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Umorismo

:: Claudio Di Scalzo: Discalzhustra e i niccini (o nicciani?) on line!
03 Maggio 2014

 

 

 Claudio Di Scalzo

 DISCALZHUSTRA E I NICCINI

Nietzsche in Rete e su Facebook è il più citato. Uno sfarfallìo di citazioni e, accanto!, di interpretazioni impilate in mi piace evocanti battimani: tutte molto seriose valide per ogni stagione quando calano gli zuccheri. Tanto che io, questi commenti, li chiamo i “Niccini”. E se rammento Nietsche, su L’olandese Volante e, di rimbalzo su L’Olandese Visual, lo faccio con illustrazioni ironiche (Tellus a Colori, Tellus Transmoderno). Iersera con l’Allocco nell’abbaino, in quel di San Cassiano Valchiavenna - Allocco che filosofeggia con alata e notturna maestria, anche perché tra i rapaci non son i gufi a saper di filosofia bensì gli allocchi, soprattutto di filosofia anti-sistemica, cioè son tutti anti-hegeliani! - ci siamo chiesti il perché di tanta seriosa dedizione a Nietzsche ed uso della sua filosofia producente Niccini. Non abbiamo concluso alcunché se non le solite tiratere sull’orizzontalità dei testi sull’infinita decostruzione web intuita da Derrida e così via da-dà-da. Ce ne siamo fatti una ragione un po’ dadaista insomma. Io però ho rammemorato e spiegato a me stesso perché mi accosto ironicamente, e in ciò rispettosamente, a Nietzsche, senza stilare una mia interpretazione seria o filosofica. Anche perché ho ritrovato nella Biblioteca Domestica i due volumi, del 1970, Mondadori, di “Umano, troppo umano” con lo scherzo di Accio, mio soprannome, sul cofanetto E qui trascrivo il mio monologo in presenza di un interlocutore silenzioso come L’Allocco.

 

 

Mi ricordo, Allocco caro, che nel 1970 e giù di lì, seguii a Pisa le lezioni di un signore dagli argentei capelli su Nitzsche, con sparuti altri ascoltatori, e forse la cattedra che il gentile docente teneva, non era stabile, né di filosofia, probabile fosse di filologia o comunque di qualche branca in sottotono, rispetto alla dominante cultura accademica marxista di allora. Il docente era Giorgio Colli. E stava completando, con Mazzino Montinari, l’edizione critica e completa dell’opera di Niezsche, che poi sarebbe stata anche un punto di riferimento in Germania ed in Europa. Opera che la Einaudi si era rifiutata di acquisire. Lasciandola alla Adelphi, che ancora non era arrivata sul mercato, lo farà a metà anni Settanta con Calasso, con tutto il suo catalogo. Infatti, la cura di Colli usciva da Mondadori. Anche in Cofanetto. Queste lezioni mi introdussero all’opera complessa di Nietzsche, al rispetto verso questa filosofia, che György Lukács considerava responsabile della “distruzione della ragione” europea e anche del nazismo. E molta sinistra anche marxista e socialdemocratica così la pensava. E io dai miei compagni di Lotta Continua ero visto con un certo sospetto. E non si convincevano se ricordavo loro che Bataille aveva scritto, ribaltando i luoghi comuni, “Nietzsche e i fascisti”. Soltanto Adriano Sofri era comprensivo con il diciannovenne imbarcatosi in accostamenti intrepidi tra Nietzsche e possibile rivoluzione in occidente. Che a me venivano da episodiche frequentazioni parigine a certe lezioni alla Sorbona - stando nell’albergo da mio zio Lenino in Montparnasse - tenute da un eccentrico, anche nell’abbigliamento oltre che nei rimuginii labiali, Gilles Deleuze. Il quale stava predicando la necessità di rendere Nietzsche un compagno per la rivoluzione.  Ecco, caro Allocco, queste due frequentazioni, tre con Bataille letto accosto, mi convinsero che la materia Nietzsche era parecchio complessa e che mettere accanto una mia interpretazione a quella di certi maestri non era proprio il caso. Meglio il disegno o la filastrocca scherzosa o la rettificazione duchampiana di un cofanetto.

A ciò mi sono attenuto. Anche se ho i miei dattiloscritti su Nietzsche, sempre obliqui, da sistemare in file e pdf. Scopro invece che su Facebook non c’è alcun freno e le interpretazioni fioccano scordando bellamente che il nostro filosofo, da poeta e simbolista, usa appunto la mitologia, le fonti più eterogenee, e il simbolo: che sia Dioniso e Arianna, o L’indovino, o la Sanguisuga, o Il Buffone e il Cammello, la Tarantola e il Leone… e che dunque è facile scambiare lucciole per lanterne. Sia come sia intendo continuare con questa mia prassi di rispetto, e tralascerò anche di leggere certe enfatiche didascalie da neofiti su Facebook, e me ne starò col mio Allocco nicciano, che poi è anche lui un simbolo, però di Discalzhustra. E a pensarci bene questa storia mi sembra una sceneggiatura da fumetto molto colorata.    

 


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