:: Claudio Di Scalzo: Mito Transmoderno. Zarathustra e il Tafano dionisiaco

                                

 

  

 

 

 

Claudio Di Scalzo

MITO TRANSMODERNO 

COSÌ PARLÒ ZARATHUSTRA E IL TAFANO DIONISIACO

(oltre il Campo alla Barra)

 

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INTRODUZIONE

Contrabbassi stillano e sospendono il tempo – solennità ascendente delle trombe a misura d’ogni pioggia sull’essere d’ogni solleone sui nervi – dilatati colpi dei piatti radicamento nel mondo rivelato dai timpani – s’introduce al vortice e alle fluttuazioni del poema musicale – Richard Strauss troppo eccitato inciampa in una zolla e la sua bacchetta oscilla bizzarra tra i moscini.

 

DI COLORO CHE ABITANO L’ALTROVE DEL MONDO (molto largo)

Incedere marziale dei corni nel paesaggio degli affetti tra monti e cielo – giungono le note del Credo Gregoriano che sbirciano un tempo frazionato nel canto degli archi  - ondeggiano piante invisibili saltella ma sarebbe meglio dire rotea il Tafano Dionisiaco – Solennità dubitativa s’affaccia alle menti senza calcolo e se tutte le cose sbocceranno anche i dubbi s’inanellano: “Oh voi fratelli questo Dio che avevo creato fu opera e follia dell’uomo, come lo sono tutti gli dei” – Batte l’istante parola di Friedrich Nietzsche la materia oscillante dei violini – La tonalità è sì minore parole e cose gemmate dalla mente perdono la solennità che l’avvolgeva nell’introduzione: e così i caratteri in contrasto, dialettica di quanto fugge in avanti e indietro – si sono presentati. Il Tafano Dionisiaco espone nella piana della Val di Serchio il vibrato del fuoco e scansa l’ombra notturna delle tenebre  e dell’oblio moltiplicate dal Campo alla Barra - 

 

DEL GRANDE DESIDERIO (Meno largo)

S’affaccia e ritorna il “Tema della Natura” cullato dall’innocenza degli archi – E dalle arpe eternamente fragili – Poi corni e organi accennano la frequenza del Credo, si crea tensione armonica ma lieve come tortore che scendono dai rami e vi salgono – Ma l’intensità sonora cresce e cresce con il tessuto dei flauti e siamo nell’eccoci della variopinta linfa del sentire – Il momento successivo può dilatarsi e il Tafano Dionisiaco vi si tuffa.

 

DELLE GIOIE E DELLE PASSIONI (Più animato)

Qui c’è l’Uomo con le sue tensioni segnavia delle emozioni crude; le passioni prendono fiamma all’apice della lingua sonora – I violini fanno ascendere e calare motivi opposti con devozione e come pini crepitano i petti in ascolto. Per rompere l’idilliaco nella sua agile grazia irrompe il trobone volgare e il Tafano Dionisiaco ruzza voli a prillo – ostinato trombone è così che mi prepari il “sogno della morte” in questa terrestre corte?

 

IL CANTO FUNEBRE (Animato)

Nella rimembranza dei temi precedenti il corpo a corpo con la tristezza nella modulazione orchestrale mentre il violino solo cantante ogni apice malinconico raggiunge e poi svanisce. – Il Tafano Dionisiaco si carezza il muso irriverente e mai piangente –

 

DELLA SCIENZA (Un po’ più calmo molto espressivo)

Avvio pianissimo  come se la pietra fosse coinvolta dai mulinelli di vento. I contrabbassi mulinellano sul rappreso del motivo ossessivo  che dura fino all’entrata del clarinetto (in più d’un nevralgico boschetto per Tafani dionisiaci in vena di atti lubrici) e si spande qua e là un’implacabile cupezza fluente nei respiri  e nei mantici umani dei petti - Alliettati o spalmati d’altri dubbi dalla voce del clarinetto che si cala sui colori dell’orchestra come una formula scientifica sopra quaderno intenzionato a cambiare i meno in più!

 

IL CONVALESCENTE (Molto lento ed energico)

Contrappunto dei temi precedenti per orecchie che ardono fiamme e piogge improvvise  - S’accede a ciò che dal mondo fu tolto con la Malattia – Divagazioni ed esplorazioni sonore come rughe sul cavo delle mani – Il bollore sonoro esalta le considerazioni di Nietzsche sulla lotta dell’uomo per togliersi di torno il Male – Questo inutile ceppo, dice Giovanni Boine - E il Tafano Dionisiaco sa di essere un potente medicinale perché viene dalle radure d’ogni “tema della Natura” – A questo punto si può scatenare la danza frenetica e si sa che volge verso la frenesia.

 

IL CANTO DELLA DANZA (semplicemente incantatore)

Il Profeta danza appagato nella parte più vasta del poema sinfonico. Il Tafano Dionisiaco fa lo scemo accennando passi di tango e il violino solista sembra ammattito in ogni bandiera sonora che sventola tra lo sgretolato e il marziale -  Ebbrezza che si gonfia come onda orgiastica di suoni che viene trapunta dal rintocco secco di campane – Il Tafano Dionisiaco è a suo agio come il miele sulla lingua dell’orso.

 

IL CANTO DEL VIANDANTE NOTTURNO

La feroce furente polpa sonora si placa pian piano – Zarathustra non balletta più. La danza gliè finia - Il Tafano Dionisiaco traduce con ali e pungiglione la massima nicciana: “Profonda, profonda eternità” - si distende l’invocazione che tiene case alberi e ogni buriana del boschivo esserci da franati e stanati dalle voglie più che dalle doglie e dalla notte dionisiaca, anche da quella al Campo della Barra dove risiede il Tafano Dionisiaco; emerge la luce velata del nuovo giorno sulla piana che porta al lago di Massaciuccoli e poi al Mare  – L’orchestra archeggia e poi arpeggia e il violino solisteggia e poi i legni legneggiano come frutti che maturano sulle bocche che aspettano d’inghiottirli buccia compresa – La notte si svaga e dimaga il richiamo della Natura nel velato lucore del giorno mitico porta la pace raggiunta – E il Tafano Dionisiaco ripensa al suo Giasone tragico sotto al peso d’ogni percezione notturna con l’orchestra in gola del muto gorgoglio afasico. Gli porterò la danza del viandante – Che se ne nutra è la speranza!

 

 

Fabio Nardi

  "Resti industriali in Val di Serchio, 1982" - Galleria Nadar Pisa

(tecnica di sviluppo in camera oscura per sovrapposizioni)

 

 

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TAFANO DIONISIACO

amico di Giasone

Il Tafano Dionisiaco, così mi definì Medea Topino Virgolina, oggi, 14 febbraio 2017,  vaga nella campagna della Val di Serchio, dopo il Campo alla Barra, il monte Legnaio, il lago di Massaciuccoli Puccini, le cave e i campi disertati dalle culture. Il Tafano Dionisiaco stamani ascolta nelle cuffie “Così parlò Zarathustra”  di Richard Strauss e lo dedica a se stesso e all’amico guerriero greco Giasone.

Però attorno a me e in me come riflesso: i cavalcavia dell'autostrada dove stazionano di giorno le puttane e la sera i transessuali; i capannoni alcuni attivi e altri cadenti per paesaggio post-industriale; le acque torbide del fiume Serchio e del Lago dove in riserva muoiono e vivono in cattività animali e volatili e alberi mangiati dal salmastro e dalla chimica. E nel via vai di genti in auto e nel jogging  mito duemila della salute questo è il mondo dove un Tafano Dionisiaco attempato può ronzare.

Sarà questo il mito greco e mistico da coltivare? Perché quello caro ai neo-classici d'ogni epoca già Nietzsche lo smontò accostando le volgarità della polis alle lisce cosce di Apollo! E che Zarathustra pensò di redimere sgambando in Engadina.

Per certo io annuso il fumo dei pneumatici che bruciano per qualche protesta non quelli di qualche città descritta da Omero e i fiori, anche di plastica, battono i denti - nacchere dell’ ex-sublime classico storpiato? - sotto la polvere delle antenne delle tivù e sopra i cavi della fibra-web che nutrono i social e i blog magnificanti la floricultura classica; e suonano le sirene della polizia a caccia di ladri e massacratori di vecchiette.

Però il Tafano Dionisiaco qui vola. E in questo mito s'insozza e muore col suo essere come tutti: come il consumatore d'eroina in overdose; come la suora santa che prega nel convento a mille metri da dove si smontano auto rubate; come i disoccupati in piazza del paese che di colpo son tornati sfruttati come gli antenati sfruttati dell'ottocento; muore come la ragazzina che va all'incontro con l'innamorato che cresciuto sui video porno sul suo iPhone non saprà pronunciare neppure una frase d'amore per lei! figurati quelle del mito d'amore che fondarono Saffo e Alceo e poi Ovidio e Catullo e poi i poeti provenzali e poi  Dante  e Petrarca.

Il Tafano Dionisiaco vola sul catrame secco delle parole inutili on line e su e quello che verrà sparso nei giorni  a venire sul web; tra i fossi marci dove scaricano frigoriferi e cellophane con i resti d'ossa di vitelli felici maciullati per la catena alimentare; e Strauss e Nietzsche e il loro Zarathustra son contenti che qualcuno riveli cos'è ora la Danza la Scienza la Natura il Funebre la Convalescenza dai dolori e l’andare verso qualche altrove feriti da gioie e passioni perdute. Come Giasone che il Tafano Dionisiaco ha per amico. In piena  ferita d’agonia e d’improbabile resurrezione ad altro partendo dal reale del 10 febbraio 2017. Al Campo della Barra dove nell’alba il Viandante Giasone intravede una timida luce nel pianissimo di Strauss sopra l’Ulivo di Giovanni Boine.

Quindi Strauss e il suo Zarathustra trascritto in musica dal tedesco folle è proprio adatto al Tafano  Dionisiaco alzatosi in volo dal Campo della Barra essendo amico di Giasone; d’un eroe greco che lì una notte fa balbettava rivolto alla segreteria telefonica un alfabeto incomprensibile di dolore e d'amore e stranito furore per stare in rima a calcolare la catastrofe di quanto c'era prima e ora non c'è più. Come da millenni non c'è più alcun classicismo e gli eroi, come Giasone, vivono e gioiscono e muoiono come tutti. Con in più la colpa originaria che li fa agonizzare nelle parole che scrissero rivelatisi coltelli per la glottide ogni volta che un frammento e un'immagine si ripresenta nelle loro notti. A strozzarli.

 
 



 

Claudio Di Scalzo

IL ROMANZO DI MEDEA T. VIR E GIASONE NEI SUOI LIBRI

Medea T. Vir il 17 luglio 2011 – Libro Primo

Medea T. Vir a Padova – Libro secondo

L’Ombra d’Argo – Libro Terzo (sequel)

Argo ancora nel mito - Libro Quarto (sequel)

Le vele di Argo in Narrative Art – Libro Quinto (Prequel)


 

                                                                                                                                                                              
                                                                                                                                                                                                             Giasone e Medea T. Vir


 

(Il "ROMANZO DI MEDEA T. VIR E GIASONE" probabilmente non ha pari, né di uguali, nella letteratura e nelle arti. Perché questa originale esperienza può avere parentele nel mondo del fumetto o di alcune serie televisive o di Art Brut sequenziale. Il “Romanzo di Medea T. Vir e Giasone” come già il “Canzoniere di Karoline Knabberchen” sono strutture estetiche popolari, che coniugano empiti del melodramma ed i generi più popolari con i linguaggi più alti della filosofia, del mito, della teologia, del sublime e del tragico – Questa prassi la ritroviamo in altre avventure con altri personaggi sempre sull’Olandese Volante Transmoderno. Medea Topino Virgolina, Medea T. Vir, è il personaggio nero e crudele della mia letteratura.)