:: Fabio Nardi: Il Povero Scrittore. A Karoline Knabberchen

Cds: "Povero Musicante in testa al Povero Scrittore"

 

 

Fabio Nardi

L’ATTESA DEL POVERO SCRITTORE

(Racconto religioso con fiore)

                                                              a Karoline Knabberchen

 

“Aspetto sempre qualcuno che non conosco”, disse l’autista. “Per questo smetterò di guidare pullman in giro per l’Europa. Questo è il mio ultimo viaggio”.

Tornato a casa da Vienna, e non aveva scritto un rigo rivedendo i luoghi dove con la fidanzata aveva vissuto tanti anni prima, ripensò alle parole dell’autista.

“Aspetto sempre qualcuno che non conosco. In sosta. Dietro a un finestrino”. Anche il Povero Musicante di Grillparzer sulla Brigittenau, suonando il suo violino senza tempi né melodia, aspettava volti amici che comprendessero la sua musica. Volti sconosciuti. Si disse lo Scrittore. E si senti fraternamente vicino all’autista e all’umile suonatore di violino. Anche lui era uno scrittore che non conosceva la grammatica dell’esistenza. E ciò si riversava nei suoi scritti mai conclusi, incomprensibili. Come il musicista che suonava sulle strade viennesi per pochi spiccioli, lui era stato scrittore in inutili scambi con veri autori ricavandone pochi righi di condiscendenza. Anche con sparuti lettori non era andata meglio. Ripensò alla fidanzata che a Vienna gli aveva fatto leggere il racconto del Povero Musicante nei giardini davanti all’Albertina. Gli aveva consegnato un destino calcato. A suo modo letterario. Quel viso amato era inutile attenderlo al Prater. Aveva scansato ogni prato per il fondale d’acqua in un notturno d’agosto. Ma lui lo vedeva. Era l’unico che gli sorrideva. Che ancora capiva il suo modo anomalo di vivere. Di scrivere. Da anni aspettava qualcuno che non conosceva, almeno una presenza che avesse per lui riguardo e cura come un tempo aveva conosciuto nella giovinezza. Non era accaduto. Semplicemente - è così semplice spiegare la vita degli umili nell’abbassamento - perché o non aveva incontrato volti amici, parole amiche, o se parole sentimentali avevano usato con lui quei volti, poi li aveva ancora attesi vedendoli diventare sconosciuti nei lineamenti, nei linguaggi. Loro cambiavano, lui restava uguale. Con la sua sgrammaticata vita, con la sua sgrammaticata scrittura insensata. L’autista gli disse che sarebbe andato a pescare. Vivendo da contadino. Lui si disse che non avrebbe aspettato più nessuno. E vissuto l’autunno con l’amarillide si consegnò all’inverno con un' incongrua rosa rossa tra le mani, possibile sia sbocciata con questo gelo?, ma andava all’incontro col Bambino che nasceva dalla Madre Celeste e ogni fioritura era possibile. Era la sua pesca mentre era pescato dalla grammatica del divino. Perfetta per sua essenza. Strano, si disse, sto morendo e so di nascere. Il pensiero gli andò a una primavera, lontana, mentre andava verso i prati del Burggarten, anche allora aveva una rosa con sé per donarla a chi l’aspettava. La strinse nella sua carta argentata. Posò la penna stilografica col pennino d’argento sul comodino. Chiuse gli occhi.

 

"Questa è una delle mie rare prose ed è per il Natale e la Pasqua assieme" (fn)

 

 

 

 

IL POVERO MUSICANTE - Un giovane timido e solitario, figlio di un illustre personaggio di corte ma ripudiato dal padre per il suo carattere, riesce a sopravvivere solo grazie a un misero impiego. La sua unica gioia consiste nel suonare il violino anche se non conosce la musica e nell'amicizia con la bella figlia di un pasticcere. Ma ben presto perderà anche quest'ultima consolazione. Franz Grillparzer (1791-1872), drammaturgo austriaco, è noto come raffinato autore del secondo romanticismo tedesco. Il Povero Musicante assieme al Convento di Sendomir sono i soli due racconti che scrisse.

Il racconto di Franz Grillparzer, Der arme Spielmann, del 1848, Il Povero Musicante, lo tradusse per me Karoline Knabberchen. Nel 1982. Ne tradusse una parte a Vienna stando sdraiati sui prati del Burggarten, e l’altra in Piazza dei Miracoli a Pisa sul manto verde. “Ricordo ancora questo dono", pensa Nardi. "Il tenero sole primaverile, la voce, le mani sul quadernetto. Il viso che m’aspettava sull’erba tra l’ingresso della Cattedrale e il Battistero”.