:: Fabio Nardi: La morte per acqua di Karoline Knabberchen con Schubert



 
 
("La morte per acqua di Karoline Knabberchen con Schubert" va letto in abbinamento con "La notte Oscura e in Luce di Karoline Knabberchen alle Lofoten. Ti Amo e sarà per sempre" - Sono gli ultimi testi del Canzoniere di Karoline Knabberchen che pubblico on line, prima che L'Olandese Volante, con tutta probabilitàdisalberi a fine anno. Poi l'opera a cui, io e Fabio Nardi ci siamo dedicati, per 33 anni, troverà la custodia del silenzio anche per quanto appare sull'OV. Il "Canzoniere di Karoline Knabberchen", ha corso molti pericoli, nel 2011, poi nel 2012, e nel gennaio-febbraio 2017, ma ora è al sicuro! Protetto. E se vorrò ancora scriverne non verrò certo a pubblicarlo-mostrarlo sul web o su qualche libro a stampa per dare il mio nome a qualche transitoria gloria posticcia letteraria. Non sono adatto a questo mercimonio in uso spavaldo dappertutto necessitante anche di abiure. Questo è il mio giuramento rispettato, la mia fedeltà, verso quanto non si consuma né si elide. La poesia a me adatta, da dare e da ricevere, a chi sulla terra e nell'oltre... ha cura della mia vicenda e mi protegge.)
 


 

Fabio Nardi

LA MORTE PER ACQUA DI KAROLINE KNABBERCHEN CON SCHUBERT

“L’acqua del mare non è come la vediamo, non come la afferrano i sensi. L’acqua che mi vede che inganna i miei occhi il mio udito le mie mani se in essa le immergo conduce una vita segreta, anche per me, che vuole rivelarmi. Il paziente lavorìo delle correnti, le loro oscure armonie, non sono altro che l’intreccio fluido e inafferrabile di un eterno cadere del tempo. In cui galleggio come moneta di sughero che soltanto io posso spendere per capirmi.

L’acqua del mare con le sue correnti, i suoi gorghi, con quanto accoglie acqua dal cielo e dai fiumi, vuole rivelarmi il moto d’essa ciecamente teso verso una composizione d’impossibile pace. Tra me e questa acqua intercorre un messaggio, potrei chiamarla Natura, ma sbaglierei, farei della filosofia a basso voltaggio; l’acqua semplicemente, a me donna d’Engadina e di montagna, con un uomo amato cresciuto sul mare pisano, semplicemente sente il bisogno di rivelarmi la fatica del proprio esistere, di trasmettermi quanto la mia singolarità a essa appartiene invitandomi ad afferrarla specchiata.

Capisco quanto l’acqua vuole confidarmi perché il mio orecchio e i sensi sono sempre in ascolto. Questo udire il richiamo mi ha spinto a scrivere a volte quella che altri chiamano poesia o riflessione metafisica. Per me è affidarmi inerme, oltre la mia persona e postura nel tempo, a una carità necessaria, una grazia divinatrice; del possesso di me stessa me ne spoglio, lo affido alle correnti; nessuna effimera sicurezza più mi difende, davanti all’oceano, sono esposta a ogni smarrimento di senso per quanto ho vissuto, amore compreso, e a ogni terrore dato da quanto non ho capito. Ho varcato, lo so, la frontiera liquida; essa si sposta continuamente oh se si sposta!, limite che non avrei mai dovuto varcare, e ciò formula la domanda mia di dramma.

Davanti a me l’acqua eternamente sospinta mi modella sua interlocutrice e mi chiede il sacrificio ultimo. Come intendere la partitura completa, la musica sottesa, di tutti gli strumenti, per poi subito obliarla non più necessaria. Perché nell’oceano come nella mia lacrima vive la medesima consolazione sonora senza parola da pronunciare. Credo sia il sacro che nella molteplicità ti nomina uno in perfetta simpatia. Intesa. Salvezza”.

 

Cosa posso aggiungere, a questa tua pagina, ultima, Karoline, iniziata ad Anversa, nel febbraio gelido del 1984, e terminata in Terra di Norvegia, nelll’agosto dello stesso anno?

Forse la Sonata in La minore op. 143 di Franz Schubert. Sì! è proprio adatta.



 
 



 

Guarda, in frantumi nella polvere / in preda a un terribile dolore / giace la mia torturata esistenza / prossima all’eterna distruzione” recita l’incipit di Mein Gebot (la mia preghiera) che Franz Schubert scrive nel 1823.

Questo sublime gridato melodrammatico in candore virato è frutto del dolore dato anche da una malattia venerea contratta da Schubert. Eco del bordello. Dove forse l’aveva sospinto qualche amico preoccupato della sua verginità non sciolta dall’amplesso. Dato che di fidanzamento e di possibile matrimonio con la soprano Thèrese Grob non si discuteva più. Tutto svanito.

Questa tristezza non consolabile si era trasfigurata anche nella Sonata in La minore op. 143 - la tonalità del destino inclemente e ostile ravvisato dal fanciullo trentenne Franz -  nel febbraio dello stesso anno. Febbraietto corto e maledetto.

 

 
 


 

Che sia la Morte temuta e insieme desiderata protagonista della Sonata è indubbio, ma è una Morte che tiene sulle spalle non la mantella nera bensì quella della poesia, perché sia Schubert che Karoline Knabberchen quando invitano la Morte a dialogare con loro, sono poeti. Uno dei suoni e l’altra della parola metafisica .

Però non bisogna dimenticare che Schubert compone la segreta cifra della Sonata, o Grand Sonata come la definì Diabelli, anche sul dolore fisico della malattia venerea, di qualcosa di volgare, di molto pratico e materiale. Così Karoline Knabberchen nel suo viaggio europeo con approdo al gorgo delle Lofoten il 20 agosto 1984 ha sfiorato e a volte è stata macchiata dalla volgarità del mondo, dalla sua feccia, dai suoi scoli, e ha saputo rivelarli in quanto scrive nel diario “Formiche sui polsi”. È questa dicotomia che Fabio Nardi, che tanto la ama, non intese a pieno. Non riuscendo per questo a proteggerla. Ciò è quanto il fidanzato confida a se stesso. E che stasera, nella fine di maggio, dolorante e smarrito come non lo era da tempo, vuole indagare senza risparmiarsi nulla. Nessuna protezione nella sera e notte che viene.


 


Karoline Knabberchen
(Guarda Engadina 17 aprile 1959 - 20 agosto 1984 - Lofoten, Norvegia)



 

Karoline Knabberchen mi fece ascoltare spesso la Sonata in La minore op 143 dal disco nel suo impianto stereo a Guarda, Arrau al pianoforte; e aveva con sé anche una musicassetta per ascoltarla nel nostro viaggio in Svezia e poi in Norvegia.

Cosa la catturava in questa sonata oltre alla calamita d’una sofferenza che può portare a disperare? Perché mi disse che la cifra segreta di questa sonata stava nel pianoforte costretto a inseguire effetti orchestrali nei primi due movimenti ma non nel tempo conclusivo? Mi sembra un riassunto col suono della filosofia ultima di Schelling, della Filosofia della libertà. Io non intendevo. E non chiesi altre spiegazioni. Tanti anni dopo studiando il linguaggio della musica e l’opera di Schubert così come quella del filosofo Schelling tanto caro alla mia fidanzata, cerco di afferrare la cifra oscura di questa sonata. Come lei mi suggerì. È una necessità la mia di capire, di tradurre grazie a questa musica, in qualcosa di accettabile e sopportabile, il dolore che ho vissuto in questi primi mesi dell’anno. Nel gennaio nel febbraio nella primavera gelata che tengo ancora sulle spalle. Il perché del male, dell’equivoco, del bene che si smarrisce. E Karoline torna a donarmi protezione. E posso dispiegarla se ascolto la drammatica sonata di Franz Schubert. Ora è palese. Devo passare da qui. Dal suono e dalle parole che ne ricaverò.

Il pianoforte che s’impone di somigliare a ogni effetto orchestrale. Il singolo che nell’orchestrazione divina scopre anche il caos. E che questo caos è il fondamento di Dio. Il Male, l’Errore, sta anche in Dio. Riconoscendolo Dio si riconosce e si trasforma in perfetto ordine, supera l’angoscia, il male che porta disordine diventa bene. Bene assoluto. Dio eternamente si deve differenziare dal male. E sulla terra il male, ti cattura, perché non sei capace di vincere il disordine, il singolo può non farcela, per raggiungere la luce e il bene. Disperare di riuscirci. Questa disperazione prese Karoline Knabberchen, si sentì strumento, pianoforte, incapace di reggere ogni aspetto orchestrale del finito col suo caos, con gli equivoci, con quanto insidiava l’assoluto dell’amore. Come potevo capire io, un povero vecchianese e figlio d’un camionista anarchico, queste profondità della mia fidanzata? Come aiutarla? Forse avrei potuto anche senza filosofia senza la sua poesia e metafisica cristiana, scegliere il bene, assecondare, io che mi dicevo forte e temerario per la mia Karoline, avrei potuto facendo esperienza con lei dell’angoscia, superare nel reale il fondo oscuro, spingermi e spingerla con tutte le mie forze per guadagnare la luce, il bene. E invece un gorgo buio me l’ha portata via!

Neppure io sono riuscito nei tanti anni passati dalla morte di Karoline a essere strumento orchestrale, per rivelare a me stesso il reale che Dio ci ha affidato sapendo che in esso c’è il Male.

Questo reale lo definisce Schubert alla perfezione, nell'Allegro giusto, con l’incalzante ascesa delle ottave con il rullo di timpani che sembra eco del paradiso perduto originario. Per tornarci è necessario accettare la rarefazione del nostro vissuto - fino alla solitudine che vivo da anni? Sì! mi rispondo - verso il tema principale, non altro, la drammatica coda conclusiva della sonata lo ribadisce. Il fondamento di luce e ombra di libertà e necessità per far esperienza del dolore della morte, sta in Dio. Il fondamento di Dio però è l’uomo, un fondamento fragile, che può perdersi in qualsiasi momento, nell’errore nell’incapacità di reggere l’urto di questa dialettica. Cosa ci faceva in un bordello tanto da ammalarsi e poi morirne Schubert! Aveva perso di vista il bene accettato il caos di una sensualità repressa. E io non salvai Karoline Knabberchen perché avevo giustificato l'esistenza della sozzura nel mondo soltanto con declinazioni dialettiche politiche. Invece la questione è come proiettarsi verso Dio nel modo adatto. Karoline aveva questa capacità di farlo ma voleva farlo con me che allora fui inadeguato a fare coppia con lei. E lei scelse di morirne!

Se l’amore assoluto per chi ci crede non vive più la coppia, il due che diventa uno, "due piante in un nocciolo" come scrisse, di questo si può morire. E Karoline Knabberchen cercò la morte per acqua.
Anche Schubert fa così, e lo ribadisce nell’Andante. La gemma cellula contorta di suono che lo regge s’affievolisce anche se vive in un ritmo ternario. Padre Figlio Spirito Santo contrapposto alla morte necessario passaggio? Su questo motivo ternario si va verso la contaminazione e apertura dell’ultimo movimento Allegro vivace.

Qui la dialettica, che Schelling aveva individuato, infinito-finito, Dio-uomo, è ancora più esplicita, mi azzardo a scrivere, abbiamo un concitato e spettrale perpetuum mobile che si contrappone al dolce e pacato motivo accompagnato dall’arpeggio del basso. Dialettica dell’ultimo movimento, si sta davanti alla Morte, alla possibile salvezza, le due anime sonore sono opposte e alla fine è quella tragica a vincere il confronto. Karoline e Schubert accettano il tentativo di superare il negativo, nella loro libertà di scelta; il primo di invocare la morte perché il dolore fisico lo soffoca, la seconda perché solo così pensa di uscire dal caos del finito, dove si è sentita sola, con l’uomo amato che non l’ha capita nel momento decisivo!

Non so se riuscirò ancora ad ascoltare la Sonata in la min. op 143 dopo quanto ho scritto, dopo il battito folle che la glottide impone al collo scosso dai sussulti del rivelato mistero - è questa la soluzione? o una delle tante possibili? - sul perché Karoline scelse il gorgo alle Lofoten!


 




 

 

Claudio Di Scalzo

IL CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN
 

Il Canzoniere di Karoline Knabberchen, è un immaginario, per estensioni tematiche, che tiene in sé presupposti speculativi che sono anche carne e sangue, reale, di un’avventura poetologica e narrativa. Romanzo. Il personaggio di Karoline ha il cuore angelico oceanico, e può contenere anche altre firme, che ne dilatano il battito. Come per il fumetto e cinema e serie televisive auspico che altre firme ne scrivano un altro lemma, di questa partizione. Transmoderno.

Nel suo viaggio terrestre e da presenza oltre la morte Karoline ci dona il suo elenco di illusioni e allusioni perché noi si possa, io e Fabio Nardi, comporre l’atto consustanziale alla sua biografia con testi creativi che siano anche recita, preghiera, religione, alchimia. L’angolatura prospettica della storia di Karoline Knabberchen morta, taglia la parola personale perché accolga nella ferita un sistema di immaginario in dialogo con la prosodia, la cadenza, il respiro adatto ai nomi del reale e di quanto lo valica.

La presenza della "ranocchietta" saltellante Knabberchen, noi due, Claudio Di Scalzo e Fabio Nardi, la conduciamo nelle pieghe del mondo per danzare ogni rapporto di creazione linguistica come fuoco in-fatuato tra pagina stampata ed elettronica, sperando somigli a fuoco divoratore dei tempi a noi consentiti non spegnendosi. Scriviamo perché la voce di Karoline Knabberchen vinca ogni consumazione. E resti racconto per chi la vorrà incontrare.

L’arditezza si confà a questa scommessa, nostra, con la delicatezza di una giovane donna svizzera, che sostò a Pisa, nei primi anni Ottanta, e nel paese di Vecchiano, e che molto viaggiò nella sua breve esistenza (Guarda.Engadina 17 IV 1959 - Lofoten.Norvegia 20 VIII 1984), a volerne raccontare, nei generi più diversi, ogni reale extratestuale per proliferazione di eventi e apparizioni.

Dai rami del bosco a Guarda, dove Karoline nacque, arriva il muschio del tronco che s’affida a un nord perenne, e la fragranza scaldata dal sole autunnale dei rami a Sud. Se immaginate chi scrive che questo tronco abbracciano avrete il rigore circolare costruttivo che ci anima.

Però il poema necessità che il bosco e il tronco e i rami da noi scelti guardino il mare, e noi con loro, l’oceano e il cielo stellato che di esso fa calco nel visibilio di certe notti, perché noi cerchiamo una semantica della forma che sia pura, e il Sacro s’accosta soltanto all’immensità. In questo processo, e ci sentiamo molto antichi, le nostre identità si mischiano negli spazi vissuti a quelli da vivere, all'intreccio del già scritto a quanto verrà versato nell’abisso concavo dell’immaginario. E le nostre psiche avranno la loro morfologia - spacchiamo il presente nel passato e futuro, invertiamo i tempi - nello sguardo della donna svizzera che ci guida.

Ogni procedimento artistico diventa, se sposato, un anello da portare al dito indice con cui si scrive; io e Fabio Nardi nel Canzoniere di Karoline Knabberchen ne accettiamo che esso distringa la mano e le ossa e la pelle nella crescita del procedimento artistico perché ogni lacerazione reale abbia legittimazione nella trama iridescente della fascinazione di quanto verrà letto e guardato nell’opera avendo al suo stesso interno la finzione della poesia: perché ogni anello ti consegna a una fede e insieme ti lacera le falangi se mai volessimo staccarlo dall’impegno preso. L’amore per Karoline Knabberchen è per sempre!

La tensione nell’immaginario per Karoline è unificante. Come la paglia tagliata conserva l’oro e la recisione della falce.

Ogni rappresentazione porta con sé l’eterogeneità e sta alla tensione unficante – useremo la dialettica? – estrarre dal caos del “racconto” quanto ha forza detto mito del sacro nella vita nella biografia poi morte e quanto vale meno di un’ombra di scodella rimossa vuota dal tavolo.

Karoline Knabberchen raggiunse con Fabio Nardi, la tomba di Giovanni Boine a Imperia/Porto Maurizio. (Da questo viaggio la raccolta: Clikka:  Karoline Knabberchen: La Resurrezione di Giovanni Boine) Una tomba può rivelare che quanto sembrava noto nasconde l’gnoto in cerca d’altro nome. L’esperienza stratificata nell’oblio del poeta ligure rivela che il nostro immaginario è sempre affamato di alterità, verso quanto si rivela dedizione, custodia, cura, e anche un gorgo nell’oceano può somigliare ad un fiore che ancora fiorisce nel circolo dell’eternità da depositare dove la pietra parla.



 

CDS: "L'annegamento di Karoline Knabberchen"


 

PERSONAGGI PRINCIPALI DEL "CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN"

KAROLINE KNABBERCHEN

Poetessa svizzera che studia letteratura e filosofia all’università di Pisa

e che si suicida venticinquenne alle Lofoten, Austvågøy, il 20 agosto 1984

FABIO NARDI

Fidanzato vecchianese di KK e artista fotografo dalla vena eclettica

LIBERTARIO NARDI

Babbo sempre evocato senza tomba fissa

ELVIRA SPINELLI

Madre di Fabio, sarta in ogni luogo apprensiva

ETEOCLE SPINELLI

Nonna di Fabio

ANDRI KNABBERCHEN

Padre dei pomeriggi in barca

GERDA ZWEIFEL

Madre severa, signora degli incubi

RUT ZWEIFEL

Nonna dei garofani rosa

UGO SENTITO

Filosofo misteriosofico






 

PIANO DELL'OPERA

KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN VITA

Libro-Introduzione

"Le età dell'angelo svizzero Karoline Knabberchen - Diario Bagnato"

La freccia di sabbia. Libro Primo. Due tomi.
Due piante nel nocciolo. Libro Secondo.
Bave. Viaggiatori da Biblioteca.
Ornitologia vecchianese ed engadinese per KK.  Libro Terzo. Due tomi. Libro Terzo. 
Quaderno illustrato vecchianese. Libro Quarto.
Viaggio intorno a un volto. Libro Quinto. Due tomi.
Spuma sulla carrucola in risalita. Libro Sesto.
Anello Rovente. Libro settimo.

KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN MORTE

Il verso annuale della ranocchia. Fiabe del camino. Telegrammi sott’acqua. Candele spente. Libro Ottavo.
Come apparve la morte a Karoline Knabberchen. Karoline disegna. Libro Nono.
Filosofia da baita. Proiezioni musicali. Libro Decimo.
Tavolozza per Gaudio e Requiem. Cardiodramma. Libro Undicesimo
Fabio Nardi - Karoline Knabberchen. Epistolario. Lettere. Biglietti postali. Cartoline. Libro Dodicesimo
La Resurrezione di Giovanni Boine. Libro Tredicesimo

 

Del “Canzoniere di Karoline Knabberchen” in trentasette anni sono stati pubblicati pochi estratti da “La freccia di sabbia”,
“Quaderno illustrato vecchianese”, “Viaggio intorno a un volto”,
“Cardiodramma”, soprattutto sulla rivista poi annuario Tellus, e sporadicamente in mostre collettive di poesia visuale negli anni Ottanta.

CDS cura il racconto illustrato in versi e prosa e fotografia: "Karoline e il fotografo"


 

SULL’OLANDESE VOLANTE ALCUNI CAPITOLI DEL CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN


CLIKKA

KAROLINE KNABBERCHEN D'ENGADINA


Karoline Knabberchen

Karoline Knabberchen ammalata

Karoline Knabberchen - Innocenza tua e mia

Karoline Knabberchen frammenti viaggi

Karoline Knabberchen prose

Libro perduto di KK

Lettere di Karoline Knabberchen e Fabio Nardi