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:: Claudio Di Scalzo: Se Bruno Ritter fa il cinese
20 Febbraio 2016

  

Claudio Di Scalzo e Bruno Ritter nell'atelier di Piazza Castello a Chiavenna -  17.II.2016

 

 

Claudio Di Scalzo

SE BRUNO RITTER FA IL CINESE

L’artista svizzero con studio nel castello chiavennasco è uno sperimentatore di linguaggi. Estetici. Che trovo assolutamente adatti all’epoca transmoderna che viviamo. Epoca che mette in condizione l’autore di andare  in su e in giù nel reale portandosi dietro lacerti virtuali e che dal virtuale può proporre il reale: una sorta di reale modificato. Come in questa fotografia. Dove io, qui nel ruolo di passeggero in atelier amico e critico-narratore, sono davanti a una grande tela di Ritter e alle spalle dell’artista ce n’è un’altra terminata che attiene ad una serie, momentaneamente, chiamata “Sassi”.

 

 

Queste forme di rocce e massi e creste montuose, risolte con maestria, nelle ombre e nei volumi, nel colore puro e in quello velato, sono prodotto insieme contemporaneo e antico, perché Ritter sta studiando e applicando  sia all’olio e molto a tavole a inchiostro, una tecnica, che diventa anche spiritualità,  e che fu ideata dai pittori cinesi prima di Cristo. Il dipingere in verticale, il presentare forme che a seconda dei punti di vista ricordano l’antropomorfo o l’irrealtà solitaria di liane e piante sporgenti su chi guarda, da una sommità, da un crepaccio, deve fare i conti pure con l’atto artigiano d’inventare soluzioni nuove su come disporre e insediare (stavo per scrivere insidiare) i colori.

 

 

Questa prassi che “ciondola” avanti  e indietro è resa possibile perché il pittore ha un’idea di pittura e dunque uno stile proprio. Modulata sulla Tradizione. Che sia l’inchiostrazione cinese o la pittura crudamente realista mutuata da Géricault o Velazquez e "adattata" alle angosce contemporanee. Queste scelte (che richiedono interpretazione e non riproduzione mimetica) permettono a Ritter, in varie serie di tele, di proporre le masse di viventi che s’affollano in qualche piazza o barca oppure quanto non attiene all’umano bensì al mondo minerale o alla flora.

 

 

Quest’epica da studio, che richiama alla montagna a costoni di roccia, la fisso come correlativo oggettivo catturando fotograficamente la tavolozza del pittore ridotta a montagnola. 

 

 


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