:: Karoline Knabberchen: Quartetto del Mar Gelido. Pagine del Diario Bagnato.1983


Teismo liquido di Karoline Knabberchen (1959-1984)
Foto Fabio Nardi 





Karoline Knabberchen
QUARTETTO DEL MAR GELIDO
(PAGINE DEL DIARIO BAGNATO - 1983)




Pagine di Diario bagnato, II - CDS





 

1

Se ne prendi l'inconsistenza, se ne osservi l'impalpabile bellezza; se spezzi il pane dell'ignoranza e briciole fini fai piovere a terra: tua dimora è il Tempo.
Io, Fabio, rifuggo il giogo dell'uomo. Giacere dentro un infinito: unico laccio - bello quanto rapinoso! - ricordo in coppia. Tremo sopra cotanto slabbro aperto dalla tua radice (a fittone come si conviene al selvatico crescere) sul cedevole che in me dimora: perché da questa ferita - in lei Knabberchen saltellante - si divarica il tempo, il fenomeno: io e te divisi, inaccessibili l'uno all'altra. Temporaneamente. Lo sarebbe pure morissi andando in qualche cielo! Inamidata assenza (dirai per inutile concessa ironia) nascendo, essa, nell'ingenuità - e dalla durezza - dell'Amore.
A te sempre legata dal filo ingarbugliato dei simili vissuti: anche questa (mi suggeristi un giorno) è Appartenenza. A ciò vale l'urto: spinta verticale in cui precipito rovinosamente (a rovescio) e tu assolvi, dal foro (smagata estetica? assente etica?) ininterrotto del tempo (nostro tempo, tempo lì fuori) quant'è riassorbimento e lenimento (per sutura liquida lacrimale: tu dal riso io dal pianto): le nostre memorie.
Cerco la salvezza, vagamente. Solo a tratti ne posseggo il senso: a questo incompiuto senso appartengo, pure quando diventa sole nero che cola dentro lo sguardo. In te Fabio tento la tregua, e tu (che sei l'inaccorta compiutezza d'ogni mia ricerca) confermi tuo malgrado l'irriducibilità dell'assoluto al frammento. Tu ed io,  a volte, separati dentro un'infinitezza ancora più sacra, ancora più terribile. Un gesto, nessuna soluzione; ma l'apparire d'una seconda, luminosa possibilità. Perché l'Amore è duro come la morte, recita il Cantico dei Cantici: lo prendo in Parola. E in te brilla la concretezza vitale che in fondo, oltre il gesto, possa esistere il perdono.

 

2

Come dirti che declinare al presente il mio dolore non ha importanza? Esulteresti per la parola apocrifa, mancata quel giorno a quell'ora, se oggi, improvvisa, rifulgesse sopra i brevi riflessi delle onde, a Marina di Vecchiano? a Sils Maria in Engadina? Sarebbe pur sempre e solo schiuma. Non t'inganni il suo biancore: credo in questa fusione, però anche il mare sussurra bugie. Ti riconosco, broncio teso al vento, chiuso nei tuoi trent'anni, come oggi, a lanciar granaglie di sassi nell'infruttuoso blu. Sono in pericolo come frutto d'altri frutti: dunque non ti crucciare. Solo il tuo dolore pesa, in questa condensata assenza che mi vede tossire in ospedale a Coira. Sii comprensivo amor mio: con la fermezza che la tua Karoline pure, qui, posiede. Tremo sul tuo labbro schiuso (non rispondermi non rispondermi), nel tuo amore caracollante fecondato dalla perfettà complicità tra sano e malata.

 

3

In me ti posi come linguaggio sul quale - in perfetta adesione - i miei pensieri galleggiano. Sono il paesaggio delle tue azioni, potrei dirti, la rosea calce dei domestici ritorni, l'anima di ciò che (amorevole) richiudi ogni notte fuori di te; ma sono pure lo scandalo dell'imbrunire, il brivido che odori selvaggio con l'ultimo giro di chiave. Sono l'estasi del perdersi e il luminoso ritrovasi del giorno. Lo dico stringendoti - tacendo - la mano, col sorriso che spiega il brio da sconcerto per il sentimentalismo romantico fuoristagione. Intanto lasci, incauto? indifferente?, ch'io scorga nel bianco del tuo occhio ciò che forse intendi dal contatto episodico.

Oggi ti balbetto, e questo capita anche nei ricordi infantili, nell'inciampo di certe sentenze protratte da chissà quali siderali silenzi. Però è sempre tua, la voce che odo, se ti sono lontana, nel nido di foglie, a Guarda, e in quello profondo totale, dell'oceano, in porzione, che scorgo dalle rocce di Bretagna.



 


Pagine di Diario bagnato, I - cds




 

4

Chissà perché il tuo gioco preferito è creare fratture! Il mio è osservare questa crudeltà: però il gesto tuo e la mia immobile postura rendono, stranamente, fruttuoso il tempo. Sorprendente, specifichiamo. Così è possibile tra noi cantino le cince, mentre il cuore di Swann fiorisce allegro, agognando la stagione propizia all'amore. Il mio romanzo preferito è sempre e solo il nostro - bensì non lo ricorderai di certo - quando dispettosa e un po' per turbare il gioco-trama ove a differenza di te tremo!, ti dissi che Proust ci aveva rubato l'anima, tenendola imprigionata dentro il riflesso dello specchio cornice lignea cesellata, nella sua stanza-prigione foderata di sughero, a Parigi; e tu, che non cogliesti lo spavento nell'occhio del maestro mentre esalava gli ultimi respiri, ti dicesti fortunato per quell'apprendistato nel Tempo Perduto. Sono abbastanza perturbante nelle mie visitine alla letteratura scomparsa, eh Fabio? Ti senti ancora di giocare pensandoti comunque vincente?