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:: ABC del comunismo secondo Claudio Di Scalzo detto Accio
06 Dicembre 2012

 
 
 

Claudio Di Scalzo 

ABC del Comunimo di Accio

Il lettore Carlo Morini,... andandosene su e giù su L’Olandese Volante a cercare quanto ho scritto sul Comunismo, mi ha chiesto che cosa è, oggi, il Comunismo per me. Gli rispondo… e così mi spiego anche con altri lettori.

Caro Morini… ti scrivo, seriamente, e cioè, per me in modo, narrativo. Sei delle mie parti, conosci il mio soprannome. Con ABC del Comunismo di Accio. Riprendendo il titolo da L’ABC del Comunismo di Bucharin e Preobrazenskij - A volte i testi del comunismo sono citati ma non letti come accade per la teologia o l’asperrima letteratura tra le due guerre marca Joyce. Ne ho letti tanti. Di tutti i tipi. Di testi comunisti da Bucharin, occultato fino al 1989 in Italia, a Guy Debord e Marcuse - A) Il Comunismo è la mia biografia familiare da parte di padre e nonno e zio. Di Scalzo Libertario detto Lalo (così si ribattezzò, la musica non si può imprigionare, dovendo cambiare il nome sotto il Fascismo. E la sua apparizione come Garibaldo sta nel primo libro di Antonio Tabucchi: Piazza d’Italia. Partigiano stava nascosto in un loculo del cimitero, di notte usciva, a combattere i nazifascisti. Poi lì tornava di giorno). Di Scalzo Angelo, L’Angelo dei braccianti, sindacalista, comunista di Serrati nel PSI della scissione nel ’21. Ucciso dai fascisti sulla via per Pisa spingendogli il cannello della pipa in gola. Assassinio rubricato come incidente per caduta dal calesse. Di Scalzo Lenino ribattezzato Beppino sotto il fascismo per il nome derivato da Lenin. Uomo di talento, poi albergatore a Tirrenia e Viareggio, e all’estero, Parigi e Londra, ucciso negli anni Ottanta nel mondo del gioco d’azzardo. A cui tanto devo per i miei viaggi ventenne in giro per l’Europa. Biografia familiare, comunista, perché tutti questi tre uomini hanno sempre mantenuto un loro particolare comunismo, nel dividere con gli altri quanto avevano. Money, dico, e beni! E io ho fatto lo stesso con quanto possedevo e posseggo: anche in scrittura. Comunismo e dunque estremismo che si è intrecciato, e l’ho raccontato nel libro feltrinelliano “Vecchiano, un paese” all’altro estremismo di casa che ho nel sangue, quello fascista da parte del nonno materno Vittorio Pardini, Marcia su Roma, con tanto di diploma firmato dal Duce, e morto nel ’44 d’arresto cardiaco perché cercato dai partigiani pisani durante la Liberazione. Era un “fascista di sinistra” e vedeva nelle corporazioni uno sviluppo del collettivismo socialista diventato borghese. Ardito e formatosi in trincea vide nel Duce la sua rivoluzione. Non aderì alla Repubblica di Salò. Il Comunismo di Lalo, polemico contro l’invasione di Budapest da parte dei russi, e contro l’invasione più tardi di Praga, mi ha tenuto al riparo dallo stalinismo del PCI. Sono stato per questo un militante e un dirigente, giovanissimo, avevo sedici anni, prima nel Movimento del ’68 a Pisa e poi di Lotta Continua. Qui erano ospitate le idee di Rosa Luxemburg, di Pannekoek e di tanti altri comunismi eterodossi. Non quello dei lettristi di Isou e dei situazionisti di Debord. Ma su questo avevo l’affettuosa protezione di Adriano Sofri. Mi chiamava “Piccola guardia rossa”. Era tollerato che definissi schifezza lo stalinismo dei comunisti europei sulla scorta di Breton. Non mi ha mai convinto il Maoismo. Mi coinvolgeva il progetto di Guevara sul "Foco" guerrigliero per il Terzo Mondo e l’economia pianificata da lui proposta. Non è un caso che lo stalinismo castrista l’abbia spinto in Bolivia. Leggevo “Socialismo o Barbarie”. Rossana Rossanda si opponeva a queste idee dalle colonne del Manifesto. Così come alle mostre di Schwarz a Milano sul Surrealismo di Duchamp.

La Mail Art e Poesia Visuale degli anni Settanta la dedicai ai dissidenti dell’Est. Con l’ostilità degli intellettuali e dei compagni pisani. Poi diventati tutti Liberal a Destra e a Sinistra. Essi hanno scoperto anche la Versilia e la vita “borghese”. Ma in ritardo… era bello andare alla Bussola, con il mio amico barbiere Fatticcioni Paolo detto il Pazzo, a sentire Mina negli anni Settanta quando ogni comunismo pauperistico imponeva il cilicio della mestizia. Il mio Comunismo era ed è fondamentalmente ludico. Liberare i piaceri, vincere la tragedia del bisogno, che gli artisti dirigano la ribellione-rivoluzione. Un’utopia! Chi si affidò alle armi come il mio amico Giovanni Ciucci, finì per rapire Dozier. Per poi dissociarsi devastando se stesso e altre vite.

In certi anni, a Pisa e dintorni, in certe notti, mi rincorrevano per le strade a piedi o in auto, certa gente intenzionata a farmela pagare: non sapevo se erano fascisti, stalinisti o mariti e fidanzati imbufaliti. Ce le siamo date di santa ragione. A volte le prendevo, a volte le davo con gli interessi. Perché so essere parecchio cattivo. A volte, reincontrandoli, ho anche bevuto con dannati fasci ed ex stalinisti. Mariti e fidanzati han mantenuto il dente avvelenato. Non era ideologia la loro!

B) Il mio comunismo è semplice. Non voglio esser comandato. E per questo cerco l’uguaglianza. Anche nella poesia e nell’arte. Nonno Angelo coniò il motto di casa: "Né comandare, né essere comandati". Stava come Ex libris sui testi di Cafiero che spiegavano Il Capitale. Ciò mi ha avvicinato all’anarchismo. A Bonaventura Durruti e a tutto quel comunismo occidentale che coniugava arte e vita quotidiana. Il Situazionismo. Il Gruppo Cobra, Pinot-Gallizio. Non voglio essere comandato, o cerco di esserlo il meno possibile, essendomi inventato una sorta di mio anarchismo-comunismo individuale, neppure in materia di letteratura e arte. Non riconosco nessun titolo di comando a nessuna gerarchia culturale. Spesso hanno la stessa struttura mentale di chi comandava anche nella sinistra extraparlamentare dal ’68 fino all’Autonomia Operaia. Sono gente "coltissima" che la vita l'hanno ciucciata sui libri, spesso anche l'eros, gente che quando cambia la moda, butta via ogni idea d’uguaglianza per tornare al comando, o trovarne un altro, a cui sono devoti. A volte innescano trite gerarchie sul web a partire da una loro presunta competenza anche dissacratoria. Ri-usando allo sfinimento i materiali più vari senza proporre alcun testo né immagine nuova.  Con questa gente non ho niente a che fare. Per poterlo affermare non ho mai cercato pubblicazioni di quanto ho scritto in quaranta anni, ad esclusione di “Vecchiano, un paese” presso Feltrinelli perché in esso parlo del mio paese, sono uno strapaesano telematico, dei miei padri e di Lotta Continua. 

C) Il mio comunismo anarco-cristiano sta nell’Olandese Volante. Senza il web, in cui sto da dodici anni, io non esisterei. Credo che il Comunismo sia ancora un’avventura da praticare in amore, nell’arte, nella letteratura, contro ogni feticismo mercificato di scambio, per arrivare a un valore d’uso utopisticamente da realizzare. Il capitalismo ha realizzato con la pubblicità, la tecnica, gli stessi social quanto immaginato da avanguardie e tanti rivoluzionari nelle arti. Ma con il segno del capitale e dunque in una fondamentale superficialità. Oggettuale e umana. Per questo tanti progetti di ribelli rivoluzionari da Rimbaud ad oggi nel presente non funzionano più. I capelli alla Rimbaud e il verso libero lo plasmano Dolce e Gabbana e gli spot pubblicitari. Il Diario su Facebook è la liofilizzazione di ogni vissuto per casella di faccetta sorridente ad uso e consumo. Spesso chi si crede colto è semplicemente patetico tra tanti giovani e persone che usano i social (facebook, Twitter ecc) non con smanie culturali ma per incontrarsi, viaggiare, fare delle feste. Bisogna inventare Altro. Dunque. Forse riprendendo il Mito pagano e certe santità cristiane e quantomeno sacre, ma proponendo ancora e comunque la scandalosa uguaglianza. A costo di nutrirci di quel socialismo utopista tanto deprecato dallo scientifico Marx e di tutta la riflessione filosofica di fine novecento ed inizio secolo che mette al centro quanto attiene alla “liberazione” incontrando l’Altro. Di più sul Comunismo, caro Carlo Morini, non so dire. Da qui in avanti comincia la mia produzione scritta e disegnata. Con testi di donne amate, di miei ortonimi ed eteronimi. Con i personaggi scritti e disegnati in visual poem. Di certo Margherita Stein, Golem e Mara Zap, Pachi e Mollica,  Fabio Nardi e Karoline Knabberchen, Donna Pan e Accio, Aglaia, Alice Pagès, Il Santo... sono comunisti nella fantasia che gerarchia non vuole. Né comando.

 

POST SCRIPTUM SEMPRE IN FORMA DI ABC

Aggiungo sulla questione Comunismo e di riflesso marxismo-anarchismo. A) come affermato sopra il “Comunismo” fa parte del mio immaginario e del mio reale vissuto. Della biografia. Dello ieri… come dell’oggi se ne immagino riversamenti, come per certo farò, in materiale letterario e d’immagine colorata-fotografata. E questo è un problema scommessa per me autore. Ma è anche un possibile sviluppo di altri autori: perché il Comunismo-Classi subalterne in rivolta non potrebbe essere un’avventura anche estetica? Non è forse stato smantellato ogni sua “narrazione” da parte del capitale e dei suoi strumenti? Tanto da ridurlo soltanto a Gulag all’Est ed a Realismo all’Ovest od  a materiale per frivoli battutisti? Il Web, dato che sarebbe possibile la creazione di Soviet-comunità libertarie non può intraprendere un attraversamento del Comunismo così come fa con il Sacro o con la Poesia novecentesca? Se è tragedia, commedia, fango e diamante perché il Comunismo non potrebbe aspirare alla sua narrazione? Vogliamo restar fermi a Koestler e Orwell e Sartre e Brecht? Sarà un caso che dopo il '77, col suo nomadismo post-moderno soltanto irridente, non è mai nato in Italia un romanzo sul Comunismo, sui comunismi, e sul Movimento operaio in questi ultimi quaranta anni?

B) Comunismo come marxismo: questo è l’elenco dei marxisti: Kautsky-Bernstein-C.Schmidt-Hilferding-Mehring-Luxemburg-Liebknecht-Pannekoek-Bauer-Adler-Renner-Plechanov-Struve-Tugan-Baranovskij-Lafargue-Jaurès-Labriola Hyndman-DeLeon-Leni-Mondolfo-Trosckij-Bucharin-Varga-Pasukanis-Lukacs-Korsh-Marcuse-Gramsci-Dobb-Sraffa-Sweezy-Che Guevara-Bloch-Althusser-Debord- … e non aggiungo altri francesi e tedeschi in varia scuola dalla Sorbona a Francoforte… e scrivo.. e mi domando: Tutti scemi? Tutti fessi? Tutti indegni?

C) E se nel suo comunismo Marx fosse stato troppo poco hegeliano tanto da ridurre anche i prosecutori sulla falsa strada di ontogenesi più o meno immaginarie come il materialismo deterministico e lo storicismo tanto da farlo appaiare al nichilismo dell’epoca novecentesca? La soggettività umana nel Comunismo non avrebbe potuto operare la sua parte insensatamente distruttiva? E visto che sempre sotto la tagliola dello sfruttamento epocale sta il mondo, anche come corpi e immagini e ciclo vitale nascita-tomba, siamo proprio sicuri che di Comunismo come Liberazione non ci sia più bisogno?

 

 

Dal weblog COMPAGNA TELLUS la mia adesione al Situazionismo comunista

http://compagnatellus.blogspot.com/2011/04/claudio-di-scalzo-situazionismo-e.html

 

   


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