:: Arte e Contorni: Malinconia Munch. Cura Claudio Di Scalzo

“Malinconia”, 1892, olio su tela, cm 64 x 96. Oslo, Nasjonalgalleriet

 

 

Claudio Di Scalzo

MALINCONIA DI MUNCH

(Arte e Contorni)

  La figura in primo piano - che enfatizza una giornata, qualsiasi perché no, da Edvard Munch vissuta non nei reali lineamenti bensì in quelli più spinosi dell’inconscio - è atteggiata come la cartolina romantica confezionò il sofferente spirituale a inizio Ottocento: viso reclinato, palmo della mano sul mento o in appoggio al capo reclinato. Però adesso siamo oltre le febbri vittimistiche dei figliati dalla cartuccia di Werther… qui è angoscia allo stato puro, liquida addirittura, non si scappa né verso qualche rivoluzione nazionale o combriccola di dei dalla terra cacciati. Meno che meno verso fidanzate defunte e ospitate dal cielo stellato. Tutto è in basso. Il viso del protagonista è simile alle pietre. Che peraltro sembra boccheggino, perché no!, in riva al mare. Sulla versione di “Malinconia” i critici si affannano a chiedersi se questa sia la prima opera dove Munch si stacca dal Naturalismo, ma forse è il caso di sottolineare l’empito narrativo del quadro. Jaffe sulla spiaggia, a quanto so il personaggio venne anche chiamato così, è malinconico, nerastramente malinconico perché la donna sul pontile che un uomo dietro le sue spalle accompagna, si sta dando al suo rivale in amore? È lo stesso personaggio che ricorda momenti felici con una donna che non c’è più? Fuggita? Morta?, o è una malinconia, tipicamente portoghese alla latitudine dei fiordi, per qualcosa che sarebbe potuto accadere e che non è accaduto? Ma potrebbe anche essere la gelosia di un fratello, perché no.

                      

Traballando tra la pietraia, io che scrivo, potrei dirvi, perché no, che è la solitudine a predare con il suo spleen il giovanotto, mettetevi nei suoi panni! escluso dalla quotidianità, senza una donna, senza amici, vi sembra vita questa? A loro la gita in barca con probabile galleggiamento sui sensi: in superficie o in profondità non impicciamoci, ma sicuramente meglio che stare seduto sopra una pietra ghiaccia, muschiosa, insensibile e tanto somigliante, perché no, a un teschio provvisto di occhi naso bocca orecchi inservibili alla gioia: quello che tiene sulle spalle chi scruta, dal 1892, visi d'imbarcati verso il Nulla più di lui, più di quelli sul pontile, e che si chiami Jaffe o Munch, o anonimo norvegese poco importa. E forse è malinconico, perché no, per questa condizione di uomo che guarda. Stasera me. Ora voi. (2008)