:: Claudio Di Scalzo: A Fumetto Morto Lucca 2015

 

 

 

Claudio Di Scalzo

SUCCESSO E MORTE

(Su Lucca Comics and Games 2015)

"L’operazione Lucca Comics 2015 è perfettamente riuscita ma il Fumetto è morto". Parafrasando il medico motto ospedaliero, da umorismo nero!, sintetizzo la mia interpretazione dell’evento. La mia battuta calcata transmoderna è figlia della mia lontana, lontanissima formazione, sulla Trinità Marx-Freud-Nietzsche.

 

 

A) Lucca Comics è una perfetta macchina spettacolarizzata che si nutre dello spettacolo del fumetto dei game dei protagonisti in essa accolti (compresi gli autori e addetti ai lavori) per produrre perfette merci producenti una “benefica” alienazione in chi consuma e parecchio feticismo in chi colleziona. Dalle foto dei disegnatori ai libri firmati ai gadget onnipresenti. Forse sta proprio nei funambolici ed a volte scontati cosplay l’unica valenza anarcoide, transitoria, non regimentabile, valenza della "festa". Si son preparati mesi, si espongono, non ci guadagnan niente, ripartono.

b) Il Fumetto, alla mia latitudidine, come tutte le opere dovrebbe anche avere "rispecchiamento" della contemporaneità per proporne non rassegnate mostruosità o risate consolatorie, bensì anche qualche cambiamento, appunto, oltre tutta questa feticizzazione. Ma non ci sono autori-artisti-sceneggiatori-commentatori (tantomeno sugli officianti social o sui blog ecc) all’altezza di ciò. Si può soltanto mitizzare il passato con i Pazienza ed i Pratt e i Solano Lopez! (che però erano, chi in un modo chi in un altro, anche oppositori!) E chi si adombra continuatore o discepolo o ne ricorda la santificazione come i vari Gipi finiscon a vender carte con ruffianesca astuzia mediatica. Son sempre gli autori, cosiddetti di “sinistra” a saper (e sapersi!) vender meglio. Sorvolo sui figli vari dei Collettivi anarcoidi No-Global.

c) Il Fumetto oggi è una perfetta macchina capitalistica, turbo-capitalistica, per produrre immagini innervate su altri media: Cinema, TV, Web, ecc e, in questa “macchina”, ci stanno uomini e donne produttori. In rigida gerarchia. In rigidi ritmi. In rigida scala di sfruttamento. M’aspetto che qualche “contestatore” prima o poi, dal di dentro, ne racconti i retroscena. La base economica-struttura, la morale-deviata da morte di ogni dionisiaca impresa, la struttura inconscia producente anche depressione e vizi. Sempre per star fedeli a Marx, Nietzsche, Freud.

Poi anch’io ho girato gli stand, ho salutato valenti disegnatori, scattato foto, e osservato i neo-divi in conferenze atteggiarsi molto e ricevere dopo lunghe file omaggi stratosferici che avrebbero fatto impallidire, d'imbarazzo!, Picasso o Klee. 

 

 


Su di un banco ho anche sfogliato le prefazioni ai classici dell’Horror, li chiaman così: Stevenson, Stoker, Mary Shelley, Lovecraft… della Cosmo Editore. Compilate da un protagonista giornalmente in cerca di “mi piace”. Sono banali e scontate. Pure errate stando alla storia della letteratura. Che è cosa complessa: il Romanticismo ad esempio, il Decadentismo, e non è riducibile a frasette semplificatorie. Perché se il fumetto già semplifica Jekill e Hyde, il prefatore avrebbe l’obbligo di essere profondo e non superficiale. Tornato a casa ho riletto l’interpretazione di Crepax e Breccia di Stevenson. E, per un attimo, ho pensato che il Fumetto non è proprio del tutto perduto. Loro resteranno, gli altri, spettacolarizzati, semplicemente, no! saranno obliati anche se ogni giorno pubblicano per i fans cosa fanno in casa, a passeggio, al tavolo di lavoro. Obliati. Perché l’arte e il suo consumo, in sé, poi sceglie, chi ricordare.