:: Claudio Di Scalzo: Giovanni Boine in casa della Nada Pardini. Con la partecipazione del Bambino sulla Sedia.


Boine a febbraietto frantumato perfetto

10 febbraio 2017

 

 

 

 

 Claudio Di Scalzo

GIOVANNI BOINE IN CASA DELLA NADA PARDINI

Con la partecipazione del Bambino sulla sedia


 

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Tremulo, diafano, nella immobile notte, ruppe con taglienti lame il mattino. Sognai, gonfie le vele, navi al ritorno: com ericolme cornucopie, bottini di gioia! Bimbo alla fiaba, con dilatata pupilla: "Di dove? Ma come?". nacque il sole al tramonto; quali, dal buio, ostinati occhi mi fissarono? (Frammenti, Almanacco della Voce, 1915)

 

Chi meglio di me, Giovanni Boine, Bambino che aspetti sopra una sedia di superare la notte, può descriverti la meraviglia del mattino lama di luce nello stoino. Come chiamate qui le tapparelle. Sognavo a occhi aperti la sospensione della malattia, accudivo lo stazionamento della tosse, tenevo una postura da edicola sacra verso il buio. E l’ignoto me l’avrebbe portato la luce dell’alba. Interrompendo il flusso temporale in cui la paura della morte non c’era più. Assopisciti. Dormi. Almeno un'ora. Rincuorato. Che la Nada di là in cucina ti prepara i crostini e il pollo lesso in questa domenica. Sai, Bambino sulla Sedia, quando anch’io m’addormentavo sognavo navi che tornavano in porto, con i tesori della gioia che non si consuma. Qualcosa che i marinai mi avrebbero portato. Io andavo nel pomeriggio a cercare le navi. Arrivavo sempre che erano ripartite o proprio non erano giunte. Per questo mi sono ammalato. Di tisi. Però ho continuato, guardami negli occhi, ad avere dilatate pupille verso la fiaba da raccontare che il male, la malattia, in chi ha la poesia di un alfabeto originario addosso, in te la paura di smarrirti crescendo, in tua madre la paura di perderti per le malattie e gli sforzi che ti impone tuo padre, eroe rude, non può che maculare i corpi ma non può impedirne la salvezza.

Mi capisci? E’ come intendere il sole che nasce al tramonto, sembra impossibile, ma chi è malato lo vede. E poi, prima o poi, vedrà anche le barche arrivare con i doni della gioia perenne, dell’amore che non finirà per qualche equivoco, anche questo capita a noi grandi, Bambino sulla sedia.

A me è capitato. A te capiterà. E se capita questa sofferenza ci sono occhi che ti guardano e non sai a chi appartengono. Ai morti della tua famiglia. Ai fantasmi di persone che non sapesti amare come avresti voluto, o agli occhi di chi incontrerai e non ti riconosceranno come buono perché le barche per te in porto non hanno mai avuto doni.

Caro monello, che ti dividi tra una sedia dove stai rannicchiato e le corse sull’argine mentre tutti ti evitano bambino cattivo, fatti carezzare la fronte. E senti la mia senti! come brucia anch’essa. Questa nostra complicità meriterebbe uno dei miei Frammenti. Ma come scriverlo se la Nada Pardini ci chiama già per andare a tavola. Tu non dormirai nemmeno un'ora. Io non scriverò il frammento. Lo scriverò più tardi. E non so se mi ricorderò quanto ci siamo detti. Ma forse è bene non scriverlo. Non scrivere mai niente che rivela come io e te siamo due povere figure che la notte non dormono in attesa delle lame di luce sulle finestre che poi ci feriscono come lame vere. Manteniamo il segreto. E andiamo a gustare le leccornie in cucina dei fegatini e della pasta con il ragù. Vieni vieni piccolo Bambino sulla sedia. Dal buffo soprannome. Che è il peggiorativo più usato da queste parti. Ma fu anche il nome di un drammaturgo romano del quale poche tragedie ci rimangomo. So tante cose? Mah divento bravo con i bambini come te. Sennò taccio. Non potrei certo spiegare le barche che tornano in porto a gente come Papini e Prezzolini! Non li conosci? Non ti perdi niente! Dammi la mano. Andiamo dalla Nada. Che ha il cuore ammaccato dalla malattia. Sorridiamo appena si entra nella cucina.

 

... CONTINUA