:: Sara Cardellino: Se sogno Karoline Knabberchen e Fabio Nardi.


Karoline Knabberchen a Sils Maria - Foto Fabio Nardi


 

 

Sara Cardellino

SE SOGNO KAROLINE KNABBERCHEN E FABIO NARDI

Stanotte ho sognato dei pesci. Enormi, alati, volavano fuori dai flutti... Li guardavo impaurita ma attratta allo stesso tempo, come spettatrice d'un bestiario rivelato.

Devo essermi svegliata a causa del vento che batteva sulle imposte malmesse di questo cascinale. Riaddormentata, sogno ancora: sei tu, Claudio, come Fabio Nardi da giovane. Con te c'è una ragazza bionda: figura sottile e delicata. Ne percepisco i pensieri come fossero i miei... non ho dubbi: è Karoline Knabberchen. Tu la stringi: siete in una stanza luminosa della casa che so decrepita per il resto: ma la camera è vezzosa in stile Pop e sulla parete alte montagne in manifesto che percepisco d'Engadina. Sciocca scopro che m'appaiono dalla finestra aperta. Il cascinale pisano di Nardi che guarda le montagne dell'amata mi sembra perfettamente logico. Vorrei quasi dirvelo ma Karoline è intenta a percepire il calore del braccio che la cinge anche se protesta per la tua barba lunga, da giorni non rasata, che le segna il collo. Nardi per addolcirla e scherzare, sussurra: Cos'hanno da rimproverarmi questi grandi e begli occhi celesti? Karoline non risponde. S'allontana dall'abbraccio con signorile diniego. Dopo un interminabile silenzio dice: Non sei mai puntuale nello scegliere i punti di vista su questo nostro legame! A quel punto Karoline vede i suoi occhi che la guardano però senza alcun specchio e io so che accade qualcosa che rende la Ranocchietta Svizzera autrice essa stessa del suo stesso presente passato con te e del mio stesso tempo, essendo da lei accolta, vissuto con l'uomo ch'è Claudio e ancora Fabio. 

Nella tua stretta, di prima, dice e descrive Karoline, pure rivolta a me,  percepisco lo scarto improvviso di chi scatta inaspettatamente - fremendo - dalla posizione in cui si trova. Come cercassi stringendomi di rovesciare, quasi fosse bacinella appunto per la barba che non ti tagli, la profondità in cui scivoli e in cui a un certo punto ti pare d'affogare con me. Il tuo abbraccio sembra un inutile salvagente per chi in acqua, come me, ci entra, se ci entra, da sola. E mai dopo un abbraccio d'amore. 

Intuisco, tremando che Karoline rivela, a me a te, i suoi ultimi giorni all'isola
Austvågøy nelle Lofoten. 

Aver amato completamente, ed aver perso tutto in un attimo, t'ha reso impermeabile verso l'esterno. Non è infatti che il bene non ti giunga: ma in te si districa e si rivolta in dolore. Ti preme il petto, colpisce con zoccoli di ferro lo sterno. Sta sotto metri d'acqua, il tuo bene. Se ti salvi, Fabio, allungherai finalmente la tua mano fino sul fondo e lì mi troverai: sarò ancora riflesso dei tuoi occhi coperti dall'acqua che per decenni hai trattenuto.

Questo dice -o pensa- Karoline e mi suggerisce in petto di sussurrartelo, Accio appena mi risveglierò... e dirti che le ombre non sono più sotto la superficie.

Sono dissolte in te, e attendono liberazione. Sono giunta nella tua vita con il viatico di Karoline. Il sogno è eloquente. Decisivo.