:: Claudio Di Scalzo: Pensiero-inventario di Karoline Knabberchen

 


KK disperata

 

 

Claudio Di Scalzo

Il pensiero-inventario per cuori in viaggio di Karoline Knabberchen

(post scriptum con un piede solo sopra al vocabolario minimo del viandante)

 

Di cosa abbiamo bisogno, in questa marcia, manciata di carezze ed affezioni, ed afa, estive folgori nel paesaggio intorno all'assedio della roccaforte del cuore? Domandi l'impraticabile: un prontuario per bestie migranti nell'immobilità di un dove estetico. Vuoi davvero che ti converta al viaggio, Fabio?

I

La prima, la più importante rappresentazione dell'io viandante, è una bussola interiore che punti al nord siderale. Nell'estasi della transumanza ti perderai, in cerca di verdi, estivi pascoli d'inconsapevolezza. Dovrai dunque puntare l'ago al cuore dell'osceno: l'ego del cui piumaggio conservo stretta la nera piuma dell'abbandono (se non ti perderai per strada, te la riconsegnerò sotto l'estivo sole norvegese, prima dell'ultimo tramonto) per dirigerti dritto al centro del mio cielo, polo magnetico nell'attrattiva di corpi e pulviscoli emozionali per viandanti in odore di beatificazione.

 

II

Il secondo elemento lo dovrai tatuare bene in vista, lungo la curva dell'avambraccio, come strada od ansa - di spada od oscuro fondo di bucchero?- (troppo facile similitudine del nostro incontro?); o coda dell'adamitico serpente (anche questa metafora appesantisce il volo al tuo immaginario?); oppure una corda, che sarà, quando il tempo volgerà alla fine, oggetto di salvezza, o nodo stretto intorno al fiato di chi rimarrà, di noi due, per sempre ritardatario al salto verso la comunione con il divino che ci portiamo appresso, e a cui siamo costretti a trovar casa. Per te ho pensato anche al collare a strozzo che si usa con i mastini, per i momenti in cui ti confondessi nel ruzzare con qualche tortorella nel cielo sopra Vecchiano.

 

III

 Imprescindibile in ogni partenza è l'occhio rubato alla ruota del pavone. Abbandonare la soglia paterna privi di questo amuleto, significa condannarsi all'eterno vagare senza destinazione e senza ritorno. Quasi Ulisse, ma privo della speranza dell'approdo. L'occhio da sottrarre all'agguerrito pennuto va individuato con estrema cura, pena un'esistenza estranea al conforto della morte.

 

IV

La quarta meraviglia da tenere in saccoccia - accanto all'acqua e alla menta, adatti strumenti a schiarirti l'ugola nel richiamo del canto - è una desinenza sempre buona per salvarsi dal verso tronco, nella metrica tragica su cui saltello con un piede solo. Tu, personaggio da Palliata, avrai con te le alfa adatte al dialetto della mia poetica?