:: Pardini Nada: Ir mi' figliolo Accio. Feuilleton strapaesano

 

Claudio Di Scalzo

"Stella protettiva di Accio per la su' mamma hoperata ar core"

 

 

 

 Pardini Nada         

MÈ CAPITATO UN FIGLIOLO FATTO ‘OSÌ E ME LO CHIAMANO ACCIO

(Feuilleton strapaesano)

Prima di buio prima che i pipistrelli mordessero le ‘ode ai rondoni sopra la ‘appa di cielo di ‘asa nostra… mi mettevo in cima all’aia perché di lì a pòo sarebbe ‘ominciato il pellegrinaggio con le orazioni verso di te che n’avevi ‘ombinate al solito di ‘otte e di crude… s’eran mamme me la ‘avavo promettendo gonnelle ‘ucite e stirate senza che spendessero una lira e s’eran omini il più delle volte ‘ontadini il tu babbo Lalo avrebbe sterzato qualche viaggio nei ‘ampi col camion a portà al mercato spinaci in inverno e pomodori in estate senza fanni tirà fori un quattrino… mi prendevo certe arrabbiature perché ti facevano apparì peggio di quello chessei…  e qualcuna di sussiego con in famiglia gente di ‘oncetto faceva notà che col telefono si fa prima ma non cèra in ‘ucina perché l’avremmo messo tra qualche anno per tu pà che lo chiamavan pe’ viaggi d’andà lontano e per te… perché eran cominciate altre visite ma stavolta di ragazze per dimmi che ciàvevo un figliolo bugiardo che l’aveva prese in giro con un’altra… e io che potevo fà? ch’avevo smesso sul subito di pensatti posato e sposato in Sant'Alessandro con un bel fresco lana cucito da me… nulla! sopportavo con te piccino e con te grande… a volte ti dicevo ch’era “meglio perditi che trovatti”… e questo ti scartavetrava lo ‘apivo… però era bene che intendessi che se te lo dice una mamma è proprio segno che sei Accio di nome e di soprannome… ma lo dicevo  sorridendo e ripensando che fatti nasce a sette mesi e salvatti con una puppa sola con un ‘apezzolo solo perché l’altro non buttava era stata un bella impresa… eri venuto fatto ‘osì… meglio non potevi esse bimbo mio… e anche se ti stramonavano sull’aia… l’altri figlioli dell’altre non l’invidiavo… mi garbavi di più te… eri unio nelle ‘orbellerie nei dispetti nelle bugie… e quando mi portavi le ciliegie mature, che avevi rubato da qualche albero salendo più in arto d'uno scoiattolo, le più rosse, eri il bimbo più bello del mondo per me… con quei ‘apelli riccioluti che si ribellavano a ogni pettine… con quegli occhi neri che sembravano vedè anche nel buio… e il viso tanto bellino che veniva voglia di sbaciucchiatti come fossi zucchero… lo vedi come mi buttano i pensieri? ora che ò il core mezzo pompato dalla macchinetta che gli dà battito per fammi campà dell'altro.                        

E mi guardavi ironio… e sembravi dirmi… “meglio perdimi che trovammi?... 'osì uguale non lo ritrovi… e poi ti manco!” – Era proprio 'ome mi dicevi col sorrisino a demonietto... e m'immagino che senza esse mamme l’an pensato lo stesso le donne che t’an preso il core e tu a loro… son stata anco gelosa… non dovrei dillo né pensallo… ma-me lo dio e te lo dio… perché a volte ciài lasciato le piume… e ti vedevo sul terazzo nella sera che passa a guardà il noce dove il tempo degli innammori posò limatura di ferro e pane… e intendevo che a sposatti e avé figlioli un thà tenuto del tutto le briglie.                   

Con la quinta elementare cè da legge poo... poinino s’intende… allora da bambino tu se’ stato il romanzo in cima all’aia  dove intendevo quello che più mi piaceva 'apì e sottolineà con la matita d'un sospiro d'una risata… e poi per riraccontallo al mi' Lalo e riavacci altro ‘apitolo col su punto di vista che non andava a combaciassi al mio… se sei scrittore come pensi d’esse raccontala la tu mamma el tu babbo che ti misero al mondo fatto ‘osì… se un mi si ferma il core prima... poi me lo leggi… e se è meglio perditi che trovatti... perdere il tempo passato e ritrovacci un libro mi sembra un'avventura signifiante che qualcosa di bono te che bono un lo sei stato 'ai 'ombinato... e son contenta davetti fatto 'osì anche se tàn chiamato Accio...  

 

 

NADA PARDINI

Pasqua 2012

  

 

CDS: "Il piccolo Accio corre sull'argine del Serchio" - Tempera su carta

Anni Ottanta

 

 

 LA NADA, LA CHIARA, LA MONELLERIA ARTE MIA

(2012)

Disegni e racconto possono essere accolti nella definizione di Feuilleton strapaesano telematico. Quando torno nella casa vecchianese, vicino al mare, e sul Serchio, ascolto la mi' mamma raccontare episodi sulla sua vita, sui suoi genitori, sul marito Lalo, sui miei amici come Il Pazzo, e su di me: Accio. A volte trascrivo queste narrazioni di una sarta con la quinta elementare. C'è la lingua toscana allo stato puro, e c'è la mia stirpe. Ma pure il racconto orale che mi riguarda. Il feuilleton con buoni e cattivi e tragedie e risalite nell'umorismo e nella saggezza popolare.  

Per questo racconto che riguarda anche mio padre Libertario detto Lalo, un amico come Il Pazzo, e altri miei parenti, mi sento di appartenere alla vita e non alla letteratura. E qui sta la mia assoluta diversità - che è sempre esistita anche se praticavo la Body art o la Conceptual Art o le tecniche d'avanguardia a fine anni sessanta e settanta - rispetto a tanti nominati artisti e scrittori e poeti in circolazione.

Per me meritano l'appellattivo di artista la Nada e Lalo e il Pazzo e poi vengo io Accio. Che usa, ha usato, usò l'arte anche per raccontare la madre che va impaurita in ospedale  a farsi aprire il cuore, o Lalo che nel Lago di Giacomo Puccini agita il fazzoletto rosso contro i fascisti assassini sulle rive.