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:: Tombe decadenti e simboliste a Staglieno. A cura di Claudio Di Scalzo
03 Febbraio 2013

  
 
 

Tombe decadenti e simboliste nel cimitero di Staglieno

  
Il cimitero ha avuto la sua crescita edilizia a metà ottocento ed ha finito di ampliarsi alle soglie del grande carnaio da fosse comuni della Prima Guerra Mondiale. Statue e cappelle e lapidi riassumono, come in un libro illustrato, le tendenze che vanno dal realismo fino a empiti astratti. Furoreggia però il decadentismo e le morte palpebre dannunziane e, come dimenticarlo!, bistolfiane, di, appunto Bistolfi: l’immaginifico del mortorio sensuale; poi Pietro Canonica dal cognome religiosamente devoto e Luigi Orengo. Parente dello scrittore che descrive coste e telline liguri? Mah.
  
Le tombe che possono accogliere mesti sguardi, considerazioni sui seni esposti alla pioggia, sugli alati sussulti angelici, e accoppiamenti scheletro-carnesoda... sono le seguenti: la tomba Orsini, fu scolpita tra il 1899 e il 1906 da Leonardo Bistolfi (1859-1933). I divulgatori capziosi, anche sulla scultura funeraria virata nel decadente nostrano, se la cavano dicendo che il suo scalpello brancolava tra pulsione verso il sacro e laicismo del corpicino-cuoricino che smette di battere. Insulsaggini. Era un perfetto artista proto-surrealista in vena di sedimentare negli inconsci il sesso che bussa alla porta del sogno. In ogni caso la sua committente fu un’algida e svenevole contessa: la Dattili della Torre Orsini. La nostra titolata chiese allo scultore proto-surrealmortifero un’accozzaglia di simbologie: fede, lavoro, infanzia, dolore, pensiero. Un po’ troppo per le risorse di un malinconico incisore del marmo. Ma siccome in Italia si copia il levigato dolciastro, si ama Canova e non Michelangelo con i suoi incompiuti, Bistolfi e tombe al seguito diventeranno modello per altri addetti ai lavori cimiteriali. Questi scultori-imitatori contesse così danarose non ne troveranno. Ma borghesi di bocca buona sì! Fra questi La Tomba White, in protestante incasellamento, vestita di bianco e rude roccia naturalistica, realizzata da Luigi De Paoli (1857-1947) nel 1905. Fu la moglie a incitare all’opera lo scultore; la elegante Emilia Rosasco di tulle vestita, inconsolabile, per il marito trapassato William. Stabilmente in cerca di Lutero e dimentico di altre bizzarrie calviniste che tal consorte gli aveva fatto vivere. Accorciandogli la permanenza sulla dolce costa. Il buon Luigi De Paoli se la cava con un gruppo marmoreo dove una giovane sta inginocchiata e viene lambita: sembra un esercizio saffico, da altra beltà. Dolore- fioritura recisa-forbice che taglia a casaccio. Posso immaginare che secondo la manualistica cimiteriale, anche sul web pressapochista, tal complesso (psicoanalitico?) potrebbe rappresentare la cultura simbolista al meglio. Sorvoliamo...
  
Altra opera è la tomba Pastorini scolpita da Giuseppe Navone, quando la svolta novecentesca c’era già stata da un paio di anni, ed è dedicata al chirurgo che in vita tagliò e aprì corpi per poi finire di taglio sbieco in una bara foderata di velluto e ornata da un’alata figura che guarda il puro Pastorini sbirciando una suora di carità che! culla un bambicello parecchio, ma parecchio, malaticcio.
  
Commovente la tomba Delmas, scolpita da luigi Orengo nel 1909: composta  per Maria Francesca Delmas, morta a soli 25 anni in un malefico incidente automobilistico. Qui la seducente Francesca riceve bacio e sguardo dall’amante afflitto rimasto di qua a pencolare malinconia e abbracci perduti. C’è il compianto e il flusso desiderante che incanta da allora chi lambisce eros e morte con facilità prima del feuilleton e poi nei telefilm e ora nei video internet gotico-simbolisti. L’opera però è notevole. Chi interpreta le sculture cimiteriali di Staglieno... in genere si smarrisce in fraseologie da professorini: per Francesca Delmas o si ha la poesia o è meglio tacere. Magari per dedicarsi all'enigmistica che una soluzione la fornisce: la Morte scarseggia in aperture verso la critica del marmoreo. Anche per chi si occupa di Staglieno facendone una professione.
  
Anche negli anni venti con il Decò troneggiante e le fervide ricadute neoclassiche, la temperie del ritorno all'ordine, ha la sua impronta nel cimitero di Staglieno: con la tomba di Berthe Grosso Bonnin, scolpita da Eugenio Baroni (1880-1935); uno che intendeva fare l’espressionista e scolpì più che altro smorfie. La tomba è dedicata  alla moglie di Orlando Grosso, ampio nel cognome e nel conto in banca, direttore ahinoi!  dell’Ufficio di Belle Arti di Genova. L’opera fu scolpita l’anno delle turbolenze fasciste prima della mussoliniana marcia, nei bienni rossi, e al tempo della fondazione del PCI marca livornese. Di espressionismo ce n’era in giro. Politico. Ma la tomba si sa è per chi di beghe terrestri più non s’occupa... ci sono cuffie scolpite, donna spossata anche gravida, e altri accidenti della sorte.
   
Altra tomba da bordeggiare è la tomba Caprile: 1924. Opera levigata di Edoardo De Albertis (1874-1950). I sussidiari locali ci informano che pure dipinse e illustrò. Sconosciuto oltre le periferie genovesi. Per i critici del funebre similoro staglienesco (ogni citta in Italia ha il critico locale e il critico del cimitero locale), posso ancora immaginare (Il web è aperto  a tutti in orizzontale  e perpetua presenza), tal artista riesce a rendere plasticità e geometria insieme. Come se la Morte si riducesse a misure dagli angoli smussati. La tomba Caprile è una tomba decisamente poco dialogante con il mistero. Che è un punto oscuro senza ascendenze nella mitologia del Decò. Proprio non si può...
     
In chiusura del nostro pellegrinaggio sta la tomba Remaggi Barbagliotti. Elevata da Domenico Razeti nel 1920. Lo scultore piega nella ripetizione intuizioni bistolfiane e se la cava con la solita donna mesta seduta sulle mortali spoglie ad esemplificare la fugacità di quanto è inconoscibile dietro il Gulp Gasp finale di cuore e cervello!

 

 
  
Link sul Cimitero di Staglieno:

A different green

Wikipedia

Il fascino del silenzio

 

 


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