavo al telefono per andare a pescare lucci e tinche sul Lago di Massaciuccoli-Puccini o andare a caccia di cinghiali lui sceglieva l’avventura con me. A volte lo facevo apposta per metterlo alla prova. Se poi gli chiedevo perché veniva con me lasciando i grandi autori e autrici ed editori (che pure stimava per quanto avevano ideato, e ricambiato per quanto da lui ideato e nascosto, perché sputtanarli ognidì come fanno i tuoi pseudo maestri è da frustrati invidiosi e basta!) a cena in Piazza dei Cavalieri senza di lui, rispondeva sorridendomi, non lo scorderò mai, Neera questo suo sorriso, era identico al mio: “Te sei più importante!”. Se la sua poetessa stava dolorante nelle ossa, nelle febbri, in Engadina, lui passava ore al telefono da Vecchiano, con la prolunga alla cornetta, si sedeva sul dondolo scorniciato del giardino sotto la magnolia, a due passi dal cancello verde canto il pino, e stava con chi amava. Se Lei gli chiedeva perché non fosse in giro a distrarsi un minimo, lui rispondeva: "Te sei più importante!" E poi si buttava in branda lieto senz'altri desideri che non dire: "Buonanotte Lalo, al padre morto, buonanotte Canarina d'Engadina" prima d'addormentarsi. Ho sempre ritenuto questo suo atto d'ogni notte la sua poesia più grande! E la sua amata Canarina d’Engadina se lui la invitava a raggiungere il letto a prendere i medicinali a non sforzarsi a parlare che le costava fatica, lei rispondeva “Te sei più importante!”. E prima di salutarlo, temendo di essere ascoltata da sua madre che osteggiava Bambinaccio e il loro legame, lo salutava con “Grazie grazie grazie”. Tradotto “Ti amo / e sarà / per sempre”. Spero tu abbia inteso cos’è l’Amore per me, Neera. Ho tanto sperato che anche tu, una volta ricevuti gli inviti redazionali di cui niente sapevo, mi raccontassi tutto… dicendomi: “Te sei più importante!”. Non è accaduto. Ciò è nascosto nel tuo libro. Nessuno mai conoscerà quanto qui scrivo. Ma tu ora sai che si può anche scegliere di dire “Te sei più importante!”. E questo è il volo e il canto più bello di qualsiasi volatile. Credo la poesia allo stato puro. Adatta se mai l'avessi ricevuta a essere capita e custodita, in questa vita e nell'altra, anche da un povero barbiere matto come me. Oltre la morte in altre vite, ove vado solitario, senza più rincontrarti, come recita la lapide che ho dettato. Addio. Lapide di Paolo detto Il Pazzo SONO GIUNTO CON VOLO SOLITARIO A UN BATTITO D’ALI DAL NIDO DEL TUTTO. E DA TUTTO CON BATTITO D’ALI SOLITARIO SENZA ABITARE NIDO SONO VOLATO VIA. VERSO LA MIA MORTE VERSO ALTRA VITA. E VITE. |