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:: PRATT - STEVENSON: ISOLE
19 Febbraio 2013

 
 
 
 
 
 
HUGO PRATT - ROBERT LOUIS STEVENSON
ISOLE
 
 
 
L’UOMO DELLA SAHARIANA
 
L’Isola del Tesoro di R. L. Stevenson la lessi molto più tardi. Ricordo perfettamente come fosse ieri quando mio padre da una grande tasca della sua vecchia sahariana come per incanto tirò fuori un piccolo libro nero e me lo diede dicendomi con un malinconico sorriso: “Un giorno anche tu andrai a cercare la tua isola… ma non preoccuparti se non la troverai subito; ce ne sono tante e quando sarà il momento la incontrerai”.
Quel libro l’ho ancora con me. E’ L’isola del tesoro in un’edizione abbastanza rara pubblicata da un editore di Londra, W. Neinemann Ltd; fu inserito in una collana che prese il soprannome dato a Stevenson dai polinesiani: Tusitala, il narratore di storie.
Poi mio padre se ne andò con il suo soldato di guardia kikuyo che doveva ricondurlo nel campo di concentramento militare per i prigionieri di guerra italiani sulla strada di Harrar in Etiopia. Già era lontano quando si voltò ancora una volta per salutarmi e gridarmi qualche cosa che non riuscii a capire. Fu l’ultima volta che lo vidi.
Comunque sulle isole del tesoro e sui loro pirati sapevo quasi tutto perché quando ero un bambino di quattro anni mio padre, le poche volte che lo vedevo di ritorno da qualche lungo viaggio, mi raccontava una di quelle storie bellissime e terrificanti mentre me ne stavo a letto in una bella soffitta sui tetti del palazzo Zen a Venezia dove vivevo con la famiglia di mia madre.
Erano storie di longitudini e latitudini lontane, di riferimenti poetici sugli spostamenti degli uragani, dei venti, delle correnti, dei gabbiani, di isole nascoste e di nomi evocanti palme, spiagge, lagune: Maracaibo, Portobello, Panama, Cartagena, isola Margherita o delle perle, Tortuga. Vecchie ballate marinare suggerivano allora e suggeriscono ancora oggi che bisogna stare attenti in Aprile, Maggio e Giugno e così fino a Settembre perché ad ogni mese corrisponde un uragano paragonato a una bella donna.
Di queste cose mi raccontava mio padre fino a quando mi addormentavo e sognavo con John Hawkins, Francis Drake, Henry Morgan, Teach Blackbeard e tiravo su il “Jolly Roger” sulla gagliarda di poppa, dei loro galeoni da guerra. Quelle favole le ascoltai prima di Pinocchio, delle Tre arance d’oro, dei vestiti dell’imperatore e compagnia.
 
HUGO PRATT
… fine prima parte
 
 
 
 
 
 
 
 
 MY BED IS A BOAT
 
My bed is like a little boat;
Nurse helps me in when I embark;
She girds me in my sailor's coat
And starts me in the dark.
At night, I go on board and say
Good-night to all my friends on shore;
I shut my eyes and sail away
And see and hear no more.
And sometimes things to bed I take,
As prudent sailors have to do;
Perhaps a slice of wedding-cake,
Perhaps a toy or two.
All night across the dark we steer:
But when the day returns at last,
Safe in my room, beside the pier,
I find my vessel fast.
 
ROBERT LOUIS STEVENSON
 
IL MIO LETTO E' UNA NAVE
 
Il mio letto somiglia al veliero:
Cummy alla sera m’aiuta a imbarcare,
mi veste con panni da nocchiero
e poi nel buio mi vede salpare.
Di notte navigo e insieme saluto
tutti gli amici che aspettano sul molo,
dopo serro le palpebre e tutto è perduto,
più non vedo più non sento più, navigo solo.
A volte mi porto a letto qualcosa,
come ogni avvertito marinaio deve fare,
a volte una fetta di torta cremosa,
a volte balocchi per giocare.
Navigo tutta notte come in volo,
però quando alfine  giorno è ritornato
salvo nella mia camera, accanto al molo
il mio veliero è ancora attraccato.
 
 
Traduzione Margherita Stein
 


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