:: Karoline Knabberchen: Oltre l’aneddotica in poesia con Machado. Cura Claudio Di Scalzo

 


 

 

(cura Claudio Di Scalzo)

Karoline Knabberchen

OLTRE L’ANEDDOTICA

(Antonio Machado con lettera a Fabio Nardi)

 

ANEDDOTICA E POESIA

L’aneddotica, il documentario umano, non è poetico di per sé. Tale era esattamente il mio parere vent’anni fa. Nella mia composizione “Los cantos los niños” scritta nel ’98 (pubblicata nel 1904 in Soledades) si proclama il diritto della lirica a narrare la pura emozione, cancellando la totalità della storia umana. La raccolta Soledades fu il primo libro spagnolo dal quale veniva interamente proscritta l’aneddotica. Coincidevo in anticipo con l’estetica più recente. Ma la coincidenza del mio proposito di allora non andava oltre questa abolizione dell’aneddotica.

Disto molto da quei poeti che intendono maneggiare immagini pure - scevre di concetto (!) e anche di emozione - sottoponendole a un esercizio meccanico e capriccioso senza che intervenga affatto l’emozione.

 

°°°

 

Sotto la pittoresca serie d’immagini dei poeti nuovissimi si indovina un gioco arbitrario di concetti, non di intuizioni. Tutto questo sarà molto nuovo (se lo è) e molto ingegnoso, ma non è lirica. Il più assurdo feticismo in cui possa incorrere un poeta è il culto delle metafore.

 

L’aggettivo e il nome

ristagni di acqua chiara,

sono accidenti del verbo

nella grammatica lirica,

dell’Oggi che sarà Domani,

e dell’Ieri che è Tuttora.

 

Tale era la mia estetica nel 1902. Non ha nulla a che vedere con la poetica di Verlaine. Si trattava semplicemente di porre la lirica dentro il tempo e, per quanto possibile, fuori della spazialità:

 

Dall’indicativo imperfetto

Sbocciò il romance in Castiglia.

 

La poesia classica in eterno presente, vale a dire fuori del tempo, è essenzialmente sostantiva e oggettiva. Le immagini classiche sono definizioni, concetti. Ma il verso ellenico, sempre definitore, non ha nulla a che vedere, come invece pensano tanti sciocchi, neppure con quello accademico e neoclassico.

Il diamante è freddo ma è opera del fuoco, e sulla sua avventura ci sarebbe molto da dire.

 

15 giugno 1914

 

 

Caro Fabio, mio pisano,… trovo utile farti leggere queste prose di Antonio Machado. Tu stai scrivendo alcune riflessioni, anche umoristiche sui poeti in circolazione, tanti in Toscana... Machado scrive di sé nel contrastare l’andamento poetico del suo tempo, che lui è un “Tartarino”, un “grillo” un “asino dal flauto roco”, … hai pertanto un maestro illustre nel gioco del rovescio e nel rovesciare luoghi comuni sulla poesia affidate a pagine su pagine nelle riviste nei premi nelle conventicole. Tutti questi poeti e poetesse confidano soltanto nel commento giornaliero esclamativo alla loro produzione in un circolo autoreferenziale tragicomico e, per dirla con Machado, soltanto nell’aneddotica, nel rutilante affastellarsi delle immagini con nomi propri di maestri da omaggiare con adulazioni imbarazzanti. Pietre fredde, sassi, quanto pubblicano, che non conoscono il fuoco!

Te lo scrivo qui, e inevitabilmente diventa un mio suggerimento per la nostra coppia che pubblica il ciclostilato IL FOGLIO DI LALO (clikka: Esclusività)... frequentiamo soltanto chi è mosso dal fuoco… e sulla scorta di Machado cerchiamo in letteratura e arti chi crea immagini e narrazioni oltre il generico e il convenzionale. Oltre il generico e convenzionale della poesia di questi miserandi fine anni settanta, appunto.

Tua Ranocchietta elvetica Karoline Knabberchen!