:: Claudio Di Scalzo detto Accio: Io ti aspetto. Sono qui sulla banchina! (Lettera fondamentale a Sara Cardellino)


CDS - L'Orologio con cui aspetto chi amo: Sara Cardellino





Claudio Di Scalzo detto Accio

IO TI ASPETTO. SONO QUI SULLA BANCHINA
(Lettera a Sara Cardellino - Sembra un melodramma ed invece è tutto vero)

 

Oggi, Sara Cardellino, sono andato a prendere mio figlio, a Pisa, che tornava col treno, da Milano. Sulla banchina ero nel punto esatto dove mio padre, Libertario detto Lalo, m’aspettava quando avevo l’età di mio figlio. 22 anni. Ho provato un’emozione intensa, tanto da dovermi appoggiare al marmo della colonna. Intanto il treno arrivava. Entra in stazione. Scendono molte persone. Poi scorgo mio figlio ha un bel sorriso e cammina elastico verso me.

Fatti abbracciare figliolo, fatti abbracciare Accio, fatti abbracciare Ciro.

Accade che abbraccio mio figlio e ne sono riabbracciato, accade che Lalo mi stringe a sé. Come va compagno? Sei ancora più forte di mesi fa? Sì, papà, sì babbo. E poi passo il braccio sulle spalle di Ciro, sento il braccio di Lalo sulle mie spalle. Che forza che ha. È mio padre, è mio figlio. Siamo la catena che non si spezza, siamo compagni, e nessuno mai ci dividerà.

Hai aspettato tanto papà sulla banchina?

Io ti aspetterei una vita.

Hai aspettato tanto babbo sulla banchina? - Io ti aspetterai una vita e anche più in là.

Ecco, mia Cardellina, ricorda queste parole: Io ti aspetterei una vita e anche più in là!

Sono un uomo semplice, lo sai, anche se invento molte alchimie nei segni, che poi ti coinvolgono tanto, ma sono semplice. Candido. A volte addirittura scemo. La mia scemenza e semplicità mi dice che io mi aspetto da chi mi ama riamata che mi attenda sulla banchina quando arrivo. Che ci sia sempre. Anche più in là! Sennò non è un amore adatto. Non è abbastanza grande. Non mi garba viverlo. Non mi s’inganni facendolo apparire quello che non è: magari con l’estetica.

Chi questo non capisce, prima o poi mi tradisce. E la rima è perfetta.

Ecco perché ritroverò Karoline Knabberchen e mio padre. Mi aspettano che arrivi! Lo capisci?, so che lo capisci! Questo è il "fondamento" del nostro legame. Che vive due volte. E se accade è perché quelli prima non hanno retto all’usura del tempo, non erano amori capaci di stare ad aspettare sulla banchina chi arriva. Ed a comprenderne il ritardo. Gli errori se hai sbagliato treno. Le colpe se hai sbagliato stazione.

Tutto sembra scorrere e cambiare. Ma io ho sempre raccontato la "leggenda" che hai ascoltato che vale per ogni amore. Di padre e di figlio e tra uomo e donna. Perché il tempo che elide muta immiserisce non valesse per il legame, il patto, scelto. Ora puoi capire, anche se già sai, altrimenti non sarei qui a scriverti, cosa provai in passato quando fui costretto a scoprire una banchina vuota.  

L’abbraccio che ho dato a mio figlio ha reso ogni mancato incontro sulla banchina, che vissi, piccoli episodi da dimenticare assieme a quanto su di essi scrissi. Violenza sopportabile. Equivoci ormai sciolti. Ripudi alla mia libertà anarchica non più grandi di quelli che subivo monello sull’argine, escluso dai giochi; sfottiture non più feroci di quelle che mi lanciavano stando su di una sedia a recitare a forza poesia da ragazzino.

 

ACCIO E CARDELLINO SULL’ARGINE DEL SERCHIO. PASQUA 2018 A VENEZIA.
CON KAROLINE KNABBERCHEN E IL BAMBINO SULLA SEDIA



E, ad aspettare te, Sara Cardellino, a Venezia aeroporto Marco Polo, tornando da Lione, dove hai suonato Poulenc, c'è sì, l'amica che ti cura la casa in tua assenza, ma ci sono anch'io: perché la signora Carla tiene con sé i sette acquarelli, uno per ogni giorno, che sei stata in concerto. Come vedi so aspettarti.