:: Claudio Di Scalzo: Ti amo e sarą per sempre e anche pił in lą! Sogno nel dicembre a Vecchiano. Per Lalo Libertario

 

 

 

Claudio Di Scalzo

  SOGNO DI FINE ANNO A VECCHIANO

Stanotte, quel che ero? quel che sono?, s’è dettato un sogno. Su quello che vivrò. La mia casa a Vecchiano, romanza suggerimenti onirici, per un sogno lungo altri anni da sveglio. Che poi è un romanzo vero. Perché sta in un rigo che ha avuto tanti intrecci?, mi chiedo dormendo, o perché ne ha avuto uno solo con tanti capitoli? mi chiederò, da sveglio?, ma sempre con due soli personaggi? A quel punto ho detto la frase su cui si reggeva il mio sogno, ma credo tanti altri sogni e risvegli: “ti amo e sarà per sempre e anche più in là”. Lei mi ascolta e mi sorride. Sembro dipinta, col pennellino dice, e invece sono vera, aggiunge. Anch’io ti amo e sarà per sempre e anche più in là, e te l’ho detto prima io, ma forse non mi hai inteso, stando in altre stanze, queste stanze contengono la campagna e il fiume, con altri paesi dove abitavi. Questa rivendicata primogenitura mi ha indispettito, è da una vita, penso che voglio amare per sempre e anche più in là, e tu, ora glielo confesso, mi dici che l’hai fatto per prima o che l’hai detto prima, forse scritto prima, e non mi sembra tanto giusto per il sogno che sto facendo, ma anche per il risveglio. Ha sorriso tenera, mi ha sfiorato la fronte, con le dita, l’ho riconosciuta, l’abbiamo detto assieme, a pari, perché a volte tu sei me e io te. Già!, da solo non c’ero arrivato a questa deduzione, è tanto facile, ma a pensarci bene, è lì per lì stavo per fare un battuta da pessimo teatro, di paese?, sul romanticismo che da Platone alla Emily Bronte, tormenta gli avanti  e indietro nel tempo, che ho capito cosa significava, per intero, non solo il per sempre, ma l’anche più in là. Tutto si reggeva su quell’ “anche più in là”. Che non era amare con fedeltà nel reale e nel sogno, che stupido a non averlo capito subito!, era più in là oltre la vita su questa terra. In questo campo alla Barra. Ed è il 12 giugno 1995. E sto morendo. E dormendo e sognando.

 

 

 

CORNICE


Mio padre Libertario detto Lalo, è morto il 12 giugno 1995. Il soprannome se lo scelse da solo, perché vedendo il suo nome all’anagrafe cancellato dal fascismo, scelse di chiamarsi come il compositore francese Lalo. Aveva sentito un disco dai suoi parenti immigrati in Francia. Pensò che la musica non s’imprigiona. E’ morto dormendo lo stesso giorno in cui è morto Arturo Benedetti Michelangeli. A cui somigliava molto nei lineamenti. E nel portamento. Su di lui ha scritto Antonio Tabucchi. Questo sogno l’ho fatto io e l’ho regalato al mi’ babbo. Che il mestiere di scrittore mi consenta ciò è un dono grande. E anche che io abbia, da dormiente e da sveglio, una donna a cui poter dire mentre lei stessa me lo dice: ti amo e sarà per sempre e anche più in là. Ma io questa dichiarazione d’amore, ora lo so, stanotte  è proprio qui, in questa casa, tra queste mura, da piccino l’ho sentita. Detta da qualcuno dei miei familiari. Oppure narrata da loro e riferita ad una dedizione invincibile d’amore. Altrimenti non avrei fatto questo sogno. Qualcosa è continuato per chi se ne è andato e per chi resta. E ora da sveglio, mentre guardo la magnolia e poi un noce  e poi un pino  e poi un cancello verde, carezzo chi mi ha visitato. Accanto a me.