:: Karoline Knabberchen: Alcesti in Parigi - 2 |
Claudio Di Scalzo ALCESTI IN PARIGI
Come dentro la corolla si fa più tenero il sonno, Così di quest'ombra restano appesi nell'aria Profumi, vapori da impollinare Per procreare il sogno, l'illusione Dell'ancora cara presenza.
Come ho svuotato il respiro per farmi scricciolo e non appesantire con le mie sostanze lo scheletro di Notre-Dame: avrei potuto con una maggiore concentrazione rendermi simile all'inconsistenza luminosa che qui consacra ogni presenza. Avrei alleggerito il fardello della predestinazione, mentre Fabio rumina tra mandibole carnivore lo sconcerto per questa pietra che muta natura. Anche noi possiamo, gli sussurro. Ma il soffio è lento, non emette suoni. Vibrano i nostri cuori uniti nell'attimo della consapevolezza. Io avrei urlato, tu avresti urlato, ma ci trattiene la paura di rompere definitivamente quell'organismo provato dai secoli. Sciocchi!, forse ci saremmo salvati, quel giorno.
Procede il corteo si rispecchia Nel bianco dell'occhio, Questo mondo non più mi penetra Alle sue mollezze sostituisco altre qualità. Farmi ramo, indurire lenta la crosta Del manto del mondo dei più. Vestire l'osceno che lento discende Non provare ribrezzo per ciò che divento. Poi la lentezza procede più certa Una nuova crisalide sboccia E quel che rimane è volo Privo d'azione. Tu mi agisci continuamente, Perciò non comprendi la morte.
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