:: Fabio Nardi: Alfred de Musset e George Sand a Venezia. Goetzinger fumettista


Annie Goetzinger - Vita di George Sand

 

 

 Fabio Nardi/a cura di Claudio Di Scalzo

CONFESSION D’UN POST-MODERNE DU SIÈCLE

(Alfred de Musset e George Sand a Venezia)

Immagino il tisico De Musset, liricamente dandy stretto nella redingote scura, tuffare l’acquosa sua iride nell’acquosa laguna veneziana, disperatamente. Ahi, alle donne moderne, le indocili creature che da poco – nonostante i temporalissimi dubbi della Chiesa romana – hanno acquisito un’anima. Ahi a quell’anima, in poco tempo già subito dannata!

Si preparava, lui, ad abbandonare la serenissima sua dimora presso l’Hotel Danieli, uscendo dal teneramente affacciato primo piano sulla molto trafficata e chic Riva degli Schiavoni. La Sand, impastata tra lenzuola profumi e Pietro Pagello - il buon Pietro, in fondo: questo lo consolava, giusto un po’ – l’aveva fatto mettere in piedi alla chetichella dal dottorino, per poi pigiar con lui l’uva e lasciarsi sfuggire l’odor di mosto fin sotto le finestre e il suo naso malato. Ahi! Lascivo accento veneziano, che ti mescoli impunemente alle orge della mia poesia! Son zoccolate in faccia, giuro su Dio, queste parole che vorrebbero languide scivolar come serpenti sul pelo molle dell’acqua! Son punte ghiacce che mi si conficcano nei muscoli infiacchiti molli convalescenti come gli aghi di Piero – il buon Piero, invero – tra il sudore delle lenzuola! …Altro sudore, il mio. Altro, il loro. Sono acri queste luride calli, portan su il lezzo nauseabondo di certe pastiglie turche che girano in casa di alcune bagasce: roba che ti fa passar la voglia di  cavarti i pantaloni.

Domineddio lo sa, che l’anima non lambisce gli ambienti socialisti; non si fa battezzar trastullandosi con le quarantottate del Governo Provvisorio. Orsù, dunque, povero, caro monsieur de Musset, non se la prenda troppo, che tra questi nebbiosi tepori veneziani saprà scorgere la voluttuosa sagoma della belle Marco, e qualcosa ancora saprà allungarci dal fresco ristoro al Père-Lachaise, fosse pure l’ultimo episodio della sua personalissima crisi metaforica.