:: Claudio Di Scalzo: Chamfort e Boine. Dal Nocciolo frutto al fagiolo costrutto. Ovvero Archeologia letteraria dal CARTEVANEGGIO.


"Chamfort Crisantemo vittima del Terrore robespierrista" - CDS





Claudio Di Scalzo

 CHAMFORT E BOINE. Dal Nocciolo frutto al fagiolo costrutto.

Ovvero Archeologia Letteraria dal CARTEVANEGGIO


 

Giovanni Boine

 MAXIMES ET PENSÉES DI SÉBASTIEN-ROCH NICOLAS DE CHAMFORT

 

 (Per il 106° della Morte di Giovanni Boine il 16 maggio 2017 sull'OV tolgo dallo STAGE una tessera di quello che per me è il CARTEVANEGGIO ovvero il CARTEGGIO smisurato di GIOVANNI BOINE. Qui come tradusse CHAMFORT e come lo comunicò ad un devoto amico. L'illustrazione per le MASSIME/CARTEVANEGGIO stesa su pagina dedicata al Crisantemo dalla rivista CASA IN FIORE per Chamfort nel Terrore della Ghigliottina e quella per BOINE nel Terrore della Dea ISIT, TISI, mi sembrano adatte. Tante altre tavole sono nel cascinale nei PC, forse le pubblicherò, anche per rendere ancor più plastico quando ideai per il centenario nel 2017 a corredo dei ripubblicati DISCORSI MILITARI; e prima ancora negli anni dell'università. Impara l'Arte e mettila da parte!)

 

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Si è felici o infelici per le cose che non appaiono: non si dicono o non si posson dire.

 

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Meglio esser seduto che in piedi, esser sdraiato che seduto; ma di tutto ciò, meglio esser morto. (Proverbio indiano).

 

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Pregiudizio, vanità, calcolo: governano il mondo. Chi non conosca per regola di condotta che ragione, verità, sentimento, quasi niente di comune ha con la società, dove in sé stesso cercare, trovare, per intero quasi, la sua felicità.

 

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Ci son false somiglianze di carattere che ravvicinano due uomini: per qualche tempo li uniscono. Ma cessa l’inganno a grado; e, gran stupore di trovarsi l’un dall’altro lontanissimi, quasi per quelle medesime cose che parevano prima unire!

 

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Tormentati a lungo, fatti stanchi dalla acutezza della nostra stessa sensibilità, ci si accorge infine che è meglio vivere giorno per giorno; - di molto scordarsi; - la via succhiarla man mano fluisce.

 

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Non raro veder anime fiacche le quali credono sollevarsi al di su del loro stesso carattere frequentando anime di più vigorosa tempera. Ma nascono da ciò ridicoli contrasti, come se lo sciocco la prenda a spiritoso.

 

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Chi troppo lega felicità e ragione, esamina, cavilla per così dire il suo godere e non ammette che i piaceri delicati, infine li perde. Il materasso, a troppo scardassarlo, s’assottiglia: da ultimo dormi sulle assi.

 

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La speranza è un ciarlatano che c’inganna senza posa. Quanto a me, perduta la speranza trovata la felicità. Sulla porta del paradiso, volentieri metterei il verso che Dante mise sulla porta dell’Inferno: lasciate ogni speranza o voi che entrate.

 

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Si crede dal comune che l’arte di piacere sia l’ottimo mezzo di far fortuna: sapere annoiarsi è arte ben più efficace (redditizia). Così per “riuscire” con le donne.

 

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Vivere è una malattia di cui ogni sedici ore il sonno ci rifà; ed è palliativo: il rimedio è la morte.

 

(Nicolas de Chamfort, Maximes et Pensées, ch. II)

 

 


Giovanni Boine nel Terrore portato da ISIT - cds

 

 

 

DALLE LETTERE DEL CARTEGGIO TRA GIOVANNI BOINE E GUSTAVO BOTTA

 

A Gustavo Botta (Porto Maurizio, 11 marzo 1916)

(…) E Chamfort… Chamfort dove sta? Inoltre, e ciò è più concreto, non è mica facile tradurre codeste massime, o almeno molte, piene come sono di fatti e d’allusioni, senza che perdano d’interesse e della vivacità che hanno nel testo. Potrei farlo se fossi con te e per gioco: qui da me non m’arrischio. A meno che tu non me lo consigli. Avevo l’edizione del Mercure: non so chi se l’abbia a prestito ora.

 

 

A Gustavo Botta (Porto Maurizio, 29 marzo 1916)

Caro Botta,

aperta la tua lettera ruppe pel cielo un gran tuono. Tuon di maggio (di marzo).

Pensa che stavo per mandarti un altro saggio di traduzione inamidata. Difatti questo Chamfort scorre via, anzi è spesso trascurato: metterlo in stile aulico è ridicolo. Traducendolo me ne sono accorto. Se mandi gli esempi tuoi li incorporo: sceglili in ultimo per risparmiarmi doppi. Presto! Non ricorreggerò queste cose. (…)

Questo Chamfort s’intende che sono le Massime solo. Rifacendolo si penetra: ed è profondo davvero.

Sai che Schopenhauer lo cita spessissimo. Anche d’avermelo consigliato ti sono riconoscente. (…)

 

 

A Gustavo Botta (Porto Maurizio, 14 giugno 1916)

Caro Botta,

son sempre vivo sebbene appena. L’ultima tua lettera m’avvisava che entravi in caserma.

Le forze m’abbandonarono così, che anche alle traduzioni che mi procurasti non mi riuscì di pensare. E sono tuttavia più che mai in miseria. Ultimamente una bronchite m’ha finito di disfare. Vorrei salire in montagna e lassù rimettermi, ma per salire bisogna aver guadagnato e per aver guadagnato prima esser salito. Che è un curioso giro, da cui non potendo uscire sto lì inerte quasi sempre steso nel mio letto, mentre l’afa riempie l’universo.

Non disse né mandai più nulla a Notari. Avrei dovuto pel maggio dare il Chamfort. Se lo mandassi prima della fine di giugno? Il contratto non è mica rotto da questi ritardi proprio involontari e forzati? (…)

 

 

 

 

 

TOGLIERE AL BOINE FRUTTO NOCCIOLO SEMINARLO FAGIOLO 

Tra migliaia di lettere dell'oceanico CARTEVANEGGIO del poeta - pubblicato nel 1977 a cura di suor Eugene Scalia e Margherita Marchione - macchiate di sofferenze per la tisi, e qualche schietto lampo d’impalpabile gioia, capita di trovar delle rarefazioni - nutrimento? - che qui stazionano, sono i fantasmi delle ricorrenze boiniane. Così, nell’appressarsi della sua morte, i più rari slanci d’affetto sono per l’amico musicologo, Gustavo Botta: il Botta è tra i rari che ancora tenteranno per l’amico, durante la logorante sua-guerra trincea con l'editoria che l'accerchia e lo taglieggia miseria, qualche approdo a sporadiche collaborazioni con giornali: per articoli e traduzioni.

I Moralisti francesi, abbandonati quasi del tutto dai letterati e studiosi italiani tra le due guerre, e poco considerati anche prima, erano ancora (oppure è il caso di dire “già”?) linfa per pochi. Da questo scambio sappiamo che Boine leggeva Chamfort in francese, nell’edizione del Mercure (Oeuvres choisies de Chamfort, Paris 1882), e che v’era gran preoccupazione per la qualità, un’etica per così dire, della traduzione.

Di Chamfort certo Giovanni Boine doveva avere apprezzato il taglio-bruciante-vita, ch’era simile all’esperienza sua, per quanto riguarda gli uomini, i rapporti tra essi, le donne in realtà in pensiero, la possibile reciproca comprensione. Poi era scoppiata la guerra.

Sull’Olandese Volante abbiamo iniziato a presentare, attraverso documenti originali, lettere, testimonianze, la figura di Boine letterato, pensatore, poeta, uomo. E ancora vado meravigliandomi di quanto s’è sconfinato, parlando di lui in questi decenni, in territori così lontani; se sconfino egli ci chiedeva, era dalla parte opposta, e forse non si sarebbe stupito di apprendere che ancora cent’anni dopo egli sarebbe rimasto uno sconosciuto; che il suo “esser uomo fino in fondo” l’avrebbero scambiato per altro; che gli avrebbero tolto il nocciolo, a lui, Boine; e come nei frantoi della sua Liguria, anche la storia l’avrebbe spremuto. Con queste antologizzazione, e altre antologizzazioni, dal suo CARTEVANEGGIO, lo rendiamo legume FAGIOLO FRANTUME.

Continuo ad avventurarmi tra queste pagine, parallelamente alle opere, che fan tutt’uno - che van nella direzione dello sconfino - per gioco al grosso di fino.

Confido sia apprezzata questa archeologia letteraria; archeologia d’un passato recente, che però non basta rispolverare, come ninnolo sulla mensola di quasi dimenticati parenti. Stamo al fagiolo in bianco in nolo in bolo!