:: Accio e Sara Cardellino: Il destino scritto dell'Averla. In difesa di Karoline Knabberchen nel 35° della morte il 20 agosto 2019. La punta dell'iceberg.



Karoline Knabberchen in Val Bregaglia 1979 - Foto Fabio Nardi
(Foto ritrovata da Sara Cardellino - luglio 2019 - nella soffitta del cascinale vecchainese di Accio)




Il 20 agosto 2019, nel 35° della morte di Karoline Knabberchen (1959 - 1984) alle Isole Lofoten, pubblico come “Punta dell’Iceberg” questo racconto con post-fazione di Sara Cardellino, perché alla figura tragica della fidanzata di Fabio Nardi, è capitato, capita, dopo il 9 gennaio 2017, di essere “usata” contro la volontà dell’autore che sono riguardo al Canzoniere di KK, in un sito dove si pratica prassi e teoria estetica e politica che ritengo insultante per me i miei morti  miei personaggi  generi temi, e, in ogni caso, non riguardante quanto fu pubblicato sull’Olandese Volante (2012-2017).

La tecnica della narrazione in "Il destino scritto dell'Averla" è un gioco rovesciato. Chi entra nella mia vita e pensa di servirsene come fa il cameriere che traversa i tavolini disponendo bibite servizio al cliente portando via mancia e stipendio andando, poi, a servizio d'altro gestore di bar entra nel rovescio in ombra del mio libro e ci resta come piega a qualche pagina per segnalare giorni infausti: tempo buttato via, come i 5 anni dell'Olandese Volante. Perché nel libro che non pubblico le pagine in rivelata custodia - anche letteratura? anche estetica? - sono quelle che riguardano chi amai e amo: Karoline Knabberchen e Sara Cardellino: e sono per chi mi diede bene cura rispetto. A me alla mia vicenda politica a Lalo alla Nada e, all'immortale amata (per una volta uso anch'io un rimando ma non a scrittori poeti filosofi bensì a Beethoven) Karoline Knabberchen.

 


KK sorridente a Sils Maria Engadina
(Foto ritrovata da Sara Cardellino - luglio 2019 -
nella soffitta del cascinale vecchainese di Accio)



 

Claudio Di Scalzo detto Accio

IL DESTINO SCRITTO DELL'AVERLA.

In difesa di Karoline Knabberchen nel 35° della morte il 20 agosto 2019

 

Dopo la nostra separazione non ho più scritto un rigo. Ero poetessa. E quando lessi nella rivista dov'eri diventato redattore - senza neppure il garbo di comunicarmi la tua scelta - che mi definivi “poetessa geniale” dato che trafficavi costì con personaggi palesemente da me inventati - forse per senso di colpa verso l'uso e ripudio del nostro legame forse per accreditarti in frequentazioni di alto livello avendo io pubblicato presso grande editore - capii che non solo dovevo smettere ogni rapporto con la poesia e la scrittura per nausea, ma anche perché se una donna che scriveva come me spinge un poeta a questa blandizia mista di isterica recita proprio è miserabile nelle arti qualsiasi cosa abbia ideato.

Cosa sono lo scopro nell'Altro che si specchia in me. La deformità che ravvisavo in te era la mia stessa deformità nella parola nell'essere. Lo specchio non dovevo romperlo, ti avrei ferito senza darti alcuna verità su cosa eri su cosa ero. Semplicemente lo abbandonai. E siccome era incorniciato di parole queste mai più le ho evocate. Come poetessa.

Mi sono dedicata, monaca, ai segni sulla sabbia.

Stamani un'averla s'è posata sui sassi, uno è rosso, che stanno al centro del cerchio sabbioso dove intingo la canna di bambù.

Un'averla.

Ho ripensato agli erbari ai poemetti d'ornitologia a un poeta ligure morto di tisi al mio assurdo comunismo sui quali scrissi tanto per poi abbandonare tutto nel materno cascinale pisano e giungere qui tra questi altissimi monti.

Mi sei tornato in mente o meglio ho ricordato che una volta mi chiedesti di scrivere un'interpretazione sulla tua poesia, bramavi che la critica spiegasse a te ai lettori, con teoria superlativa, cosa avevi compiuto scrivendo; che sopra i tuoi versi ritenuti importanti scendesse il suggello dell'accademia.

Mi fece sorridere questa tua richiesta. La pensai veniale peccato d'esuberanza che poi avresti superato, anche perché mai ho scritto qualcosa che somigliasse a critica letteraria o filosofica su altri testi. Rifiuto ogni gerarchia. La sabbia è orizzontale e così i segni su di essa. Non è un caso stamani che l'averla si sia posata sul sasso rosso, in alto, invece che zampettare sulla morbida sabbia. Quell'averla sei tu!

Ti rivedo dopo anni, quanti saranno?, di un lontano gennaio che mi sospinse a questo monachesimo felice. E siccome l'ultima volta ci incontrammo a Trieste e, non essendo più poetessa, ricorro alla poesia di un triestino dedicata alla moglie, per darti la mia interpretazione di te, la penso adesso necessaria, perché quanto scrivo vale per un ex marito che si sente ancora legato a me, citandomi, nelle note biografiche che usa pubblicando.

Tu sei come l'averla in scrittura. Entri nel nido d'altri, sospingi chi l'ha edificato tra le spine o lo becchi fino a farlo morire, e poi nomini quel linguaggio tuo e prendi ad adornarlo da solo dopo averlo imitato in coppia. Questo è il tuo Destino. Io da qui vedendoti lo so. Ora che sono un'aquila becco lo specchio, lo rompo. E questo male più non esiste non essendo mai esistito.


 


Sara Cardellino nel rosso velluto di Schubert
il 20 agosto 2019


CLIKKA

Accio-Cardellino: In difesa scritti di KK

 

Sara Cardellino

IL POVERO MUSICANTE SEGNA LA SABBIA

Hai scritto, con "Il destino dell'Averla", quanto è definitivo sopra un tempo della tua vita segno sulla sabbia che il vento cancella. Il segno non esiste più. La saggezza l'ha accettato, indossando saio monacale, riconsegnandolo granello di sabbia dopo che la punta della canna destino ne segnò l'apparizione con il solco. Il racconto, nel gioco delle parti evocate nei suoi scambi con reale e finzione, consente al tuo essere che ebbe varie posture di riconoscersi in cercati finali sopra quanto scrivesti che per te è sabbia. Su di essa vedo riuniti nelle loro impronte il Tragico di Giasone accanto ad Argo dalla chiglia sfondata che accetta il fato; le figure cristologiche del “Bambino sulla sedia” costretto a recitare a forza poesia e del monello “Bambino sull'argine” che accettano irrisione e aquiloni rubati; il ragazzetto che gioca ai banditi sull'aia interpretando i tre sparati a tradimento Jesse James Billy the Kid Wild Bill Hickok; l'adolescente che chiamato “Grande Accio” imita le gesta del “Grande Meaulnes”; il selvatico giovanotto zingaro Heathcliff che ama e odia Catherine; l'Olandese senza età che accetta il naufragio del veliero maledetto Olandese Volante perché ha trovato Senta.

Stamani, in questo cascinale di Vecchiano, dove i personaggi hanno dimora, mi chiedo quale di questi debba abbracciare. Ne scelgo uno ideato da Grillparzer perché tu, Povero Scrittore di paese, me lo ricordi: “Il Povero musicante”. Spero il drammaturgo consenta alla flautista d'abbracciare il musicista che senza conoscere la musica lo stesso l'ha suonata col suo violino scordato. L'ho intesa. La intendo pure sopra il giardino di sabbia dove apparvero segni che lo fecero soffrire mutandone, però, per sempre la sorte e la mia con lui.