:: Lautréamont - Trad Salata 3

 

 

 TRAD. SENZA COVA

Versi  d’amor spilli

Strofe corte      

Di traduzioni imbecilli

Che civettan con la Morte

In tragicommedia anelante

Sorte e senso indietro e avante

La serie de “La trad. senza cova” (Traduzione? Tradimento? ) contiene poesie tradotte alla meno peggio, covate poco cioè, con parecchia imbecillità, dai due protagonisti dell’assurda vicenda amorosa, che sono Covato Poco Salata Maretta. Tutto ciò, ovviamente, porta con sé Morte, della poesia?, della serietà?, con rovinosa Sorte! Illustrata con indecenza a tre sporte, come si dice a Pisa.

 

 

 

Isidore Ducasse conte di Lautréamont

  I CANTI DI MALDOROR

(dal Canto Quinto)

2 - Vidi vedevo vedo davanti al sottoscritto Isidore-Lucien Ducasse un coso ritto sopra un poggio. Non ne distinsi distinguevo distinguo palesemente la sommità; da subito indovinai indovinavo indovino che non ha una forma consueta; e tuttavia non capii capivo capisco l’esatta proporzione dei suoi contorni. Non osai non osavo non oso avvicinarmi a quell’immobile colonna (con date: la mia nascita la mia morte?); e quand’anche avessi avuto a mia disposizione le zampe ambulatorie di più di tremila granchi sarei rimasto sempre allo stesso posto se un evento, assai futile in sé, non avesse prelevato un pesante tributo sulla mia curiosità; che faceva incrinare le sue dighe. Uno scarabeo rotolando sul suolo con le sue mandibole e le antenne una palla, i cui principali elementi erano composti di materie escrementizie, avanzava, con moto rapido, verso il poggio ricordato, sforzandosi di mettere in bella evidenza la propria volontà di seguire quella direzione.

Traduzione di Covato Poco

 

 

 

 

Isidore Ducasse conte di Lautréamont

LE CHANTS DE MALDOROR

Chant cinquième

2 - Je voyais, devant moi, un objet debout sur un tertre. Je ne distinguais pas clairement sa tête; mai déja, je devinais, que’elle n’était pas d’une forme ordinaire, sans, Néanmoins, precise la proportion exacte de ses contours. Je n’osais m’approcher de cette colonne immobile; et, quand même j’aurais eu à ma disposition les pattes ambulatoires de plus de trois mille cabres (je ne parle même pas de celles qui servent à la préhensions et à la mastication des aliments), je serais encore resté à la même place, si un événement, très futile par lui-même.  N'eût prélevé un lourd tribut sur ma curiosité, qui faisait cra quer ses digues. Un scarabée, roulant, sur le sol, avec ses mandibules et ses antennes, une boule, dont les principaux éléments étaient composés des matières excrémentielles, s’ avançait, d’un pas rapide, vers le tertre désigné, s’appliquant à mettre bien en evidence la volonté, qu’il avait de prendre cette direction. (…)