:: Claudio Di Scalzo: Goethe e Karoline Knabberchen

 
Stoccarda - Foto Fabio Nardi


 

 

Claudio Di Scalzo

GOETHE E KAROLINE KNABBERCHEN

Dal verde quadro del cielo sopra le guglie del duomo di Stoccarda si sfila l'intima voce del Romanticismo, ultima prosecuzione ed estetica della più antica religione dei padri, filtrata da Lutero nel dogma terribile del sacro libro. Io amai più d'ogni altra immagine della mia città, quel cameo irriverente che Böttinger consegnò ai posteri, i ricordi attorno alla biografia di Goethe: notizie di prima mano. Me lo immagino ormai anziano, seduto con la fronte aggrottata, rivolta al rosso della pietra dentro il tramonto e l’arpeggiare delle colline infiammate lungo il Necker alle sue spalle; me lo figuro rifondere vita a immagini e nomi, ricordo di giovanili vigori, e giochi, e stupore per cose e uomini. Cominci a capire chi sono, Fabio? Ti ho raggiunto sfuggendo al giogo del destino, per testimoniarti che è possibile, come Karoline ripete da tempo, intraprendere un viaggio dalla sua fine. Ascolta bene la mia voce trascinata dal vento, ascolta la storia che sto per narrarti, affina i sensi addormentati, quelli più profondi, in cui non credi: essi sono l’ingresso a questo tuo viaggio, e al luogo dove Karoline Knabberchen ti attende (ma per quanto ancora?). V'è un che di dongiovannesco anche nell'autore del più noto Faust, quando cavalca verso Stoccarda - "città di stallieri", secondo l'etimo sassone da cui io fuggii imbizzarrita, gutturale recinzione di suoni, e da cui presto venni raggiunta e imprigionata. Oggi troneggio bene in vista, al centro del giallo blasone della città di Stoccarda.

 


Stoccarda - Foto Fabio Nardi


 

Oh, vedo che annuisci, hai dunque compreso: io sono la Nera Giumenta rampante, simbolo di qui, la cui criniera vela i sogni tuoi, e quelli della tua bella, impressionabile fidanzata, nelle brevi notti estive sul Necker. Conosci il mio crine, lo attraversi ogni notte con la tua mano, quando cedi alla voluttà dei corpi: degli infiniti accoppiamenti d’uomini e animali cui sono l’arcana protettrice, raccolgo l’ombra in cui intesso scrittura (la tua?), gocciolio di fraintendimenti, frizione scabrosa tra verità e poesia cui il nostro poeta dette direzione e misura. Dunque egli, Goethe, giovanissimo, cavalca con l'amico il duca di Weimar verso Stoccarda, e per gioco con lui scambia i vestiti: due giovani attraversano le campagne in cerca di galanti avventure (tutto ciò ti ricorda qualcosa? Forse non avevi anche tu un amico laggiù a Nodica, un certo barbiere?). Dal tuo sguardo perplesso comprendo la tua disapprovazione. Mi credi figura mitologica e morale, abbeverata a leggende, fossero pure vergate da mano ferma qual è quella del Böttinger; ma non ti dissi forse ch'eran fatti di prima mano? E non specificai altro. Bene, ti basti sapere che fu in quella occasione che venni ricatturata, proprio alle porte della città di Stoccarda.

 


Stoccarda - Foto Fabio Nardi


 

Ora intuisci? Bravo: vedo che il sonno agitato della tua fidanzata ti suggerisce la giusta andatura nella storia: il trotto nervoso della caccia. Non è così? E questo farà per tutto il vostro viaggio, fino alla fine – o all’inizio- : saprai stare al suo passo? Dunque mi acchiappano, proprio mentre Goethe scende dalla mia groppa e m’accompagna al foraggio. Chiaramente conoscevo già la mia sorte (ti sia preziosa questa indicazione, giovane italiano: son parca di suggerimenti, ma la vostra tragica storia mi spinge a certa clemenza). Sapevo m'avrebbero presa, non appena avessi varcato i confini della città, e che sarebbe stata la fine della tanto agognata libertà. Però vedi, era troppa la curiosità di conoscere cosa avrebbe ricordato l'umanità di questa storia, cosa avrebbe trattenuto nella sua collettiva memoria, e detto e scritto un giorno agli uomini tuoi contemporanei del viaggio di due gentiluomini tedeschi.