:: Karoline Knabberchen e Fabio Nardi: Vetri Danesi 1984-2014. Parenti allo Stetens Museum for Kunst. Seconda Parte. Cura Claudio Di Scalzo


Karoline Knabberchen






Claudio Di Scalzo

VETRI DANESI

(da una a cento poesie di Karoline Knabberchen

e raddoppio di Fabio Nardi)

1984-2014

 

Fabio Nardi torna trenta anni dopo, nel giugno, in Danimarca, Copenaghen, sui luoghi che transitò con Karoline Knabberchen (Guarda, 10 aprile 1959 - 1984, 20 agosto, Austvågøy, Lofoten, Norvegia) prima del suo suicidio. Alle cento poesie scritte allora da KK, dal titolo VETRI, vetri danesi, il fidanzato aggiunge suoi versi. 



PARENTI ALLO STATENS MUSEUM FOR KUNST

Seconda parte

 

 

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Le eterne nozze della signora Matisse

Col verde che le taglia il volto

Col marito verderame a pochi metri

M’appaiono come stele

Non dell’Arte

– pure lo sono! –

Bensì dell’amore che merita

Giacenza per dire che a volte,

Da volto a volto, si può essere sufficienti

A vincere l’oblio, perché bambini perché gioco di Dio – (KK)

 

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Ho amato quel taglio verde sul tuo volto

fatto apposta, senza sfregio alcuno –

t’ho nominata così accanto a me

un doppio di te da ammorbidirmi le dita. (FN)

 

 

°°°

 

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Sto qui marinaio dalla maglietta

Al verde che m’incupisce nella notte calante

Rischiosa navigazione in barba ai flutti del moderno!

Cerco l’equilibrio nell’amore come nella linea nella forma:

(non vi fate ingannare dai tubetti strizzati mie viscere)

Starò – verde tratto – a priori e a posteriori

In pittura ed in mia morta natura accostato

Alla linea – verde per calcolo e simbologia – fronte

Naso labbra di mia moglie:

Tatto

Del desiderio

Odore che ghermisce

 

Gusto nel porto

Dioniso il buon Matisse ferisce (KK)

 

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Non t’avvicinare troppo, Karoline

al fioretto del suo sguardo:

ti ghermisce e tramuta nella sua trottola,

sei già troppo vicina per sottrarti del tutto

all’alambicco che ti distillerà

preziosa acquavite del delirio amoroso (FN)

 

 

°°°

 

 

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Alice mi guarda

Dona la follia di parlarmi:

Il tuo fidanzato

Era nervoso ad Elsinore Castle

Anche Modì lo era con me

Non stavo ferma pensavo a Raymond

Che m’aveva messo un angelo in corpo

A recitar preghiere nell’ombra

Delle mie tenere cosce

Ecco il perché del piccolo Crocifisso

Dedica di Modì a chi è pura

Nell’amore senza potere

Che un bacio riduce in catene –

Attenta al pisano pericoloso

Come il livornese che mi dipinse

Karoline Ranocchietta dal colore prediletta

Apri la camicetta --- hai Cristo tra i seni

E nel suo dolore mastica certi tuoi giorni danesi

Come il bombo foglia verde

Cristo ti porta la seta della poesia

Chi ti ama la disfa senza accorgersene –

Rendilo edotto sulla tua giovane purezza

Sulla mia a te rivelata – Salva il reale

Che si desta dalla ferita dove lo merita. (KK)

 


 

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Come tieni le manine in grembo

anche tu Karoline, che pari specchio:

cosa macini nelle coppe delle mani?

Hai regalo per il tuo Fabio?,

vuoi dipinga un roveto in cui nascondere

le pupille aeree dell’infanzia?

Qui le nuvole passano di bocca in bocca

Succhiane una, assaggiane bianca vertigine!

Le tue gambe s’infileranno dritte nella terra

e Fabio verrà ogni sera a bagnarti le radici.

Sarà il vostro patto per l’eternità. (FN)

 

 

°°°

 

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Karoline che ricevi confidenze da Alice

- - - - - - - -

Il tempo che fugge la ventura di chi parte

Quanto resta in suo alveo smanioso

Per grazia di stagioni aride a Parigi e dintorni,

recito ogni notte alla luna che m’immagino su Livorno –

Jeanne sale dai fossi nel quartiere Venezia

Non s’è fatta male precipitando dopo la mia morte

Il bimbo crescerà dal suo grembo alla tela che ha in mente

Di dedicargli - - - accadono strane cose se ci si veste da Pierrot

E la luna, di giorno, me la porti tu giovane svizzera parente di Jeanne senza saperlo.

L’Amore è tanto più vicino se essendo amati lo si pensa lontano!

Come scrisse un mio conterraneo al cuor pittorico ratto s’apprende

Se affidato dalla donna in due luoghi – davanti e dietro alla tela lo posò Jeanne –

Davanti all’obiettivo e all’uomo che fotografa, lo poni tu!

Sempre insieme ci evocherà amanti, in ogni parte dove andremo

Dove resteremo – io qui e in altre cornici – avremo centro e universo (KK)

 

Variante confesso

 

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(Parlando a te Karoline traversando dipinto di Modì col còr stinto)

Le lacrime l'ho appese al vento di ieri, quelle fanciulle

che cadono grosse come monete sul tuo seno.

Favoleggiano d'un luogo amaro – durante le scomuniche,

di un tempo per suicidi amori.

Accadi anche tu, tra queste finestre aperte

e porti una maschera di carne che spaventa,

lasciatelo dire da chi di mascheramenti se n’intende!

Nessuno intorno a te se n’è accorto? Ma che mi dici!

Pure tu sembri guardarti per la prima volta

in uno specchio: non è lieto compito per me questa rivelazione,

tra scherzi e monellerie c’è sempre velo di dolce tristezza (FN)

 

 

°°°

 

 

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Studio per gioia di vivere, alfabeto sembra

Per nominarla senza niente intorno – le case

Di Copenaghen ad esempio o il Mar Baltico ad esempio

O il Castello di Amleto ad esempio – e lì senza scriverla

Né misurarla vivere io e te – Matisse stava nel Sud

Però della Francia, a Collioure. Con Derain che aveva la mia età.

Noi andiamo sempre più a Nord, forse per questo non siamo felici come vorremmo!

Un Boschetto a me, presto, un boschetto tra larici e sempreverdi!

Dove il bacio sia raggiato fluire tra tutti gli umori del rosso del giallo. (KK)

 

 

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Baciami le mani all’ombra di questo cielo rosa:

sono – le dita – tubetti da cui spremere

definizione di me, sulla tua tela.

Mi serve lo sguardo che latra – e luce che filtra dal setaccio

della tua pupilla:

per concepirmi immacolato dentro il tuo battesimo:

sarà ogni pennellata Via Crucis sciolta sul palato

per rinominarti viva dentro il mio Castello (FN)

 

 

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Tre donne nella cronaca febbrile

d’una giornata al mare – nel lusso

della poesia nascosta sulla gronda

del simbolismo – Matisse ripete il Lusso Primo

che sta a Parigi molto meglio in vista. Il mare

del Sud è lontano da Copenaghen come dal Centre Pompidou.

Tre donne, di diverse età, nel panismo del salmastro

Della schiuma dei fiori salvi dall’onda.

La figlia alla madre carezza il piede caprino

Nascosto dal telo bianco, ne taglierà il callo

Ferendosi le mani. Questa son io nel serbato ricordo

Di me bambina al mare ligure – Anche la moretta

Sdoppia l’esilio dalla gioia che m’appartenne fuggendo

L’acqua perigliosa per accudire fiori, la mia poesia?, non vista.

Il mio lusso nella veemenza della delusione

Che vivere sulla spiaggia non porta a trovare Dio.

Neppure ieri ad Elsinore Castle. (KK)

 

 

 

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Nella nuvola scorgo (non l’ho fatto una vita

ritagliar forme-nuvole? ) il tuo profilo.

Matissiano anche tu, veleggi tele che mi osservano?

E non è forse Nausicaa la fanciulla inginocchiata?

Tu barbuto Ulisse t’avvicini leonino

con millenni di distanze

nella criniera lavorata dagli elementi?

Le labbra –le lecco – hanno gusto amaro

arrivano fin qui sbuffi d’onda da qualche

lontano paese dei Feaci. (FN)

 

°°°

 

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Vedi cosa scrivo nelle geometria della mia fronte?

Tutta la vita che m’ha mutata – intrisa

nel paesaggio filosofico, immortalata in vetri

taglienti- la speranza destata e il profilo ironico

del mito.

Sono anche spirito assoluto da quando sono sgusciata

fuori dall’acqua, forse asciugandomi

ho perso consistenza e tu che morderai stasera

a cena? (KK)

 

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Tre pesci rossi nel cilindro di vetro. Non c’è fondale

Non c’è limo né sabbia – c’è la dialettica hegeliana

Bene in vista: tesi antitesi sintesi. Tre pesci tre donne.

In guizzo verso l’uomo con la Nikon, Fabio. Prigioniere.

(Come le hai consegnate al tempo di uno scatto. Trasparente

Accordo opaco e muto nella ferita) - Della narrazione

Che ci disfa immoti nella pittura

Come nella fotografia se la filosofia nascosta dell’amore

Agguanta per modellarti verso un esito imprevisto.

Da chi nuota, respira in bolle, vibra nell’arredamento

Del possesso incauto. Il terzo pesce, tu Karoline,

gettando squame e coda è uscita dal vetro, stai nuda

davanti a me. Sollevo la fronte che poi bacerai.

Poi nuda con fiori estivi tornerai all’acqua. Nel vaso di vetro più! (FN)


 

°°°

 

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Piango. Non sono le cipolle di Matisse. A imporlo.

Ne vuoi l’elenco?

Polvere della parola tavola, felice; polvere della parola brocca,

dissetante; polvere della parola cipolla nella sua ubiquità poetica,

necessaria. Ogni parola che mi riguarda che sfogli senza criterio, qua e là…

mi porta lacrime.

 

Questo dipinto di Matisse m’appare l’ultima dimora della parola casa,

cucina, cibo, uomo, donna… esistenza macchia rossa. (KK)

 

 

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Per gioco provo a infilare perline di sillabe

con grande sorpresa scopro

che in ogni direzione - con ogni interazione –

ad ogni nuova dizione -

compongo il tuo nome.

BroCA-cipolla ROsa –LINEe sulla ceramica

E potrei continuar per ore a montare e smontare

la mia dissoluzione. (FN)

 

 

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Sto accanto a te per i tuoi i tuoi no

Smeraldi i primi sassi i secondi

O viceversa nella scansione ritmica dell’amore che sgomina

In ogni moto, costola per costola, (lì mi ci batte ancora il cuore sai?)

Legamento per legamento d’organi (ho ancora polmoni accanto al cuore, sai?)

 

… dal di dentro del gesto prima che diventi parola,

nella velocità che gioca pupilla palpebra ciglia,

varco il confine nell’assenza di suono, intera.

 

Le pagine in musica di Braque potrei suonarle anche se per tutti sono illeggibili.

Posa le dita sulle mie labbra e te ne sinceri! (KK)

 

 

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Credimi – mentre ronzo accanto al tuo nome –

perpetuo la tua nascita, e mi offri questa incandescenza!

I paesaggi zeppi di virgole in cui inciampo

sono faraglioni metafisici.

Quel che suona nel tempo delle labbra

è fuoriuscita di geometria del dentro,

sono la sinfonia posata sul tuo perché. (FN)

 

°°°


 

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Sai! Il bosco mi dice in ogni caso capitata qui per caso

Chi sei Karoline? Perché sei qui tra cortecce e verdi fronde?

Sempre il bosco prende paglia dei miei capelli

Come sfumatura… che sia dipinto il bosco o composto di rami pruni musi affilati

con bestie ratte dai denti appuntiti nei canti di presepi volatili…

 

Braque passò dall’essere bestia rossa e gialla e blu ai verdi volumi

Che portavano cubi come estrema unzione al paesaggio classico.

Aveva Cézanne a far da volpe nel bosco… e lui era un cagnolone

Intelligente che il nuovo fiutava venuto dallOottocento…

 

Questo bosco è l’evento che mi rivela l’esperienza dell’afrore

Non posso narrarlo né dipingerlo a mia volta

Farne però l’elenco di graffi sul tuo petto, stanotte, sì…

Il bosco di Braque sarà l’evento che da senso al caso d'essere tua bestiolina

nella tana – perché sei qui ti dirò mi dirai? Chi sei? Perché mi hai atteso? (KK)

 

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Scorgi un raggio perpendicolare alle mie pene

se raccogli in frutto ogni tracciato,

come piegare il sole

crescere una coltura mentale nel braccio –

m'arrovellerò in ogni ora posata sul ciglio

della notte e intaglierò la tua forma,

t’annuserò nell’aria se non ti metti controvento

per predarmi

o sarà gioco comune anche la caccia

volumetrica – nel tiro mancino del colore. (FN)

 

 

°°°

 

 

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Al nero aggiungo diluito il tic tac dell’orologio,

lungo i quadranti voraci incontro l’ora che mi sdoppia:

Fabio mi troverà preparata – compiti fatti –

L’affiorare lento d’ombra

come me che salpo – oltre la rotta

impasta ore senza lievito

E domani avrò la mia consistenza di figura

a partire da quel nero scongiuro

cucito nella bocca del saluto. (KK)




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Prova col nero, dice Braque, Caravaggio ci faceva uscire uomini e santi

io meloni, peperoni, uva, frutta di stagioni – Frutta e verdura

che si tasta a occhi chiusi … annusa la terra Fabio Nardi…

ch'ebbe l’anguria sotto le sue rotondità… è il sistema migliore

per ritrovare Karoline, per capire l’arte mia: con occhi chiusi aprirli di scatto…

Se la parola diventa priva di terra cerca l’acqua, se l’amore cuoce

disperde il vapore dell’assenza … tutta natura morta

per lo spirito dei tempi danesi che ti toccano… prova col nero, dice Braque… (FN)


 

 

... CONTINUA