:: Lalo Nada Accio il 25 IV

 

CDS: "Lalo e Accio il 25 Aprile" - Ricordo di mio padre Di Scalzo Libertario detto Lalo

Vecchiano 2014

 

 

Claudio Di Scalzo  

LALO NADA ACCIO IL 25 APRILE

Il mio 25 aprile è semplice. Vado con mia madre, la Nada, la sarta, a portare un garofano rosso  a mio padre Libertario detto Lalo perché il suo nome vero sotto al fascismo non poteva usarlo. E lui scelse il nome di un musicista francese. Conosciuto dai parenti emigranti. I vecchianesi vedendo sulla lapide due fiori rossi capiranno che Accio e la Nada son passati anche quest’anno assieme. Prima o poi ci sarà soltanto il tuo, dice la Nada, e allora io voglio stare nella tomba di mio padre Vittorio. Annuisco. Andiamo infatti alla tomba di Vittorio Pardini, mio nonno, fascista partecipante alla Marcia su Roma col Duce e morto d’un colpo al cuore a fine 1944 con americani e partigiani alle porte del paese di Vecchiano. E’ sepolto proprio davanti a Di Scalzo Angelo, l’angelo dei braccianti, ucciso dai fascisti negli anni Trenta sulla via per Pisa. Angelo ha la foto nell’ovale, Vittorio no, perché altrimenti i paesani ci avrebbero sputato sopra. Mi disse mio padre ("Vecchiano, un paese. Lettere a Antonio Tabucchi, 1997. Feltrinelli). Lalo in questo cimitero, tornato dall’Albania dopo l’otto settembre 1943, per tutto il 1944, starà nascosto nel loculo della sorellina morta a cinque anni. Uscendo di notte per la sua resistenza contro i fascisti e i nazisti. Resistenza singola, perché era lui stesso il suo partito, come da anarchismo comunista individualista, e singolare perché non andava d’accordo con chi aveva riposto tutta la fiducia in Stalin. Alcuni suoi amici in Spagna avevano incontrato una pallottola e non erano stati i franchisti a sparargliela nelle spalle. Però quando saltava una camionetta o si leggeva in paese “Morte al fascismo libertà ai popoli”, la gente del paese sapeva che era stato Lalo. Ma non sapevano dove fosse nascosto. E neppure gli aguzzini fascisti che lo cercavano per ucciderlo lo scoprirono. Mia madre lo sapeva perché ogni tanto trovava un fiore sul davanzale della sua finestra e in certe notti lo vedeva ombra in giardino che le mandava un bacio. Se suo padre l’avesse saputo l’avrebbe forse denunciato. Tornando a casa dal cimitero mia madre mi farà, ancora una volta vedere il libro, un sussidiario delle elementari, la Nada ha soltanto la quinta elementare, dove teneva i fiori pagina per pagina. C’è ancora l’impronta di qualche ciclamino o margherita. Il tu’ babbo ‘osì mi diceva tutto il su’ amore, dice la Nada commuovendosi nei suoi ottantacinque anni.

 

Il mio antifascismo è semplice. Come la mia letteratura-arte. Son rimasto fedele a mio padre nel cognome nome e soprannome, alle idee della mia stirpe, pur portando pietà al nonno fascista. E per tutta la vita ho cercato una donna sul cui davanzale posare un fiore di scrittura, un disegno. Perché lo custodisse come faceva e ha fatto mia madre; amandomi partigiano che combatte una personale resistenza, sovrano di se stesso, anche in tutta crudele singolare scemenza, uscendo da un cimitero di segni. L’ho trovata

 

 

 

 

NOTA

Mio padre appare, personaggio, col nome di Garibaldo, in “Piazza d’Italia”, primo romanzo di Antonio Tabucchi del 1975. E nel suo “Campane del mio villaggio”, mese di giugno, del 1996.  Con un acquarello di Davide Benati dedicato alla morte di Lalo.