:: Giuseppe Prezzolini: Codice della vita italiana. II - Dalle Alpi allo Ionio

 

 

 

 

 

 Giuseppe Prezzolini

 


CODICE DELLA VITA ITALIANA

 

 

CAP. II

 

DELLA GIUSTIZIA

 

 

17.

In Italia non esiste giustizia distributiva. Ne tiene le veci l’ingiustizia distributiva. Per cinque anni il Sindaco (oppure il Deputato, il Prefetto, il Ministro) del partito rosso perseguita gli uomini del partito nero e distribuisce cariche o stipendi agli uomini del partito rosso. La situazione sarebbe intollerabile se dopo cinque anni, essendo salito al potere il Sindaco (c. s.) del partito nero, questi facesse le cose giustamente. E’ chiaro che lascerebbe almeno una metà dell’ingiustizia antecedente. Perciò il Sindaco (c. s.) del partito nero fa tutto il rovescio dell’altro; distribuisce cariche e stipendi agli uomini del partito nero e tiene luogo della giustizia permanente.

 

 

18.

Non è vero, in modo assoluto, che in Italia non esiste giu­stizia. E’ invece vero che non bisogna mai chiederla al giudice, bensì al Deputato, al Ministro, al giornalista, all’avvocato in­fluente, ecc. La cosa si può trovare: l’indirizzo è sbagliato.

 

 

19.

In Italia non si può ottener niente per le vie legali, nemmeno le cose legali. Anche queste si hanno per via illecita: favore, raccomandazione, pressione, ricatto, ecc…

 

 

CAP. III

DEL GOVERNO E DELLA MONARCHIA

 

20.

L’Italia non è democratica né aristocratica. E’ anarchica.

 

 

21.

Tutto il male dell’Italia viene dall’anarchia. Ma anche tutto il bene.

 

 

22.

In Italia contro l’arbitrio che viene dall’alto non si è trovato altro rimedio che la disobbedienza che viene dal basso.

 

 

23.

In Italia il Governo non comanda. In generale in Italia nes­suno comanda, ma tutti si impongono.

 

 

24. 

Per le cose grosse non si cade mai, per quelle piccine spesso. Ciò corrisponde al carattere italiano che subisce le grosse ingiu­stizie, ma è intollerantissimo per le piccole.

 

 

25.

L’Italiano non dice mai bene di quello che fa il Governo, anche se è fatto bene; però non c’è Italiano il quale non affiderebbe qualunque cosa al Governo e non si lagni perché il Governo non pensa a tutto.

 

 

26.

I ministri non sono scelti perché persone competenti nell’agricoltura, nei lavori pubblici, nelle finanze, nelle poste e telegrafi, bensì perché piemontesi, liguri, lombardi, toscani, siciliani, abruzzesi; o perché appartenenti al gruppo a, b, c. Si è ministri non per quel che si è fatto, ma per il dialetto che si capisce, per il gergo parlamentare che si parla. Questo deriva in gran parte dal concetto della ingiustizia distributiva (cap. II).

 

 

27.

Il valore degli incarichi non corrisponde sempre alla realtà. Molto spesso il piantone conta più del colonnello, l’usciere ne sa più del ministro, il segretario può quello che il cardinale non osa, e così via. Nelle piazze e nei salotti la conoscenza di questo «annuario segreto» delle potenze, forma uno dei punti indispen­sabili per potere fare carriera. Rivolgersi al principale, senza passare per la succursale, è uno dei più comuni errori di tutti i novizi della vita italiana.

 

 

28.

L’autorità del grado non conta. L’Italiano non si inchina davanti al berretto. Nulla lo indispone più dell’uniforme. Ma obbedisce al prestigio personale ed alla capacità di interessare sentimentalmente o materialmente la folla.

 

 

29.

L’uomo politico è in Italia uomo avvocato. Il dire niente in molte parole è stata sempre la prima qualità degli uomini politici; che se hanno sommato il dire niente al parlare fiorito, hanno raggiunto la perfezione.

 

 

30.

La monarchia resiste in quanto non esiste. I repubblicani non esistono in quanto non esiste l’oggetto della loro lotta. Non si può combattere un Re che è meno noioso di un presidente di repubblica poiché non crea nemmeno la difficoltà di farsi eleggere.

 

 

31.

Il Re ha rinunziato ai diritti che esercitava, e non esercita più quelli che gli sono rimasti.

 

 

32.

La piazza è il vero governo italiano, che decide la guerra o fa cessare lo sciopero dei tranvieri. Da parecchi anni impiegati, produttori, operai, e oramai anche militari, sanno che non si ottiene nulla dal governo «se non si scende in piazza». Forse è per questo che siamo i discendenti dei Romani, che decidevano le questioni politiche nel Foro.

 

 

CAP. IV

DELLA GEOGRAFIA POLITICA

  

33. 

L’Italia si divide in due parti: una europea, che arriva all’incirca a Roma, e una africana o balcanica che va da Roma in giù. L’Italia africana o balcanica è la colonia dell’Italia europea. 

 

...continua